'Lucy': la recensione

di Frédéric Pascali - Il cinema di Luc Besson ci ha sempre abituati a iperboli e trovate a dir poco originali, spesse volte listate dagli effetti di una narrazione fantascientifica, il suo dominio preferito. La sua ultima pellicola, “Lucy”, ne è la perfetta sintesi, seppur costretta in una forzata inventiva che finisce per relegarla a poco più di una grottesca messa in scena.

Lucy è una giovane occidentale di 24 anni. Per motivi di studio è a Taipei. È fidanzata con Richard, uno ancora più scapestrato di lei che la mette inopinatamente nei guai. Con l’inganno, prima di essere assassinato, la obbliga a consegnare una misteriosa valigetta. Si ritrova così prigioniera tra le pareti di un lussuoso albergo, nelle mani di Kang, un mafioso del posto, e la sua banda. La valigetta contiene dei sacchetti di una nuova potentissima droga sintetica. Il boss intende diffonderla in tutto il mondo e decide di arruolare la ragazza tra i suoi corrieri. Le impiantano diverse dosi in corpo, ma sfortunatamente,a causa di un pestaggio, parte del contenuto si rilascia nel suo stomaco. Gli effetti sul cervello sono dirompenti e le sue capacità intellettive improvvisamente aumentano a dismisura. Fuggita da Kang, contatta il professor Samuel Norman, il maggior esperto, e teorico, in materia di utilizzo delle potenzialità della mente umana. Consapevole di non poter arrestare il processo di mutazione, prima che il suo destino si compia, Lucy si mette al servizio della scienza.

Nonostante l’impiego di due attori d’eccezione come Scarlett Johansson, “Lucy”, e Morgan Freeman, “Samuel Norman”, il gusto retro amaro di un polpettone intriso di dèjà vu non abbandona mai l’intera narrazione. Un po’ “Nikita”, un po’ “Leon”, un po’ “Il Quinto Elemento”, la pellicola non riesce mai a brillare di luce propria e l’uso massiccio degli effetti speciali non contribuisce in tal senso. Di pregio sia la fotografia di Thierry Arbogast, 3 volte vincitore del Cesar,l’Oscar francese,che le musiche di Èric Serra, entrambi storici collaboratori di Besson.

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