di Michele Tedesco - La prima, Brindisi, in salita, è all’ottantaseiesimo posto su centosette. Seguono Bari, novantunesima, Lecce, centesima, Taranto, centotreesima e Foggia, centocinquesima. La Puglia, a quanto pare, non ne esce proprio incolume dalla classifica stilata da “Il Sole 24 Ore” sulla qualità della vita. Ad avere la peggio il Salento, precipitato di dieci posizioni. A farci compagnia in questa non del tutto onorevole classifica, tutte le altre province meridionali, letteralmente “asfaltate” da quelle del nord in termini di tenore di vita, lavoro, servizi e ordine pubblico. Non è un divario, dunque, ma un vero e proprio solco che separa le regioni settentrionali da quelle meridionali, nonostante la Puglia sia tra le ventuno mete della “Best in World List” del National Geographic dei luoghi da visitare. Il discriminante si pone allorché l’ottica dimensionale temporale separa e distingue "visita" da "vita": il visitare non è il vivere e il brutto (e concreto) di alcuni aspetti, neutralizza spesso il bello (e evidente) di molti altri. Godimento e rodimento chiusi in una coesistenza forzata e ridondante, così lacerante da giustificare una crescita di fenomeni emigratori, con dati sconcertanti che non si discostano poi tanto da quelli degli anni ’50. Basti pensare che sono all’incirca quarantacinquemila i giovani che scelgono di andare a studiare fuori regione, buona parte dei quali con la prospettiva di non tornare indietro. Qualche tempo fa, Alitalia offrì a quanti avessero voluto venirsi a curare dal centro-nord al sud delle tariffe vantaggiose, per quello che si chiama “Quality Sensitive Medical Tourism”, o più semplicemente “Turismo Sanitario”. L’offerta, stranamente, andò deserta. Intelligentibus…