TARANTO - “Avvisatori, piloti di porto, guardie, operatori del pontile, personale super specializzato, chimici, dipendenti statali, guardia di finanza, capitaneria, agenzie, misuratori fiscali e tanti altri. Sono solo alcune delle professionalità che qualcuno vuole polverizzare condannando a morte il Porto di Taranto”. Lo dichiara in una nota il consigliere regionale del Pdl-Fi, Pietro Lospinuso.
“Non avremo il diritto di protestare, quando chiuderà il porto – prosegue - abbiamo perso metà flotta di Evergreen, la Marcegaglia non c’è più, l’Ilva è nello stato che tutti conosciamo ed ora si vorrebbero sbarrare le porte anche agli investimenti dell’Eni per la raffineria Tempa Rossa. Siamo già in ritardo rispetto al crono programma delle opere di ammodernamento e adeguamento; se poi, ad ogni forma di nuovo investimento, qualcuno sfila prontamente il cartellino rosso, è chiaro che il nostro porto andrà incontro alla chiusura. Infatti, è vero che il porto di Taranto sia turistico, ma è lapalissiano che senza il settore industriale un porto non riesca a reggersi: non ne esiste uno solo al mondo che, seppur turistico come Genova o Venezia, non sia anche industriale. A Taranto, tra l’altro, il flusso industriale rappresenta l’80% dei movimenti complessivi. Non c’è, quindi, né da lamentarsi né tantomeno da sorprendersi quando si ipotizza anche un’eventuale soppressione dell’Autorità Portuale di Taranto, che non potrebbe certamente rimanere in piedi solo con le tasse di ancoraggio delle barche private. A nulla sono servite le dichiarazioni dell’ad dell’Eni Descalzi che, senza mezzi termini, ha affermato la difficoltà per l’azienda di mantenere aperta la raffineria e per questo a Taranto si sta tirando davvero troppo la corda: il pericolo che l’Eni decida di chiudere Tempa Rossa è dietro l’angolo e sono a rischio oltre 1000 posti di lavoro. A tutto ciò si aggiungerebbe il lucro cessante delle attività commerciali, dei ristoranti ed una compressione dei consumi in generale. Conseguenze che rendono incomprensibili le posizioni assunte da alcune associazioni di categoria sul progetto di Tempa Rossa.
“Dati alla mano, infatti – conclude Lospinuso - l’investimento Eni non risulta possa avere un impatto dannoso sull’ambientale, posto che il Ministero ha dato parere favorevole a condizione che il livello delle emissioni non superi quello attuale. Quindi, non esiste alcun pericolo per l’ambiente e per la salute dei cittadini, ed il Comune di Taranto ha anche dimenticato di aver dato parere positivo al progetto nel 2011. Insomma, non è chiaro a chi gioverà questa escalation di protesta, ma una cosa è certa: non ai taranti, a cui si sta scippando il futuro industriale ed occupazionale”.
“Non avremo il diritto di protestare, quando chiuderà il porto – prosegue - abbiamo perso metà flotta di Evergreen, la Marcegaglia non c’è più, l’Ilva è nello stato che tutti conosciamo ed ora si vorrebbero sbarrare le porte anche agli investimenti dell’Eni per la raffineria Tempa Rossa. Siamo già in ritardo rispetto al crono programma delle opere di ammodernamento e adeguamento; se poi, ad ogni forma di nuovo investimento, qualcuno sfila prontamente il cartellino rosso, è chiaro che il nostro porto andrà incontro alla chiusura. Infatti, è vero che il porto di Taranto sia turistico, ma è lapalissiano che senza il settore industriale un porto non riesca a reggersi: non ne esiste uno solo al mondo che, seppur turistico come Genova o Venezia, non sia anche industriale. A Taranto, tra l’altro, il flusso industriale rappresenta l’80% dei movimenti complessivi. Non c’è, quindi, né da lamentarsi né tantomeno da sorprendersi quando si ipotizza anche un’eventuale soppressione dell’Autorità Portuale di Taranto, che non potrebbe certamente rimanere in piedi solo con le tasse di ancoraggio delle barche private. A nulla sono servite le dichiarazioni dell’ad dell’Eni Descalzi che, senza mezzi termini, ha affermato la difficoltà per l’azienda di mantenere aperta la raffineria e per questo a Taranto si sta tirando davvero troppo la corda: il pericolo che l’Eni decida di chiudere Tempa Rossa è dietro l’angolo e sono a rischio oltre 1000 posti di lavoro. A tutto ciò si aggiungerebbe il lucro cessante delle attività commerciali, dei ristoranti ed una compressione dei consumi in generale. Conseguenze che rendono incomprensibili le posizioni assunte da alcune associazioni di categoria sul progetto di Tempa Rossa.
“Dati alla mano, infatti – conclude Lospinuso - l’investimento Eni non risulta possa avere un impatto dannoso sull’ambientale, posto che il Ministero ha dato parere favorevole a condizione che il livello delle emissioni non superi quello attuale. Quindi, non esiste alcun pericolo per l’ambiente e per la salute dei cittadini, ed il Comune di Taranto ha anche dimenticato di aver dato parere positivo al progetto nel 2011. Insomma, non è chiaro a chi gioverà questa escalation di protesta, ma una cosa è certa: non ai taranti, a cui si sta scippando il futuro industriale ed occupazionale”.