di Alfredo De Giuseppe, regista, scrittore, imprenditore - E’ davvero notevole la storia “dell’abolizione delle province”. E’ davvero una storia interessante da raccontare dentro questo confuso momento istituzionale, dentro quest’Italia alla ricerca di un’identità che non trova. Le Province previste dalla Costituzione son sembrate, ad un certo punto della vita mediatico/televisiva, l’unico elemento di risparmio certo, di innovazione, di cambiamento.
Eliminiamo subito le Province, era il grido, ad un sol coro, che si levava per l’Italia. Dopo vari proclami, dopo vari tentennamenti, arriva Renzi, l’uomo giovane e nuovo, il don Matteo che riesce in poche settimane ad impacchettare una riforma delle Province, passata di bocca in bocca come la definitiva soppressione dell’ente inutile e costoso. In qualsiasi altra parte del mondo abolizione di una Provincia avrebbe significato la sua vera cancellazione, il passaggio chiaro delle sue competenze ad altro Ente, l’inizio di una sburocratizzazione.
Ma noi siamo italiani, gente fantasiosa, che gioca con la grammatica, con i sinonimi e i contrari, che sa creare nuovi vocaboli e nuove interpretazioni pur di non cambiare davvero niente. Per cui l’abolizione diventa invece “trasformazione in Ente di secondo livello”, continuando però a dire a mezzo stampa che abbiamo portato a casa una bella riforma, l’abolizione delle province. E su cosa si fonda questa diceria populista? Sul fatto che non ci saranno più elezioni dirette dei rappresentanti che, a loro volta, scelti fra sindaci e consiglieri comunali, opereranno a costo zero.
Questa si che è una grande riforma: i rappresentanti di un ente non vengono più votati dal suffragio universale ma vengono designati all’interno della stessa casta. Cittadini eletti da loro stessi che potranno liberamente giocare da soli intorno all’argomento senza dover più dare conto agli altri cittadini. Il popolo, sempre mansueto e disorientato, non potrà neanche lamentarsi di quest’Ente abolito, primo perché in teoria non esiste e poi perché non costa, o meglio gli amministratori non vengono pagati. I costi in realtà rimarranno tutti, ma proprio tutti, così come le competenze (scuole, strade, ecc), con il vantaggio per gli auto-eletti di potersi dividere al meglio le varie postazioni, senza alcun danno d’immagine.
Infatti per un consigliere o per un Presidente provinciale non è tanto importante prendere o meno un’indennità di carica, quanto gestire altre poltrone, clientele, lavori pubblici (le famose rotatorie gigantesche), disseminare piccoli favori, assumere qualche amico di famiglia, magari dentro la società partecipata. Questo conta, come sempre, in Italia.
Sarebbe stato interessante ad esempio in questa fase aprire un serio dibattito sulle Regioni, vera fogna italiana, vero tunnel nero delle inefficienze, dove i fondi europei vengono bloccati, dove la Sanità è il business di tutti, dove le spese faraoniche hanno incrementato il debito pubblico italiano in modo esponenziale. Le Regioni sono da abolire, sono davvero un Ente inutile. Oggi con i nuovi sistemi informatici l’intermediazione delle Regioni con lo Stato e con l’Europa è costosissima, farraginosa, sovrapposta alle competenze di altri. Inoltre generano diversi modelli di Sanità, Scuola, Tutela dell’Ambiente che per logica dovrebbero essere uguali in un Paese che vorrebbe dare pari opportunità a tutti i suoi cittadini. La scusa della vicinanza al cittadino è una menzogna di primo grado: tutti noi vediamo la Regione esattamente come un plumbeo Ministero.
Ma questo che sarebbe stato un bel dibattito sul futuro italiano non è mai comparso sulle prime pagine dei talk-show e dei giornali. Quindi cari concittadini rassegnatevi: il 12 ottobre i consiglieri comunali voteranno per la (loro) nuova Provincia, si eleggeranno il nuovo Presidente e la nuova Giunta. E come chicca finale, forse per farci capire ancora meno, hanno inventato il voto ponderato, per cui il voto del Consigliere di Tiggiano vale meno di un terzo di quello di Tricase, che a sua volta vale un terzo di quello di Nardò. Pertanto, nella festa della Democrazia per la Democrazia, gli eletti non saranno stati scelti ancora una volta per competenza o per i loro programmi, ma solo perché residenti in un paesino un po’ più popoloso…
Grande Italia, solo tu puoi fare certe riforme e avere il consenso generale, compreso il placet dei più alti organi istituzionali, non sentire un solo Sindaco dire “ma che stiamo facendo?”.
