BARI - Senza alcuna distinzione tra speculazione ed investimento d’impresa, il decreto Irpef toglie dal reddito agricolo i guadagni da produzione di energia rinnovabile, portando la tassazione al 25%
Non soltanto mancano le coperture strutturali, ma sull’altare degli 80 euro in busta paga ai lavoratori dipendenti il Governo ha deciso di sacrificare persino il settore delle rinnovabili.
Stava quasi per passare in sordina l’articolo 22 del decreto Irpef che contiene una stangata al reddito di cui beneficiano le aziende agricole produttrici di energia pulita. La norma prevede che tutti gli introiti derivanti dalla produzione da fonti complementari saranno tassati al 25%, mentre sinora tali entrate costituivano “reddito agricolo” e quindi potevano godere della tassazione, più bassa, attraverso la rivalutazione delle rendite catastali.
“A partire da quest’anno, l’articolo 22 prevede un totale di risorse pari a 120 milioni di euro nel triennio e lo fa prelevandoli dalle rinnovabili agricole – dichiara il deputato Giuseppe L’Abbate, componente M5S della Commissione Agricoltura – Se da un lato non potevamo di certo aspettarci dal Partito di De Benedetti una carbon tax che andasse a sanzionare le emissioni inquinanti delle centrali a carbone, dall’altro auspicavamo un minimo di raziocinio nelle misure da attuare. Nessuno nasconde che sotto i redditi agricoli oggi esistono impianti fotovoltaici posizionati a terra di potenze spropositate rispetto ai consumi aziendali, nessuno nasconde che esistono impianti a biogas ubicati in realtà contadine dove l’approvvigionamento di liquami e mais non è minimamente proporzionato alla superficie coltivata: ma era necessario valutare la copertura dei fabbisogni delle realtà agricole, penalizzando le evidenti speculazioni in questo settore che nulla hanno a che fare con l’agricoltura. Questa norma, invece – continua L’Abbate (M5S) – include anche gli impianti rinnovabili dimensionati alle realtà agricole, magari su serre florovivaiste o coperture di capannoni, stalle e stabilimenti produttivi agricoli che sono il frutto di investimenti da parte degli imprenditori di piccole e medie imprese, per attività proporzionate alla dimensione aziendale. Ci chiediamo, quindi, se la tutela tanto sbandierata del settore agroalimentare non si sia già ridotta a mera propaganda televisiva che viene costantemente smentita nei fatti”.
Il decreto Irpef, dunque, rischia di avere effetti devastanti per un settore che vede ora messi in discussione i programmi di investimento ed il fondamentale apporto del credito bancario. Obiettivo dei 5 Stelle sarà lavorare sulla modifica della norma per attuare quei principi di discrezione che vadano a separare chi ha investito nella propria attività agricola, ammodernandola con l’avvento di produzioni energetiche dimensionati al proprio fabbisogno, e chi, invece, ha realizzato impianti speculativi, ben lontani dai fabbisogni aziendali e, pertanto, esterni ad una logica agricola. “Impianti che andranno giustamente tassati come qualsiasi altra realtà produttiva”, conclude L’Abbate (M5S).
Non soltanto mancano le coperture strutturali, ma sull’altare degli 80 euro in busta paga ai lavoratori dipendenti il Governo ha deciso di sacrificare persino il settore delle rinnovabili.
Stava quasi per passare in sordina l’articolo 22 del decreto Irpef che contiene una stangata al reddito di cui beneficiano le aziende agricole produttrici di energia pulita. La norma prevede che tutti gli introiti derivanti dalla produzione da fonti complementari saranno tassati al 25%, mentre sinora tali entrate costituivano “reddito agricolo” e quindi potevano godere della tassazione, più bassa, attraverso la rivalutazione delle rendite catastali.
“A partire da quest’anno, l’articolo 22 prevede un totale di risorse pari a 120 milioni di euro nel triennio e lo fa prelevandoli dalle rinnovabili agricole – dichiara il deputato Giuseppe L’Abbate, componente M5S della Commissione Agricoltura – Se da un lato non potevamo di certo aspettarci dal Partito di De Benedetti una carbon tax che andasse a sanzionare le emissioni inquinanti delle centrali a carbone, dall’altro auspicavamo un minimo di raziocinio nelle misure da attuare. Nessuno nasconde che sotto i redditi agricoli oggi esistono impianti fotovoltaici posizionati a terra di potenze spropositate rispetto ai consumi aziendali, nessuno nasconde che esistono impianti a biogas ubicati in realtà contadine dove l’approvvigionamento di liquami e mais non è minimamente proporzionato alla superficie coltivata: ma era necessario valutare la copertura dei fabbisogni delle realtà agricole, penalizzando le evidenti speculazioni in questo settore che nulla hanno a che fare con l’agricoltura. Questa norma, invece – continua L’Abbate (M5S) – include anche gli impianti rinnovabili dimensionati alle realtà agricole, magari su serre florovivaiste o coperture di capannoni, stalle e stabilimenti produttivi agricoli che sono il frutto di investimenti da parte degli imprenditori di piccole e medie imprese, per attività proporzionate alla dimensione aziendale. Ci chiediamo, quindi, se la tutela tanto sbandierata del settore agroalimentare non si sia già ridotta a mera propaganda televisiva che viene costantemente smentita nei fatti”.
Il decreto Irpef, dunque, rischia di avere effetti devastanti per un settore che vede ora messi in discussione i programmi di investimento ed il fondamentale apporto del credito bancario. Obiettivo dei 5 Stelle sarà lavorare sulla modifica della norma per attuare quei principi di discrezione che vadano a separare chi ha investito nella propria attività agricola, ammodernandola con l’avvento di produzioni energetiche dimensionati al proprio fabbisogno, e chi, invece, ha realizzato impianti speculativi, ben lontani dai fabbisogni aziendali e, pertanto, esterni ad una logica agricola. “Impianti che andranno giustamente tassati come qualsiasi altra realtà produttiva”, conclude L’Abbate (M5S).