LECCE – I soldi dei salentini? Restano sotto il materasso. L’incertezza sulle tasse da pagare e le preoccupazioni sulle spese impreviste da sostenere spingono i salentini a risparmiare. Si mette molto, anzi troppo da parte. E così, i depositi bancari e il risparmio postale continuano a crescere. Senza sosta.
Una montagna di denaro che, solo in provincia di Lecce, ha superato quota dieci miliardi 365 milioni. Si tratta del valore più alto di sempre. Mai, infatti, gli istituti di credito e gli sportelli postali del Salento hanno custodito una cifra così elevata, sotto forma o di conti correnti o buoni fruttiferi o certificati di deposito o altre forme di risparmio.
A rilevarlo è l’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce che ha elaborato gli ultimi dati di Bankitalia.
In un anno, da giugno 2013 a giugno di quest’anno, i depositi ufficiali sono aumentati di 231 milioni di euro (prima erano a quota dieci miliardi 134 milioni). L’incremento è stato del 2,3 per cento.
Ma se l’arco temporale sale a due anni, la crescita è di ben 650 milioni (erano 9 miliardi 715 milioni). Pari al 6,7 per cento. Una percentuale sorprendente in questo periodo di grave recessione, ma che si spiega con i timori della gente a spendere i propri risparmi quando l’orizzonte appare sempre più incerto. Si resta, dunque, «liquidi» per paura di quello che verrà.
Passato il periodo di crisi che si è accentuato nel biennio 2009-2010, nel corso del quale si registra una lieve flessione del risparmio, dal giugno 2012 in poi, i depositi continuano a crescere.
Senza considerare il denaro che più di qualcuno conserva davvero sotto il «materasso» per paura di dimostrare spese non ritenute congrue con il proprio reddito. Secondo il direttore provinciale di Confartigianato, Amedeo Giuri, «l’eccessivo risparmio può comportare conseguenze negative sull’andamento dell’economia e ne allontanerebbe l’agognata ripresa». Già John Maynard Keynes, con il paradosso del risparmio, volle dimostrare come «un aumento dei depositi, lungi dal costituire una virtù, può determinare una riduzione del reddito nazionale». Se, infatti, le famiglie decidono di destinare una quota maggiore del loro reddito al risparmio, questo sarà sottratto all’acquisto e al consumo di beni e servizi. Le imprese, a fronte di una contrazione dei consumi, dovranno necessariamente diminuire la loro produzione, determinando una prima riduzione del livello di equilibrio del Prodotto interno lordo.
Una montagna di denaro che, solo in provincia di Lecce, ha superato quota dieci miliardi 365 milioni. Si tratta del valore più alto di sempre. Mai, infatti, gli istituti di credito e gli sportelli postali del Salento hanno custodito una cifra così elevata, sotto forma o di conti correnti o buoni fruttiferi o certificati di deposito o altre forme di risparmio.
A rilevarlo è l’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce che ha elaborato gli ultimi dati di Bankitalia.
In un anno, da giugno 2013 a giugno di quest’anno, i depositi ufficiali sono aumentati di 231 milioni di euro (prima erano a quota dieci miliardi 134 milioni). L’incremento è stato del 2,3 per cento.
Ma se l’arco temporale sale a due anni, la crescita è di ben 650 milioni (erano 9 miliardi 715 milioni). Pari al 6,7 per cento. Una percentuale sorprendente in questo periodo di grave recessione, ma che si spiega con i timori della gente a spendere i propri risparmi quando l’orizzonte appare sempre più incerto. Si resta, dunque, «liquidi» per paura di quello che verrà.
Passato il periodo di crisi che si è accentuato nel biennio 2009-2010, nel corso del quale si registra una lieve flessione del risparmio, dal giugno 2012 in poi, i depositi continuano a crescere.
Senza considerare il denaro che più di qualcuno conserva davvero sotto il «materasso» per paura di dimostrare spese non ritenute congrue con il proprio reddito. Secondo il direttore provinciale di Confartigianato, Amedeo Giuri, «l’eccessivo risparmio può comportare conseguenze negative sull’andamento dell’economia e ne allontanerebbe l’agognata ripresa». Già John Maynard Keynes, con il paradosso del risparmio, volle dimostrare come «un aumento dei depositi, lungi dal costituire una virtù, può determinare una riduzione del reddito nazionale». Se, infatti, le famiglie decidono di destinare una quota maggiore del loro reddito al risparmio, questo sarà sottratto all’acquisto e al consumo di beni e servizi. Le imprese, a fronte di una contrazione dei consumi, dovranno necessariamente diminuire la loro produzione, determinando una prima riduzione del livello di equilibrio del Prodotto interno lordo.
Gli effetti negativi di un aumento del risparmio si ripercuoteranno anche sugli investimenti. Le aziende, infatti, in presenza di una riduzione dei consumi, tenderanno a rallentare o diminuire il ritmo dei loro investimenti futuri, generando, mediante gli effetti del moltiplicatore un’ulteriore riduzione del livello di equilibrio del reddito nazionale. In questo particolare momento, «è necessario e urgente individuare gli strumenti e gli incentivi adeguati per rimettere in circolo tutto questo denaro che resta fermo negli sportelli bancari e sotto il “materasso”», conclude Giuri. «Solo così si potrà innescare un circolo virtuoso che farà ripartire la nostra economia».