di Giuliano Gasparotti - Ennesima gazzarra dei grillini al Senato, questa volta sul voto di scambio, testo diventato legge che in prima lettura era stato approvato alla unanimità. Nervosismo palpabile in casa pentastellata proprio quando il Governo Renzi inizia a presentare i primi risultati della sua azione alla vigilia di voto europeo. Il clima è cambiato e se persino un navigatissimo come Casini tesse le lodi del Premier qualche domanda sorge spontanea: sarà solo dovuto all'inserimento del fedelissimo Roberto Rao nel consiglio di amministrazione di Poste italiane? Probabilmente non solo.
La linea di demarcazione che segnerà vittorie e sconfitte nella prossime europee non sarà tra conservatori e riformatori, popolari, liberali e socialisti ma bensì tra Palazzo (o casta a seconda dei punti di vista) e Popolo (o populismo a seconda delle sfumature). Matteo Renzi, neanche parlamentare, è stato scelto sull'onda dei consensi che lo hanno portato con una vittoria schiacciante alla segreteria del Pd. E' tra i primi ad aver compreso come occorra muoversi lungo il crinale della riforma radicale della politica per poter, accogliendo le istanze dei cittadini, riconquistare fiducia e credibilità. Il termometro della febbre di un Paese come il nostro attraversato da una drammatica crisi economica e civile, sarà ancora una volta il livello dei consensi del movimento di Grillo che continua nelle proprie “sparate” senza ritegno pur di catalizzare l'attenzione (pur se in negativo come nel caso della parafrasi di Primo Levi o della strumentalizzazione di Falcone e Borsellino) dei media.
La crisi di consenso di Berlusconi, sempre più evidente, non necessariamente si trasformerà in un passaggio di voti ad Alfano, nonostante la danza tribale sulle note di Happy che ha chiuso la convention Ncd. Non fosse altro perché un partito i cui principali animatori sono stati tra i protagonisti del ventennio berlusconiano, non lo rende credibile agli occhi di un elettorato speranzoso di vedere realizzata una rivoluzione liberale mai avvenuta.
Destra, centro, sinistra sono categorie avvertite sempre più come vuote. Narrazioni o retaggi del novecento. Contano le idee, contano i comportamenti individuali, contano le leadership che hanno un senso se legittimate dal basso. Per questo formule terziste, o doppioforniste (un po' a destra, un po' a sinistra) tanto care alla I Repubblica ed alla tramontata DC non hanno più alcun futuro nel 2014. Persino Casini sembra averlo compreso, schierandosi con un centrodestra in grande crisi ma allontanandosi da quella irrilevanza che spazzerà inevitabilmente via tutte le posizioni non chiare dello scacchiere politico.
Sebbene il finanziamento pubblico dei partiti sarà abolito solo a partire dal 2018, già sembrano tutti lamentare la mancanza di fondi, inconsapevoli che gli strumenti per coagulare consenso sono ben altri rispetto al lapidare soldi pubblici per giunta in periodo di recessione. I profondi cambiamenti dei meccanismi di comunicazione hanno nuovamente stravolto il concetto di rappresentanza e non è un caso che larga parte degli aventi diritto non si senta rappresentata da un'offerta politica sempre più polverizzata e tuttavia incapace di leggere gli umori profondi della società italiana. Il motivo sta nella credibilità e nella fiducia, entrambi ridotte al lumicino.
Aprire porte e finestre del Palazzo per far cambiare “aria” è l'unico modo per arginare un'ondata populista che rischia di distruggere senza essere capace di costruire niente. E' l'inconcludenza l'arma principale che può depotenziare i grillini, e seppure speculare al galleggiamento di partiti che puntano all'autoconservazione, in entrambi i casi l'esito è l'immobilismo, quindi l'inesorabile declino. Quanto più i partiti sapranno aprirsi alla contemporaneità, nelle idee, nelle facce, nelle leadership, nelle forme di comunicazione e di partecipazione, trasformandosi in movimenti credibili, tanto più la patologica alternativa tra dentro/fuori, casta/populismo sarà riportata ad una più sana alternanza tra riformisti e conservatori.
E la febbre del grande malato potrà essere abbassata.
