LECCE - Ecco quanto emerge dalle motivazioni della sentenza 38343/14, pubblicata il 18 settembre dalle Sezioni unite penali della Cassazione che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” segnala. «Sono infondate le diffuse censure difensive che pongono in luce condotte ritenute scorrette dei lavoratori quali fattori di interruzione del nesso causale o causa di imprevedibilità dell’evento», Inoltre: «L’adozione di tutte le cautele doverose, primarie e secondarie, avrebbe evitato il drammatico sinistro» alla Thyssenkrupp di Torino. «Gli operai, scrivono ancora i giudici delle sezioni unite della Suprema Corte, non avevano il compito di sorvegliare continuamente l’impianto in tutta la sua lunghezza e non può neppure parlarsi quindi di ritardo nell’intervento di emergenza. Piuttosto è da condividere il giudizio di eroismo espresso dalla prima Corte nei confronti di persone che, ignare dei veri rischi e senza alcuna formazione antincendio, si sobbarcavano il compito di affrontare le fiamme con mezzi inidonei». «Eventuali condotte improprie degli operai - osserva la Suprema corte - erano agevolmente prevedibili in un contesto di forte scadimento dell’efficienza della produzione e della sicurezza delle lavorazioni». Nel nuovo processo d’appello dovranno essere ridefinite le condanne inflitte agli imputati, i vertici aziendali, per il rogo che nel 2007 uccise sette operai: erano state inflitte pene fra i dieci e i sette anni di reclusione. I lavoratori, in particolare, erano stati tenuti all’oscuro circa il rischio connesso alla fragilità dei tubi flessibili “incriminati” per il rogo: «dunque non è razionale addebitare loro eventuali errori». Di più: «I lavoratori - scrivono i supremi giudici - tennero un contegno che non può essere ritenuto imprudente o imprevedibile. Essi fecero quello che ci si attendeva facessero, cioè accorsero a spegnere l’incendio ignari che il vero pericolo non erano le fiamme cui si avvicinavano ma l’innescarsi del “flash fire” (incendio di nubi di vapore, ndr). In conseguenza tutti gli imputati devono essere ritenuti responsabili dei reati di omicidio colposo plurimo e di incendio colposo aggravati dalla previsione dell’evento». La condanna per omicidio colposo, invece che per omicidio volontario con dolo eventuale, a carico del vertice aziendale è motivato sul rilievo «che la holding aveva avviato una decisa campagna di lotta senza quartiere al fuoco» dopo un disastroso incendio del 2006 in Germania e deve escludersi che chi sedeva in posizione apicale abbia «disatteso tale forte indicazione di politica aziendale».
Lecce, 18 settembre 20
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