Oltre due ore di interrogatorio, in videoconferenza da un sito riservato. E' la prima testimonianza di Antonio Iovine detto ''o ninno', ex capo dei Casalesi e da un mese collaboratore di giustizia. Questa mattina e' stato ascoltato in un processo davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in cui e' imputato l'ex sindaco di Villa Literno. "Ho deciso di collaborare con la giustizia per dare un futuro migliore, diverso alla mia vita, una vera svolta", ha detto prima di iniziare a parlare della sua vita da camorrista. Ha raccontato il giorno della sua affiliazione avvenuta nel 1985 con il giuramento e il rito della pungitura.
"Fui affiliato al clan dei Casalesi con la pungitura nel 1985, lo stesso giorno dell'omicidio Di Nuvoletta. Ad affiliarmi - ha spiegato - furono Antonio Bardellino e Vincenzo De Falco che quel giorno erano presenti con me. Mi punsero un dito e fecero cadere alcune gocce di sangue su un santino. Pronunciai un giuramento le cui parole esatte non ricordo, ma nel quale mi impegnavo a non tradire il clan". Da quel giorno in poi e' partita la sua carriera di camorrista iniziata con una serie di omicidi. "Ne ho commessi tanti che non li ricordo tutti. Il primo pero' fu quello di Ciro Nuvoletta, fratello del boss di Marano Aniello. Il delitto rientrava nella guerra siciliana tra i mafiosi corleonesi, alleati dei Nuvoletta, e il gruppo dei Casalesi. I siciliani avrebbero voluto che Antonio Bardellino uccidesse Tommaso Buscetta, ma Bardellino si rifiuto': per questo motivo egli stesso fu poi assassinato in Brasile".
Poi il racconto sui lauti emolumenti elargiti dal clan. "Ogni mese potevo contare su 100mila euro per pagare a tutti gli stipenti e per le mie esigenze personali. Ero io stesso che mi occupavo di pagare le famiglie degli affiliati per mezzo dei miei uomini e chi era detenuto al carcere duro aveva piu' soldi".
"Fui affiliato al clan dei Casalesi con la pungitura nel 1985, lo stesso giorno dell'omicidio Di Nuvoletta. Ad affiliarmi - ha spiegato - furono Antonio Bardellino e Vincenzo De Falco che quel giorno erano presenti con me. Mi punsero un dito e fecero cadere alcune gocce di sangue su un santino. Pronunciai un giuramento le cui parole esatte non ricordo, ma nel quale mi impegnavo a non tradire il clan". Da quel giorno in poi e' partita la sua carriera di camorrista iniziata con una serie di omicidi. "Ne ho commessi tanti che non li ricordo tutti. Il primo pero' fu quello di Ciro Nuvoletta, fratello del boss di Marano Aniello. Il delitto rientrava nella guerra siciliana tra i mafiosi corleonesi, alleati dei Nuvoletta, e il gruppo dei Casalesi. I siciliani avrebbero voluto che Antonio Bardellino uccidesse Tommaso Buscetta, ma Bardellino si rifiuto': per questo motivo egli stesso fu poi assassinato in Brasile".
Poi il racconto sui lauti emolumenti elargiti dal clan. "Ogni mese potevo contare su 100mila euro per pagare a tutti gli stipenti e per le mie esigenze personali. Ero io stesso che mi occupavo di pagare le famiglie degli affiliati per mezzo dei miei uomini e chi era detenuto al carcere duro aveva piu' soldi".