BIOGRAFIA - Giuliano Gasparotti, giurista, si occupa attualmente di privacy e diritti della persona per Regione Toscana dopo aver a lungo approfondito i temi dell'amministrazione digitale, società dell'informazione e della comunicazione, degli aspetti giuridici del documento elettronico, dell'organizzazione del lavoro pubblico. Dopo la Scuola di formazione politica Ulibo di Prodi, ha approfondito per il Pd i temi della creatività, dei diritti civili, della innovazione, dello sviluppo competitivo dei territori e dell’economia della conoscenza, della cultura contemporanea e della identità politica postmoderna. Ideatore e fondatore delle Officine Democratiche (che raccoglie i “meccanici” ovvero coloro che lavorano per sanare la frattura tra politica e società) di cui è attualmente Presidente onorario è stato coordinatore fiorentino per i DS, prima, e per il PD, poi, ed è tra gli estensori delle proposte sulla laicità ed i diritti civili per il programma di candidatura di Matteo Renzi alle Primarie 2012. Candidato “rottamatore” con l'ex Premier Mario Monti, è parte del Coordinamento politico toscano ed è Responsabile nazionale Area Diritti Civili di Scelta Civica per l'Italia.
La linea di demarcazione che segnerà vittorie e sconfitte nella prossime europee non sarà tra conservatori e riformatori, popolari, liberali e socialisti ma bensì tra Palazzo (o casta a seconda dei punti di vista) e Popolo (o populismo a seconda delle sfumature). Matteo Renzi, neanche parlamentare, è stato scelto sull'onda dei consensi che lo hanno portato con una vittoria schiacciante alla segreteria del Pd. E' tra i primi ad aver compreso come occorra muoversi lungo il crinale della riforma radicale della politica per poter, accogliendo le istanze dei cittadini, riconquistare fiducia e credibilità. Il termometro della febbre di un Paese come il nostro attraversato da una drammatica crisi economica e civile, sarà ancora una volta il livello dei consensi del movimento di Grillo che continua nelle proprie “sparate” senza ritegno pur di catalizzare l'attenzione (pur se in negativo come nel caso della parafrasi di Primo Levi o della strumentalizzazione di Falcone e Borsellino) dei media.
La crisi di consenso di Berlusconi, sempre più evidente, non necessariamente si trasformerà in un passaggio di voti ad Alfano, nonostante la danza tribale sulle note di Happy che ha chiuso la convention Ncd. Non fosse altro perché un partito i cui principali animatori sono stati tra i protagonisti del ventennio berlusconiano, non lo rende credibile agli occhi di un elettorato speranzoso di vedere realizzata una rivoluzione liberale mai avvenuta.
Destra, centro, sinistra sono categorie avvertite sempre più come vuote. Narrazioni o retaggi del novecento. Contano le idee, contano i comportamenti individuali, contano le leadership che hanno un senso se legittimate dal basso. Per questo formule terziste, o doppioforniste (un po' a destra, un po' a sinistra) tanto care alla I Repubblica ed alla tramontata DC non hanno più alcun futuro nel 2014. Persino Casini sembra averlo compreso, schierandosi con un centrodestra in grande crisi ma allontanandosi da quella irrilevanza che spazzerà inevitabilmente via tutte le posizioni non chiare dello scacchiere politico.
Sebbene il finanziamento pubblico dei partiti sarà abolito solo a partire dal 2018, già sembrano tutti lamentare la mancanza di fondi, inconsapevoli che gli strumenti per coagulare consenso sono ben altri rispetto al lapidare soldi pubblici per giunta in periodo di recessione. I profondi cambiamenti dei meccanismi di comunicazione hanno nuovamente stravolto il concetto di rappresentanza e non è un caso che larga parte degli aventi diritto non si senta rappresentata da un'offerta politica sempre più polverizzata e tuttavia incapace di leggere gli umori profondi della società italiana. Il motivo sta nella credibilità e nella fiducia, entrambi ridotte al lumicino.
Aprire porte e finestre del Palazzo per far cambiare “aria” è l'unico modo per arginare un'ondata populista che rischia di distruggere senza essere capace di costruire niente. E' l'inconcludenza l'arma principale che può depotenziare i grillini, e seppure speculare al galleggiamento di partiti che puntano all'autoconservazione, in entrambi i casi l'esito è l'immobilismo, quindi l'inesorabile declino. Quanto più i partiti sapranno aprirsi alla contemporaneità, nelle idee, nelle facce, nelle leadership, nelle forme di comunicazione e di partecipazione, trasformandosi in movimenti credibili, tanto più la patologica alternativa tra dentro/fuori, casta/populismo sarà riportata ad una più sana alternanza tra riformisti e conservatori.
E la febbre del grande malato potrà essere abbassata.
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