Al Paisiello di Lecce 'Moresca del Sud'

LECCE - Il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento reagisce all’orrore e allo sdegno per la vicenda delle ragazze nigeriane rapite dai guerrieri jihadisti con un messaggio in musica inteso a sensibilizzare l’opinione pubblica italiana e internazionale.

Lo spettacolo recupera una serie di “canzoni moresche” del Cinquecento italiano, prodotte a Napoli da umanisti e artisti locali e fiamminghi, e pubblicate con importanti apporti pugliesi, i cui protagonisti erano schiavi e liberti neri del Borno, la stessa regione nelle quali sono state rapite le ragazze nigeriane.

Gli schiavi provenienti da quella stessa regione, nel nostro Sud, cinquecento anni fa, erano trattati come figli e fratelli. Già nel Trecento, Santa Brigida ne aveva difeso a Napoli la dignità personale e morale e il diritto a essere considerati con una umanità che, perfino in un regime schiavistico, aveva molto da insegnare a tante tragedie di oggi. Durante il Quattrocento il massimo umanista napoletano e meridionale, Giovanni Pontano, e il collega Belisario Acquaviva (salentino, conte di Conversano e duca di Nardò), polemizzavano con gli intellettuali del nord - come Matteo Bandello - preferendo giustificare perfino le violenze perpetrate in Italia dagli schiavi africani contro i padroni bianchi, nell’additarle come nefaste conseguenze del maltrattamento degli schiavi, e sostenendo la legittimità sociale e morale di un rapporto interrazziale giusto e umano. E all’inizio del Cinquecento il più illustre letterato meridionale dell’epoca, Jacopo Sannazaro, amando come figli i suoi “schiavi” africani, li educava alla musica e a recitare elegie: e come tanti altri napoletani li affrancò, destinando loro parte dei suoi beni.

In questo esemplare modello meridiano di fratellanza culturale e morale, verso la metà del Cinquecento, il più grande polifonista europeo, Orlando di Lasso, arrangiava e contribuiva a diffondere in tutta Europa le moresche: deliziose canzoni interculturali i cui protagonisti africani erano ritratti liberi di circolare, suonare, cantare e amoreggiare lungo le strade di Napoli. La cattedra di Etnomusicologia dell’Università del Salento ne ha prodotto - in coproduzione con Astragali Teatro e con il patrocinio del Monte dei Paschi di Siena - una messa in scena in forma di musical che verrà presentata in anteprima mondiale il 25 maggio alle ore 21 al Teatro Paisiello (ingresso libero), ad espressione di solidarietà verso le ragazze del Borno, discendenti ideali dei protagonisti delle moresche afro-napoletane e, come loro, destinatarie di tutta la nostra solidarietà culturale e umana.
Una solidarietà che il nostro Meridione ha imparato ad esprimere, in forme sia filosofiche che artistiche, da almeno cinque secoli.

Contestualmente, il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università del Salento ha emesso - a cura di Flavia Frisone e Gianfranco Salvatore - il seguente comunicato:

“A metà aprile - a Chaboko, nel nord della Nigeria, nella regione del Borno - 223 bambine e ragazze dai 12 ai 16 anni sono state rapite dalla scuola in cui si trovavano. Le hanno rastrellate con violenza, portate via di notte. I guerriglieri jihadisti di Boko Haram, che hanno rivendicato l’azione, intendono venderle come schiave. Vogliono punirle perché vogliono studiare, pur essendo femmine. Vogliono ridurle alla sola cosa che consentono alle donne: braccia da fatica e oggetti di piacere sessuale.

Nell’indifferenza e nella strumentale sottovalutazione delle autorità del loro paese. Nel lungo e colpevole silenzio dei media. Nell’impotenza della comunità internazionale.

Di fronte a quest’orrore, docenti e ricercatori del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento - uomini e donne che lavorano per la conoscenza e la formazione dei giovani, che credono nel valore della cultura e nell’immenso potere della sua circolazione - vogliono far sentire la loro voce e unirsi a quanti in tutto il mondo chiedono la restituzione delle ragazze alle loro famiglie. Ma soprattutto vogliono dire alto il loro NO a chi innalza il vessillo dell’ignoranza, della discriminazione sessuale, dell’oscurantismo. NO a chi, in nome di una delirante violenza di genere, vuole ricacciare nel silenzio e nella sopraffazione “metà del cielo” dell’Africa e del mondo”.

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