Da Willy a Fuleco: storia delle mascotte mondiali


di Andrea Stano - A partire dall’edizione del 1966 in Inghilterra, i Mondiali hanno sempre avuto una mascotte che divertisse i più piccini e non solo.

Complessivamente ne sono state create 13 fino ad oggi, alcune delle quali molto carine ed originali, altre, invece, davvero imbarazzanti, per non dire inquietanti. Basti ricordare i discutibili mostriciattoli Nik, Kaz e Ato, mascotte dei Mondiali in Corea del Sud e Giappone. In Oriente saranno pure abituati a creature dalle fattezze sempre più stravaganti, ma noi no.

La tradizione vuole che ogni mascotte rappresenti in un modo o nell’altro la cultura del paese ospitante, aldilà dei simboli e della maglie indossate dai pupazzetti che ne richiamano colori e bandiere. E così, in Spagna 82’, lo storico Mondiale che vide gli azzurri alzare la coppa per la terza volta nella loro storia, una simpatica arancia di nome Naranjito festeggiava le partite a bordo campo.
Non esattamente innovativa ma senz’altro in linea con la cultura gastronomica della propria nazione era Pique, nell’edizione in Messico del 1986: un peperoncino baffuto bardato di sombrero. Il classico copricapo messicano figurava anche sulla testa di Juanito (Messico 70’), la prima mascotte raffigurante un ragazzo. Lo seguirono i sorridenti Tip e Tap in Germania e Gauchito in Argentina, quest’ultimo con berretto, foulard al collo e frustino in mano (il gaucho altro non è, infatti, che il mandriano argentino).

Anche l’Italia ha potuto sfoggiare la sua mascotte. Indimenticabile, certo non propriamente di una bellezza sfolgorante: era il famosissimo Ciao, omino stilizzato con un pallone al posto della testa.
Gli animali sono comunque i modelli a cui ci si è rifatti più frequentemente. C’è il leone britannico Willie, il cane Striker di Usa 94’, che non godé tuttavia di molta fortuna, Footix, galletto francese, Galeo VI e Pille in Germania (nuovamente un leone con in mano un pallone “umano”), fino a Zakumi e Fuleco. Gli ultimi due sono forse quelli meglio riusciti. Si tratta rispettivamente di un leopardo (in Sud Africa quattro anni fa) e di un armadillo, l’attuale mascotte brasiliana. E per quanto riguarda i nomi? Negli ultimi anni hanno prevalso crasi e giochi di parole. Footix unisce i due lemmi football e Asterix, Goleo, invece, le parole gol e leone. Poi abbiamo Zakumi che fonde Za (acronimo di Sud Africa) e Kumi (cioè dieci) in riferimento alla gran quantità di dialetti sudafricani e, infine, Fuleco, mix tra Futebol e Eco (cioè ecologia).


Viene subito da pensare cosa potranno mai partorire le menti organizzatrici del Mondiale in Quatar nel 2022 ma prima toccherà alla Russia tra quattro anni. Sarà la volta di una gigantesca e variopinta Matrioska?

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