"Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono"

di Pierpaolo De Natale - Era il 2 Giugno del 1946 quando gli Italiani furono chiamati a votare per le sorti della propria nazione.

Due le schede consegnate ai seggi: una per eleggere l'Assemblea Costituente che avrebbe dovuto redigere la nuova Carta Costituzionale e l'altra per il referendum tra Monarchia e Repubblica.
Questo era quanto stabilito dal Decreto Legislativo Luogotenenziale n.151 del 25 giugno 1944 - emanato durante il governo Bonomi - e fu così che, su circa ventotto milioni di elettori, affluirono alle urne ben 24.947.187 italiani.

Le votazioni avvennero a suffragio universale e fu la prima volta che in Italia le donne (18enni) poterono accedere al voto.

Le elezioni si svolsero con non poche polemiche e molti furono gli incidenti; al fine di garantire l'ordine pubblico, Giuseppe Romita, Ministro dell'Interno, istituì per l'occasione un corpo di polizia ausiliaria.

I seggi restarono aperti per tutta la giornata del 2 Giugno e la mattina del giorno seguente. Nella speranza che la Monarchia riscuotesse maggior successo, si procedette con l'abdicazione di re Vittorio Emanuele III in favore di suo figlio - meno compromesso del padre - che, proclamato re, assunse il nome di Umberto II. 

Votò l'89% degli aventi diritto, percentuale che oggi farebbe invidia a qualsivoglia tornata elettorale.
In data 18 giugno, la Corte di Cassazione - terminato lo spoglio dei voti avvenuto nella celebre Sala della Lupa di Montecitorio - dichiarò la vittoria repubblicana con 12.718.641 voti, contro i 10.718.502 raccolti da casa Savoia.

Alla luce dei risultati, Umberto II partì per Lisbona e i suoi poteri furono temporaneamente trasferiti al Primo Ministro Alcide De Gasperi, nominato Capo provvisorio dello Stato.

Analizzando a fondo i voti espressi dal popolo italiano, consultando i dati Istat in merito alle percentuali di voti per Monarchia e Repubblica, è possibile notare cifre interessanti.

Nel grafico realizzato sono riportate le aliquote in ordine crescente dei voti dati alla Monarchia in ciascuna regione dell'Italia del giugno del '46.

Partendo dal Trentino - regione col più basso numero di voti a favore della Monarchia (15%) - si attraversa lo stivale incontrando valori sempre maggiori spostandosi verso il meridione. Regioni in cui la Repubblica registrò la propria sconfitta furono: Abruzzo e Molise, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia, Puglia e Campania - dove il 76,5% dei voti fu a favore del regime monarchico.
Cosa dire, invece, dei nostri padri pugliesi? 960.849 di loro (circa il 70% dei votanti) votarono per lasciare al trono i Savoia.

Grande ruolo lo ebbe il già diffuso malessere del meridione, che - secondo nomi autorevoli quali Francesco Saverio Nitti, Giustino Fortunato e Nicola Zitara - vide nell'Unità d'Italia la sua causa principale. Probabilmente, noi - "popoli dei mari del sud", come ci definirebbe Kant - intravedevamo una nuova minaccia nel cambiare forma di governo e, in effetti, nemmeno la realtà dei fatti riuscì ad arrestarci.

La lettura in via provvisoria dei dati del referendum il 10 giugno portò non poche conseguenze. Il giorno seguente, infatti, i Napoletani scesero per le strade infervorando gli animi. In particolare, un corteo monarchico tentò di assaltare la sede del Pci di via Medina, per togliere una bandiera tricolore che non recava lo stemma della casata sabauda. La rivolta fu repressa nel sangue dalle raffiche di mitragliatrice dell'autoblindo della polizia. Furono uccisi nove manifestanti e 150 furono i feriti.
I nostri nonni ci videro bene? Sarebbe stata meglio la Monarchia?

Forse - col senno di poi - potremmo anche rispondere di sì, guardando alle solide monarchie nordeuropee e al loro welfare.

Oggi, intanto, si festeggia la nascita della nostra nazione, data simile al 14 luglio francese (in cui si celebra la presa della Bastiglia) e al 4 luglio statunitense (in cui si ricorda la firma della Dichiarazione d'Indipendenza del 1776). 

Avrà luogo la consueta parata militare (da qualche anno ridimensionata in stile austerity) e vari sono gli eventi organizzati presso il Quirinale. 

Tra polemiche, discussioni e teorie di revisionismo storico, la Repubblica festeggia oggi i suoi sessantotto anni.