di Michele Tedesco
La ricorderemo come l’estate dell’ Ice Bucket Challenge: la rivalutazione del gavettone come atto esibizionistico-caritatevole dell’era di internet. In 24h, un nominato deve raccogliere la sfida di svuotarsi addosso un secchio con dell’acqua gelida (a cui dovrebbe seguire una donazione a una fondazione o ente di ricerca che si occupa di SLA) e nominare a sua volta un nuovo challenger che, ovviamente, filmerà la sua esibizione e la diffonderà sul web. “La carità è il solo tesoro che si aumenta col dividerlo”: detto, fatto. L’idea è sicuramente nobile. L’attuazione del potenziale ideologico è discutibile. La concretizzazione (pecuniaria, nei confronti di chi ha realmente bisogno di mezzi per combattere la malattia) è ancora più dubbia. L’ AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) ha potuto raccoglie, grazie all’ Ice Bucket Challenge, 216 mila euro. Ancora pochi. Il mondo è ormai diviso tra chi si lancia una secchiata addosso più per un atto vouyeuristico che per sensibilità nei confronti di un problema assai grave, chi rifiuta l’abluzione antigravitazionale e si filma comunque (aggiungendo ulteriori interrogativi sulla sanità e sulla bontà dell’atto in sè) e chi fa qualcosa concretamente senza la necessità di autosponsorizzazioni mediatiche. Il coinvolgimento nell’operazione è stato il più possibile trasversale: dal fruttivendolo di fiducia ai protagonisti della scena politica, alla parrucchiera, al vicino di ombrellone, alle star di Hollywood. Tra i più nominati, Barack Obama. Il presidente USA, “sfidato” dalla vedova di Bob Kennedy, ha rifiutato di sottoporsi alla secchiata solidale, ma ha fatto sapere di aver contribuito in maniera concreta alla lotta alla malattia. Immancabile anche la nomination per Papa Francesco. Il pontefice non ha dichiarato nulla a proposito del IBC, ma in un tweet ha indirettamente precisato: "Un cristiano sa dare. La sua vita è piena di atti generosi – ma nascosti – verso il prossimo". A buon intenditor.