di Maurizio Parodi. GENOVA - Spesso mi chiedono quali siano le ragioni del disagio che molti bambini e ragazzi vivono a scuola.
Purtroppo molte procedure scolastiche sono dettate da necessità proprie del «servizio» educativo, che sovente prevalgono sulle ragioni più autentiche dell’«azione» educativa; così può darsi che l’«utente» sia soggetto a esperienze intese a favorirlo, ma anche ad altre intese a favorire la burocrazia. In particolare il bambino, per stato di natura portatore di novità, può sentirsi mortificato nella sua vitale esuberanza, nella sua ansia di esprimersi e comunicare, di manifestarsi per quello che è e che può divenire. Da cui il disadattamento scolastico, che può esprimere:
- la discrepanza tra le capacità dell’alunno e le prestazioni richieste;
- il conflitto tra la personalità del bambino e il sistema scuola.
In un caso si pretende dal bambino che faccia ciò che non è in grado di fare, esponendolo a un sicuro insuccesso che assume i connotati del fallimento, considerata la legittimazione istituzionale della richiesta (Non sono in grado di fare ciò che ci si aspetta che io sappia fare e che, perciò, mi viene richiesto); una «mancanza» tanto più gravida di conseguenze, non solo emotive, quanto più sia accompagnata da atteggiamenti di riprovazione e di svalutazione da parte dei docenti, dei genitori, dei compagni - ma vi sono anche alunni che giungono a una vera e propria forma di disadattamento scolastico perché la loro superdotazione intellettiva mal sopporta il ritmo molto lento e uniforme dell’insegnamento.
Nell’altro caso, spesso associato al primo, sono i modi di essere della scuola (metodi, procedure, stili, valori, regole) a sconfiggere l’alunno, dal quale si pretende che sia ciò che non può essere - purtroppo le vittime (designate) sono i bambini più timidi, deboli e insicuri, i più soli.
Purtroppo molte procedure scolastiche sono dettate da necessità proprie del «servizio» educativo, che sovente prevalgono sulle ragioni più autentiche dell’«azione» educativa; così può darsi che l’«utente» sia soggetto a esperienze intese a favorirlo, ma anche ad altre intese a favorire la burocrazia. In particolare il bambino, per stato di natura portatore di novità, può sentirsi mortificato nella sua vitale esuberanza, nella sua ansia di esprimersi e comunicare, di manifestarsi per quello che è e che può divenire. Da cui il disadattamento scolastico, che può esprimere:
- la discrepanza tra le capacità dell’alunno e le prestazioni richieste;
- il conflitto tra la personalità del bambino e il sistema scuola.
In un caso si pretende dal bambino che faccia ciò che non è in grado di fare, esponendolo a un sicuro insuccesso che assume i connotati del fallimento, considerata la legittimazione istituzionale della richiesta (Non sono in grado di fare ciò che ci si aspetta che io sappia fare e che, perciò, mi viene richiesto); una «mancanza» tanto più gravida di conseguenze, non solo emotive, quanto più sia accompagnata da atteggiamenti di riprovazione e di svalutazione da parte dei docenti, dei genitori, dei compagni - ma vi sono anche alunni che giungono a una vera e propria forma di disadattamento scolastico perché la loro superdotazione intellettiva mal sopporta il ritmo molto lento e uniforme dell’insegnamento.
Nell’altro caso, spesso associato al primo, sono i modi di essere della scuola (metodi, procedure, stili, valori, regole) a sconfiggere l’alunno, dal quale si pretende che sia ciò che non può essere - purtroppo le vittime (designate) sono i bambini più timidi, deboli e insicuri, i più soli.