di Sabrina Lanzillotti - Domenica 28 e lunedì 29 dicembre, presso il Teatro Petruzzelli di Bari è andato in scena lo spettacolo “Arlecchino” di Paolo Rossi.
Come c’era da aspettarsi, la sala era piena di gente pronta a farsi trascinare per due ore dall’umorismo piccante e politicamente scorretto del famoso comico milanese.
Quello che Rossi porta sul palco è un esempio di teatro popolare, caratterizzato dall’improvvisazione e dalla presenza di pause e vuoti di memoria ma, come egli stesso tiene a precisare, tutto ciò è il risultato di mesi e mesi di prove.
L’intero spettacolo è durato circa due ore ed è stato diviso in due atti, durante i quali si sono alternati monologhi dell’attore e canzoni proposte dal trio musicale I virtuosi del Carsoche da anni lo accompagnano sulle scene di tutta Italia.
La scenografia è semplice ma allo stesso tempo originale, così come originale è il travestimento del comico, metà diavolo e metà arlecchino, con indosso un cappello con le corna e una giacca piena di post-it sui quali egli riporta gli argomenti da trattare che li venivano in mente quando soffriva d’insonnia.
L’arlecchino di Paolo Rossi è quello dei tempi antichi, il commediante che viene e va dall’aldilà, che parla coi morti e da loro trae insegnamento ed ispirazione.
La scelta di rappresentare la più nota delle maschere è nata da una conversazione avuta nel lontano 1994 con Giorgio Strehler che gli disse <<fai Arlecchino ma alla tua maniera: improvvisa, lascia stare le strutture rigorose di Goldoni, fallo alla Paolo Rossi>>, ma importante fu anche la lettura di un libro di Heinrich Boll, "Opinioni di un clown".
Il risultato è un arlecchino pieno di difetti: vigliacco, nevrotico, insolente ed eccessivamente ironico.
Questo spettacolo può essere considerato un “medley” dei suoi monologhi più famosi, dall’incontro con Berlinguer al periodo passato nel centro di recupero. A differenza del passato, però, di satira politica ce n’è ben poca e questo perché, secondo l’attore, <<Non si può far satira di qualcosa che già è parodia>>.
Nella seconda parte, poi, il gruppo da il via ad uno “spettacolo promozionale”, offrendosi come animatori per matrimoni, funerali, battesimi e feste private, ovviamente il tutto a prezzi più che modici!
Il momento del bis, infine, è dedicato al ricordo di Enzo Jannacci, scomparso il 29 marzo 2013 e considerato da Rossi un “padre” più che un amico.
Al termine dello spettacolo, ciò che resta è il sorriso sui volti degli spettatori e la loro speranza di poter rivedere presto un’altra performance del piccolo/grande comico milanese.
Come c’era da aspettarsi, la sala era piena di gente pronta a farsi trascinare per due ore dall’umorismo piccante e politicamente scorretto del famoso comico milanese.
Quello che Rossi porta sul palco è un esempio di teatro popolare, caratterizzato dall’improvvisazione e dalla presenza di pause e vuoti di memoria ma, come egli stesso tiene a precisare, tutto ciò è il risultato di mesi e mesi di prove.
L’intero spettacolo è durato circa due ore ed è stato diviso in due atti, durante i quali si sono alternati monologhi dell’attore e canzoni proposte dal trio musicale I virtuosi del Carsoche da anni lo accompagnano sulle scene di tutta Italia.
La scenografia è semplice ma allo stesso tempo originale, così come originale è il travestimento del comico, metà diavolo e metà arlecchino, con indosso un cappello con le corna e una giacca piena di post-it sui quali egli riporta gli argomenti da trattare che li venivano in mente quando soffriva d’insonnia.
L’arlecchino di Paolo Rossi è quello dei tempi antichi, il commediante che viene e va dall’aldilà, che parla coi morti e da loro trae insegnamento ed ispirazione.
La scelta di rappresentare la più nota delle maschere è nata da una conversazione avuta nel lontano 1994 con Giorgio Strehler che gli disse <<fai Arlecchino ma alla tua maniera: improvvisa, lascia stare le strutture rigorose di Goldoni, fallo alla Paolo Rossi>>, ma importante fu anche la lettura di un libro di Heinrich Boll, "Opinioni di un clown".
Il risultato è un arlecchino pieno di difetti: vigliacco, nevrotico, insolente ed eccessivamente ironico.
Questo spettacolo può essere considerato un “medley” dei suoi monologhi più famosi, dall’incontro con Berlinguer al periodo passato nel centro di recupero. A differenza del passato, però, di satira politica ce n’è ben poca e questo perché, secondo l’attore, <<Non si può far satira di qualcosa che già è parodia>>.
Nella seconda parte, poi, il gruppo da il via ad uno “spettacolo promozionale”, offrendosi come animatori per matrimoni, funerali, battesimi e feste private, ovviamente il tutto a prezzi più che modici!
Il momento del bis, infine, è dedicato al ricordo di Enzo Jannacci, scomparso il 29 marzo 2013 e considerato da Rossi un “padre” più che un amico.
Al termine dello spettacolo, ciò che resta è il sorriso sui volti degli spettatori e la loro speranza di poter rivedere presto un’altra performance del piccolo/grande comico milanese.