Gigolò per caso: la recensione

di Frédéric Pascali - La quinta prova in regia di John Turturro, incentrata sui cliché classici della commedia raffinata,garbo e “british humor”, coinvolge ma non convince del tutto. Aiutata dalla presenza del Woody Allen attore, uno dei due protagonisti maschili insieme allo stesso regista, si rivela una pellicola di estrema eleganza visiva nella quale l’incombente deriva pruriginosa si configura come un pretesto utile per raccontare della dittatura dei sentimenti e della convivenza multietnica.

La storia prende avvio da Murray (Allen), un anziano libraio ebreo di Brooklyn che si ritrova improvvisamente alle prese con la chiusura della sua attività. Alla ricerca di nuove soluzioni trova un aiuto involontario in Fioravante (Turturro), un amico fioraio spesso anche lui in bolletta.
È la persona giusta per ottemperare alle richieste di una sua ex cliente, la Dott.ssa Parker, una ricca e affascinante signora di mezza età alla ricerca di qualche trasgressione. Fioravante non è particolarmente bello, ma al fascino della maturità unisce una spiccata innata capacità di seduzione. Talento che Murray veicola nella costituzione di una singolare società di gigolò. Lui procacciatore e Fioravante “esecutore”. Un gioco che ha subito successo, ma che non sfugge alla legge del contrappasso. Una nuova, riservatissima, cliente, la bella Avigail, ebrea e vedova di un rabbino, cattura il cuore del fioraio. Il legame attira gli strali di un geloso aspirante fidanzato e dei saggi della comunità ebraica. Murray viene additato come blasfemo e il fiorente neonato sodalizio si ritrova a un passo dal naufragio.

I 98 minuti di “Fading gigolò” non lasciano impronte indelebili, ma un’idea simpatica per prendere la vita, e le sue debolezze, con un po’ più di filosofia,accettandone il verdetto finale. Una morale “alla Allen” in un film che vorrebbe essere “alla Turturro”. Alla fine resta un po’ di delusione e la calda fotografia di Marco Pontecorvo. Mentre le tre primedonne, Vanessa Paradis, Sharon Stone e Sofia Vergara, fanno la dovuta “passerella” con qualche rimpianto per i dialoghi non proprio irresistibili.

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