di Giuliano Gasparotti - Nelle convulse ore degli arresti eccellenti che su più fronti fanno riemergere gli insani intrecci tra (cattiva) politica e corruzione, dall'arresto di Scajola all'inchiesta che sconvolge Expo 2015, con Frigerio e Greganti nuovamente in manette, fino alla Lega Basket di Minucci, pare sempre più chiaro che le elezioni europee del 25 maggio segneranno una dead line che porterà alla fine della II Repubblica.
Dinanzi ad una vecchia politica incapace di cambiare sé stessa, è sempre più evidente che il duello si consumerà tra Matteo Renzi e Beppe Grillo, laddove quest'ultimo rappresenta la febbre ancora troppo alta di un Paese che non riesce a liberarsi di un passato che ritorna. La magistratura, diversamente da vent'anni fa, interviene in un quadro già chiaro almeno dalla tristissima serata di finale di Coppa Italia con la vergognosa trattativa consumata davanti agli occhi di tutti tra il figlio di un camorrista Gennaro De Tommaso ed i dirigenti dell'autorità di Pubblica sicurezza. Nonostante l'evidenza delle immagini ed il durissimo monito del Presidente Napolitano, negli stessi istanti durante i quali il Ministro Alfano la negava, il giudice sportivo nel comminare sanzioni al Napoli calcio, confermava che quella trattativa c'era stata eccome. E la “foglia di fico” del daspo di 5 anni per Genny a'carogna, voluto da Alfano sembra non far altro che rinverdire le polemiche sulla capacità (od incapacità ) di conduzione del Viminale che già divamparono durante il caso Shalabayeva, pochi mesi fa.
Nelle ore in cui la riforma delle riforme, ovvero quella del Senato, veniva congelata dalla contemporanea approvazione sia del testo base previsto dal Governo sia dell'Odg Calderoli che all'opposto riproponeva l'elettività dei senatori grazie ad una convergenza molto pericolosa di voti tra le opposizioni, alcuni partitini della maggioranza e la minoranza del Pd. E' inutile girarci intorno: l'elettività o meno del Senato si può anche leggere sotto il capitolo riduzione dei costi e dei posti della politica. E' la risposta in chiave istituzionale alla propaganda grillina: “o noi o loro” urlato nelle piazze, cui si contrappone il derby “speranza vs rabbia” lanciato da Matteo Renzi che muove dalla convinzione che solo cambiando radicalmente anche le istituzioni e, quindi, la politica è possibile recuperare credibilità che è la base per costruire il futuro.
Tre nodi simbolici, quindi, dalle inchieste della Magistratura sulla corruzione, alla trattativa tra Stato e delinquenza organizzata al blocco delle riforme costituzionali: sembrano essere lo specchio della difficoltà di costruire (o distruggere) un cambiamento possibile per il Paese. Se il risultato del voto europeo sarà chiaro, Renzi porrà un chiaro aut-aut: o si cambia tutto (metodi, idee e persone) oppure meglio andare ad elezioni dopo l'approvazione dell'Italicum che possa garantire non solo una solida maggioranza di Governo ma anche un solido ricambio definitivo della classe dirigente, riguardo la quale, ancora siamo a metà del guado.
Ritornano alla mente le parole scritte da Roberto Giachetti, deputato Dem, che anticipando i tempi aveva previsto questo empasse, sollecitando il ritorno alle urne ben prima del 2018. E se avesse avuto ragione?
BIOGRAFIA - Giuliano Gasparotti, giurista, si occupa attualmente di privacy e diritti della persona per Regione Toscana dopo aver a lungo approfondito i temi dell'amministrazione digitale, società dell'informazione e della comunicazione, degli aspetti giuridici del documento elettronico, dell'organizzazione del lavoro pubblico. Dopo la Scuola di formazione politica Ulibo di Prodi, ha approfondito per il Pd i temi della creatività , dei diritti civili, della innovazione, dello sviluppo competitivo dei territori e dell’economia della conoscenza, della cultura contemporanea e della identità politica postmoderna. Ideatore e fondatore delle Officine Democratiche (che raccoglie i “meccanici” ovvero coloro che lavorano per sanare la frattura tra politica e società ) di cui è attualmente Presidente onorario è stato coordinatore fiorentino per i DS, prima, e per il PD, poi, ed è tra gli estensori delle proposte sulla laicità ed i diritti civili per il programma di candidatura di Matteo Renzi alle Primarie 2012. Candidato “rottamatore” con l'ex Premier Mario Monti, è parte del Coordinamento politico toscano ed è Responsabile nazionale Area Diritti Civili di Scelta Civica per l'Italia.
Dinanzi ad una vecchia politica incapace di cambiare sé stessa, è sempre più evidente che il duello si consumerà tra Matteo Renzi e Beppe Grillo, laddove quest'ultimo rappresenta la febbre ancora troppo alta di un Paese che non riesce a liberarsi di un passato che ritorna. La magistratura, diversamente da vent'anni fa, interviene in un quadro già chiaro almeno dalla tristissima serata di finale di Coppa Italia con la vergognosa trattativa consumata davanti agli occhi di tutti tra il figlio di un camorrista Gennaro De Tommaso ed i dirigenti dell'autorità di Pubblica sicurezza. Nonostante l'evidenza delle immagini ed il durissimo monito del Presidente Napolitano, negli stessi istanti durante i quali il Ministro Alfano la negava, il giudice sportivo nel comminare sanzioni al Napoli calcio, confermava che quella trattativa c'era stata eccome. E la “foglia di fico” del daspo di 5 anni per Genny a'carogna, voluto da Alfano sembra non far altro che rinverdire le polemiche sulla capacità (od incapacità ) di conduzione del Viminale che già divamparono durante il caso Shalabayeva, pochi mesi fa.
Nelle ore in cui la riforma delle riforme, ovvero quella del Senato, veniva congelata dalla contemporanea approvazione sia del testo base previsto dal Governo sia dell'Odg Calderoli che all'opposto riproponeva l'elettività dei senatori grazie ad una convergenza molto pericolosa di voti tra le opposizioni, alcuni partitini della maggioranza e la minoranza del Pd. E' inutile girarci intorno: l'elettività o meno del Senato si può anche leggere sotto il capitolo riduzione dei costi e dei posti della politica. E' la risposta in chiave istituzionale alla propaganda grillina: “o noi o loro” urlato nelle piazze, cui si contrappone il derby “speranza vs rabbia” lanciato da Matteo Renzi che muove dalla convinzione che solo cambiando radicalmente anche le istituzioni e, quindi, la politica è possibile recuperare credibilità che è la base per costruire il futuro.
Tre nodi simbolici, quindi, dalle inchieste della Magistratura sulla corruzione, alla trattativa tra Stato e delinquenza organizzata al blocco delle riforme costituzionali: sembrano essere lo specchio della difficoltà di costruire (o distruggere) un cambiamento possibile per il Paese. Se il risultato del voto europeo sarà chiaro, Renzi porrà un chiaro aut-aut: o si cambia tutto (metodi, idee e persone) oppure meglio andare ad elezioni dopo l'approvazione dell'Italicum che possa garantire non solo una solida maggioranza di Governo ma anche un solido ricambio definitivo della classe dirigente, riguardo la quale, ancora siamo a metà del guado.
Ritornano alla mente le parole scritte da Roberto Giachetti, deputato Dem, che anticipando i tempi aveva previsto questo empasse, sollecitando il ritorno alle urne ben prima del 2018. E se avesse avuto ragione?
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