dal nostro inviato Francesco Greco. VENEZIA – Era uno dei film “politici” più temuti da Augusto Barbera (adesso incombe quello di Sabina Guzzanti) in questa 71ma edizione della Mostra Internazionale del Cinema. E il selezionatore ne ha tutte le ragioni. Partito per fare una cosa sul rapporto fra Berlusconi e Cosa Nostra, il regista palermitano Francesco Maresco (orfano di Daniele Ciprì, Cinico tv), ha finito col firmare un possente affresco al vetriolo sull’Italia di questi anni, dove paradossalmente la filologia del racconto (molto materiale d’archivio, soprattutto dai tg), più dell’ex Cavaliere “utilizzatore finale” devasta gli italiani che si sono fatti incantare dal suo modo di comunicare, votandolo più e più volte, magari inconsciamente per emularne le gesta, arricchire smodatamente, avere l’harem dentro casa. Il declino se lo sono voluto loro.
Peccato che Maresco se n’è rimasto rintanato a Palermo: al Lido ci sono stati applausi a sottolineare i passaggi più significativi di questa farsa molto italica e alla fine “Belluscone. Una storia siciliana” ha avuto la standing-ovation. Se il pubblico eterogeneo in sala fosse uno spaccato del Belpaese potremmo concludere che il berlusconismo ormai ce l’abbiamo alle spalle. Ma lo stesso Maresco sa che così non è: e ha fatto in tempo a impaginare Matteo Renzi, premier che come Carlo Magno si è autoincoronato, agli “Amici” di Maria e a X Factory. dicendoci così che la tragedia italiana continua, e che magari l’uomo di Arcore governa per interposta persona. E’ il passaggio che è stato evidenziato con applausi scroscianti. Il film è stato proposto nelle stesse ore della foto in cui l’Economist ha ritratto Renzi col gelato sulla barca che affonda, a cui ha risposto con la caduta di stile del carrettino col logo dentro Palazzo Chigi e la sua passeggiata col cono artigianale. L ’avesse fatto la signora Merkel, i tedeschi l’avrebbero accompagnata a calci alla Porta di Brandeburgo. Da noi il livello di tolleranza è assai alto. E anche il film (Sezione “Orizzonti”) è stato schiacciato, derubricato dalla storiella raccontata dal figlio di Costanzo e il divismo triste di Al Pacino.
Insomma, come spesso accade per le cose che fanno riflettere, è passato inosservato. Peccato. Perché l’opera di Maresco è spudorata e a tratti far sentir male. Provoca disagio, piccole ulcere. Di più: ci fa sentire estranei nel Paese dove viviamo e che pure amiamo: come turisti stranieri, o alieni caduti da galassie sconfinate in un’Italia violentata, stuprata nell’intimo. Tutto l’indugiare sui cantanti neomelodici presenti nella vita di B. ci dice che siamo diventati un popolo volgare, incapace di cogliere la bellezza, la poesia: come se avessimo formattato il nostro passato. E’ quella musica dolciastra, falsa e vuota la colonna sonora di questi ultimi lustri, con l’opzione di altri 20 anni, vs Renzi, ovvio.
A ogni passaggio di questo film nel film speri che la storia cambi registro, che abbandoni il livello morale e politico in cui scorre per virare nel costume, parli di bunga bunga o magri della Santanchè o dei servizi sociali tanto ci si sente male, come sulle spine. Molte delle scansioni sono impaginate in “Belluscone” sono peraltro su Wikipedia e quindi tutti le sanno: col web infatti non ci sono più alibi: nessuno può dire non sapevo.
Si ride amaro, ma di noi stessi: come per scacciare una zanzara petulante e continuare a deresposabilizzarsi. Dal tg Dell’Utri pontifica come un padre della patria, Gaspare Mutolo parla con toni da urbi et orbi, Renzi celia con i bulletti vanitosi di “Amici”. Capisci che la tragedia italiana non avrà mai fine. Il declino dell’anima italiana, il suo abbrutimento continuerà ancora. Il fatalismo, la rassegnazione ci posseggono come spiriti malvagi. Da storia siciliana a pochade, a dramma italiano. Un tunnel viscido, infame: senza uscita.
Peccato che Maresco se n’è rimasto rintanato a Palermo: al Lido ci sono stati applausi a sottolineare i passaggi più significativi di questa farsa molto italica e alla fine “Belluscone. Una storia siciliana” ha avuto la standing-ovation. Se il pubblico eterogeneo in sala fosse uno spaccato del Belpaese potremmo concludere che il berlusconismo ormai ce l’abbiamo alle spalle. Ma lo stesso Maresco sa che così non è: e ha fatto in tempo a impaginare Matteo Renzi, premier che come Carlo Magno si è autoincoronato, agli “Amici” di Maria e a X Factory. dicendoci così che la tragedia italiana continua, e che magari l’uomo di Arcore governa per interposta persona. E’ il passaggio che è stato evidenziato con applausi scroscianti. Il film è stato proposto nelle stesse ore della foto in cui l’Economist ha ritratto Renzi col gelato sulla barca che affonda, a cui ha risposto con la caduta di stile del carrettino col logo dentro Palazzo Chigi e la sua passeggiata col cono artigianale. L ’avesse fatto la signora Merkel, i tedeschi l’avrebbero accompagnata a calci alla Porta di Brandeburgo. Da noi il livello di tolleranza è assai alto. E anche il film (Sezione “Orizzonti”) è stato schiacciato, derubricato dalla storiella raccontata dal figlio di Costanzo e il divismo triste di Al Pacino.
Insomma, come spesso accade per le cose che fanno riflettere, è passato inosservato. Peccato. Perché l’opera di Maresco è spudorata e a tratti far sentir male. Provoca disagio, piccole ulcere. Di più: ci fa sentire estranei nel Paese dove viviamo e che pure amiamo: come turisti stranieri, o alieni caduti da galassie sconfinate in un’Italia violentata, stuprata nell’intimo. Tutto l’indugiare sui cantanti neomelodici presenti nella vita di B. ci dice che siamo diventati un popolo volgare, incapace di cogliere la bellezza, la poesia: come se avessimo formattato il nostro passato. E’ quella musica dolciastra, falsa e vuota la colonna sonora di questi ultimi lustri, con l’opzione di altri 20 anni, vs Renzi, ovvio.
A ogni passaggio di questo film nel film speri che la storia cambi registro, che abbandoni il livello morale e politico in cui scorre per virare nel costume, parli di bunga bunga o magri della Santanchè o dei servizi sociali tanto ci si sente male, come sulle spine. Molte delle scansioni sono impaginate in “Belluscone” sono peraltro su Wikipedia e quindi tutti le sanno: col web infatti non ci sono più alibi: nessuno può dire non sapevo.
Si ride amaro, ma di noi stessi: come per scacciare una zanzara petulante e continuare a deresposabilizzarsi. Dal tg Dell’Utri pontifica come un padre della patria, Gaspare Mutolo parla con toni da urbi et orbi, Renzi celia con i bulletti vanitosi di “Amici”. Capisci che la tragedia italiana non avrà mai fine. Il declino dell’anima italiana, il suo abbrutimento continuerà ancora. Il fatalismo, la rassegnazione ci posseggono come spiriti malvagi. Da storia siciliana a pochade, a dramma italiano. Un tunnel viscido, infame: senza uscita.