BARI - L’anniversario del 25 Aprile impone alcune riflessioni.Il fascismo è un dispositivo di potere che si struttura su una ferrea gerarchia di comando in capo a un manipolo di persone e sulla negazione di soggettività politica nei confronti dei subalterni che costituiscono la moltitudine. Un simile dispositivo può insinuarsi in qualsiasi sistema di governo, anche in quelli formalmente democratici, ed è per questa elementare ragione che il tema dell’antifascismo conserva tutt’oggi una straordinaria attualità.
Il nostro Paese vive da decenni un’emergenza democratica per effetto della invasione dei partiti che gravitano nell’orbita del potere da parte di potentati economici che ne finanziano le campagne elettorali e non solo. A pagarne le spese è la stragrande maggioranza degli individui economicamente disarmati.
Per cogliere la materiale verità di questa osservazione basti guardare al volto urbanistico delle nostre città, che sembrano materialmente disegnate a protezione esclusiva degli interessi della speculazione immobiliare. Nei quartieri centrali e periferici di Bari vi è il totale deserto di luoghi di socialità, di intrattenimento e di produzione culturale. Colate di cemento per scopi speculativi privati hanno scandito la politica urbanistica del centro – destra e del centro – sinistra degli ultimi decenni, con la sola eccezione delle brevissime e illuminate parentesi dei sindacati Dalfino e Laforgia. Si pensi, per riferirsi solo ai vent’anni che ci precedono (senza scomodare l’ormai remoto sacco delle periferie), al conflitto di interessi sui suoli di Punta Perotti da parte del sindaco Di Cagno Abbrescia – pure artefice a fine mandato della inedita ricerca di mercato per la “Cittadella della Giustizia” allo stadio San Nicola su 30 ettari di suolo agricolo- ovvero alla imbarazzante genuflessione del Sindaco Emiliano sull’altare degli interessi sottesi alla lottizzazione residenziale abusiva di via Pappacena su aree destinate a servizi per gli abitanti e a fascia di rispetto stradale, sino al punto da condurre lui personalmente nel 2007 l’operazione di sanatoria poi annullata dal Tar su ricorso del Comitato di Cittadinanza Attiva del Quartiere Poggiofranco.
Parlare oggi di antifascismo in una città come Bari significa dunque interrogarsi sul grado di democraticità di condotte politiche lesive dei diritti della moltitudine e funzionali agli interessi di un ristretto gruppo di privilegiati. L’antifascismo, come tecnica di azione politica, oggi si misura anche sulla gestione del caso Caserma Rossani, visto che la delibera della Giunta Emiliano n. 436/2008, contrariamente alle dichiarazioni che si ascoltano in campagna elettorale dal candidato De Caro che votò a favore di quell’atto, vorrebbe trasformare quel bene comune dei cittadini in una gigantesca area cementificata da privati. Al sindaco Emiliano va detto che l’antifascismo è uno stile di vita e di azione politica democratica al servizio della moltitudine e non un banale slogan pubblicitario rispolverato il 25 aprile, magari canticchiando “Bella Ciao” con il tricolore di fronte alle telecamere. A riferirlo in una nota il candidato sindaco di Bari Luigi Paccione.
Il nostro Paese vive da decenni un’emergenza democratica per effetto della invasione dei partiti che gravitano nell’orbita del potere da parte di potentati economici che ne finanziano le campagne elettorali e non solo. A pagarne le spese è la stragrande maggioranza degli individui economicamente disarmati.
Per cogliere la materiale verità di questa osservazione basti guardare al volto urbanistico delle nostre città, che sembrano materialmente disegnate a protezione esclusiva degli interessi della speculazione immobiliare. Nei quartieri centrali e periferici di Bari vi è il totale deserto di luoghi di socialità, di intrattenimento e di produzione culturale. Colate di cemento per scopi speculativi privati hanno scandito la politica urbanistica del centro – destra e del centro – sinistra degli ultimi decenni, con la sola eccezione delle brevissime e illuminate parentesi dei sindacati Dalfino e Laforgia. Si pensi, per riferirsi solo ai vent’anni che ci precedono (senza scomodare l’ormai remoto sacco delle periferie), al conflitto di interessi sui suoli di Punta Perotti da parte del sindaco Di Cagno Abbrescia – pure artefice a fine mandato della inedita ricerca di mercato per la “Cittadella della Giustizia” allo stadio San Nicola su 30 ettari di suolo agricolo- ovvero alla imbarazzante genuflessione del Sindaco Emiliano sull’altare degli interessi sottesi alla lottizzazione residenziale abusiva di via Pappacena su aree destinate a servizi per gli abitanti e a fascia di rispetto stradale, sino al punto da condurre lui personalmente nel 2007 l’operazione di sanatoria poi annullata dal Tar su ricorso del Comitato di Cittadinanza Attiva del Quartiere Poggiofranco.
Parlare oggi di antifascismo in una città come Bari significa dunque interrogarsi sul grado di democraticità di condotte politiche lesive dei diritti della moltitudine e funzionali agli interessi di un ristretto gruppo di privilegiati. L’antifascismo, come tecnica di azione politica, oggi si misura anche sulla gestione del caso Caserma Rossani, visto che la delibera della Giunta Emiliano n. 436/2008, contrariamente alle dichiarazioni che si ascoltano in campagna elettorale dal candidato De Caro che votò a favore di quell’atto, vorrebbe trasformare quel bene comune dei cittadini in una gigantesca area cementificata da privati. Al sindaco Emiliano va detto che l’antifascismo è uno stile di vita e di azione politica democratica al servizio della moltitudine e non un banale slogan pubblicitario rispolverato il 25 aprile, magari canticchiando “Bella Ciao” con il tricolore di fronte alle telecamere. A riferirlo in una nota il candidato sindaco di Bari Luigi Paccione.