In definitiva abolizione delle Province era solo abolizione del voto popolare per le Province, il risparmio è minimo, le inefficienze al massimo, la pancia sarà piena, ma solo dei soliti noti.
Eliminiamo subito le Province, era il grido, ad un sol coro, che si levava per l’Italia. Dopo vari proclami, dopo vari tentennamenti, arriva Renzi, l’uomo giovane e nuovo, il don Matteo che riesce in poche settimane ad impacchettare una riforma delle Province, passata di bocca in bocca come la definitiva soppressione dell’ente inutile e costoso. In qualsiasi altra parte del mondo abolizione di una Provincia avrebbe significato la sua vera cancellazione, il passaggio chiaro delle sue competenze ad altro Ente, l’inizio di una sburocratizzazione.
Ma noi siamo italiani, gente fantasiosa, che gioca con la grammatica, con i sinonimi e i contrari, che sa creare nuovi vocaboli e nuove interpretazioni pur di non cambiare davvero niente. Per cui l’abolizione diventa invece “trasformazione in Ente di secondo livello”, continuando però a dire a mezzo stampa che abbiamo portato a casa una bella riforma, l’abolizione delle province. E su cosa si fonda questa diceria populista? Sul fatto che non ci saranno più elezioni dirette dei rappresentanti che, a loro volta, scelti fra sindaci e consiglieri comunali, opereranno a costo zero.
Questa si che è una grande riforma: i rappresentanti di un ente non vengono più votati dal suffragio universale ma vengono designati all’interno della stessa casta. Cittadini eletti da loro stessi che potranno liberamente giocare da soli intorno all’argomento senza dover più dare conto agli altri cittadini. Il popolo, sempre mansueto e disorientato, non potrà neanche lamentarsi di quest’Ente abolito, primo perché in teoria non esiste e poi perché non costa, o meglio gli amministratori non vengono pagati. I costi in realtà rimarranno tutti, ma proprio tutti, così come le competenze (scuole, strade, ecc), con il vantaggio per gli auto-eletti di potersi dividere al meglio le varie postazioni, senza alcun danno d’immagine.
Infatti per un consigliere o per un Presidente provinciale non è tanto importante prendere o meno un’indennità di carica, quanto gestire altre poltrone, clientele, lavori pubblici (le famose rotatorie gigantesche), disseminare piccoli favori, assumere qualche amico di famiglia, magari dentro la società partecipata. Questo conta, come sempre, in Italia.
Sarebbe stato interessante ad esempio in questa fase aprire un serio dibattito sulle Regioni, vera fogna italiana, vero tunnel nero delle inefficienze, dove i fondi europei vengono bloccati, dove la Sanità è il business di tutti, dove le spese faraoniche hanno incrementato il debito pubblico italiano in modo esponenziale. Le Regioni sono da abolire, sono davvero un Ente inutile. Oggi con i nuovi sistemi informatici l’intermediazione delle Regioni con lo Stato e con l’Europa è costosissima, farraginosa, sovrapposta alle competenze di altri. Inoltre generano diversi modelli di Sanità, Scuola, Tutela dell’Ambiente che per logica dovrebbero essere uguali in un Paese che vorrebbe dare pari opportunità a tutti i suoi cittadini. La scusa della vicinanza al cittadino è una menzogna di primo grado: tutti noi vediamo la Regione esattamente come un plumbeo Ministero.
Ma questo che sarebbe stato un bel dibattito sul futuro italiano non è mai comparso sulle prime pagine dei talk-show e dei giornali. Quindi cari concittadini rassegnatevi: il 12 ottobre i consiglieri comunali voteranno per la (loro) nuova Provincia, si eleggeranno il nuovo Presidente e la nuova Giunta. E come chicca finale, forse per farci capire ancora meno, hanno inventato il voto ponderato, per cui il voto del Consigliere di Tiggiano vale meno di un terzo di quello di Tricase, che a sua volta vale un terzo di quello di Nardò. Pertanto, nella festa della Democrazia per la Democrazia, gli eletti non saranno stati scelti ancora una volta per competenza o per i loro programmi, ma solo perché residenti in un paesino un po’ più popoloso…
Grande Italia, solo tu puoi fare certe riforme e avere il consenso generale, compreso il placet dei più alti organi istituzionali, non sentire un solo Sindaco dire “ma che stiamo facendo?”.
In definitiva abolizione delle Province era solo abolizione del voto popolare per le Province, il risparmio è minimo, le inefficienze al massimo, la pancia sarà piena, ma solo dei soliti noti.