di Frèdéric Pascali - Ci sono cose che non tramontano mai. Evergreen di sicuro fascino che prescindono dai contesti epocali in cui si manifestano. “Il pianeta delle scimmie” è sicuramente uno di questi.
La pellicola diretta da Matt Reeves è il sequel de “L’alba del pianeta delle scimmie”,”Rise of the planet of the Apes”, film del 2011 diretto da Rupert Wyatt e prima tappa della riedizione dell’antica saga cinematografica tratta dal romanzo di Pierre Boulle e cominciata con l’omonima opera diretta da Franklin J. Shaffner nel 1968.
Qualche anno dopo il maldestro tentativo di trovare un rimedio alla malattia dell’Alzheimer, il virus prodotto dalla ricerca ha decimato la popolazione mondiale e reso spettrali la maggior parte dei centri abitati del pianeta. Nei pressi della foresta vicino a San Francisco, comandata da Cesare, vive la comunità di scimmie intellettualmente più evolute.
Un giorno, per puro caso, alcune di esse s’imbattono in un gruppo di uomini in esplorazione. Uno di loro preso dal panico spara e ferisce un giovane esemplare. In pochissimo tempo si ritrovano circondati da un vero e proprio esercito, ma hanno salva la vita grazie all’intervento di Cesare. È il primo incontro tra lui e uno scienziato di nome Malcom. Diventeranno amici e impareranno a stimarsi, ma non prima di aver affrontato una sanguinosa battaglia tra le loro due razze.
Indubbiamente il film suggestiona e per 130 minuti scorre senza intoppi. È aumentata l’applicazione tecnologica, le scimmie sono frutto del computer, la forza dei primi piani di Cesare è notevole, lo sviluppo del rapporto padre – figlio funziona sia a livello umano che animale e la fotografia di Michael Seresin ha il tono giusto. Ma la velocità di esecuzione della storia non convince.
È tutto troppo smaccatamente lineare, scontato. Anche i déjà vu non sono quelli giusti e più che a San Francisco sembra di essere nella “New York” di “Jena” Plissken.
Ottimi Andy Serkis, “Cesare”, e Jason Clarke, “Malcom”. Sontuoso Gary Oldman, “Dreyfus”.Poco meno di 4 milioni e 500 mila euro l’incasso al botteghino italiano.
La pellicola diretta da Matt Reeves è il sequel de “L’alba del pianeta delle scimmie”,”Rise of the planet of the Apes”, film del 2011 diretto da Rupert Wyatt e prima tappa della riedizione dell’antica saga cinematografica tratta dal romanzo di Pierre Boulle e cominciata con l’omonima opera diretta da Franklin J. Shaffner nel 1968.
Qualche anno dopo il maldestro tentativo di trovare un rimedio alla malattia dell’Alzheimer, il virus prodotto dalla ricerca ha decimato la popolazione mondiale e reso spettrali la maggior parte dei centri abitati del pianeta. Nei pressi della foresta vicino a San Francisco, comandata da Cesare, vive la comunità di scimmie intellettualmente più evolute.
Un giorno, per puro caso, alcune di esse s’imbattono in un gruppo di uomini in esplorazione. Uno di loro preso dal panico spara e ferisce un giovane esemplare. In pochissimo tempo si ritrovano circondati da un vero e proprio esercito, ma hanno salva la vita grazie all’intervento di Cesare. È il primo incontro tra lui e uno scienziato di nome Malcom. Diventeranno amici e impareranno a stimarsi, ma non prima di aver affrontato una sanguinosa battaglia tra le loro due razze.
Indubbiamente il film suggestiona e per 130 minuti scorre senza intoppi. È aumentata l’applicazione tecnologica, le scimmie sono frutto del computer, la forza dei primi piani di Cesare è notevole, lo sviluppo del rapporto padre – figlio funziona sia a livello umano che animale e la fotografia di Michael Seresin ha il tono giusto. Ma la velocità di esecuzione della storia non convince.
È tutto troppo smaccatamente lineare, scontato. Anche i déjà vu non sono quelli giusti e più che a San Francisco sembra di essere nella “New York” di “Jena” Plissken.
Ottimi Andy Serkis, “Cesare”, e Jason Clarke, “Malcom”. Sontuoso Gary Oldman, “Dreyfus”.Poco meno di 4 milioni e 500 mila euro l’incasso al botteghino italiano.