BARI - Una verità che si capovolge, assumendo contorni più nitidi. Nicola Scanni uccise il padre Mario per ''risolvere tutti i suo problemi''.
L'omicidio - secondo quanto è scritto nella sentenza della Corte d'assise d'appello che ha condannato l'uomo a 30 anni ribaltando l'assoluzione di primo grado - ha consentito all'imputato di risolvere i problemi di convivenza che si erano creati tra la sua compagna e il padre, e gli ha anche ''garantito la possibilità di continuare a vivere in casa'' del genitore, di entrare in possesso dei 45mila euro e del laboratorio fotografico.
L'omicidio - secondo quanto è scritto nella sentenza della Corte d'assise d'appello che ha condannato l'uomo a 30 anni ribaltando l'assoluzione di primo grado - ha consentito all'imputato di risolvere i problemi di convivenza che si erano creati tra la sua compagna e il padre, e gli ha anche ''garantito la possibilità di continuare a vivere in casa'' del genitore, di entrare in possesso dei 45mila euro e del laboratorio fotografico.