Il pallone quadrato di Gianni Antonucci
di Gio.Ca - Erano le 13,43 di un giorno di gennaio dell'anno in corso ed ero appena sceso dal treno che da un paesino vicino Bari - cui peraltro ero andato con la macchina, ma tornavo in treno perché una situazione 'imprevista' e imprevedibile, che dire cozzasse con la logica è puro eufemismo, così aveva disposto - mi riportava a casa e stavo attraversando a passo veloce piazza Moro per avventurarmi per via Sparano quando una voce amica, garbata e perentoria mi ha sussurrato: ‘Non prendi il pallone quadrato?’ Giratomi di scatto ho visto Ruggiero, meglio conosciuto come l'uomo che ‘sussurrava ai cavalli lettori di libri’, che, in pausa dal lavoro, stava gustando un panino e gli ho risposto con una piccolissima amenità che non vale la pena ripetere. Diventato serio l'uomo immagine della libreria Roma mi ha chiarito che si riferiva all’ultimo libro di Gianniantonucci dal titolo ‘Il pallone quadrato’.
Ho seguito Ruggiero in libreria per acquistare il libro e per ristabilire un rapporto di familiarità ho detto io lo avrei titolato ‘Il pallone ingannato’. I libri di Gianniantonucci sono belli, ricchi di notizie e foto e ci raccontano episodi e fatti che spesso il tifoso dimentica e necessita, quindi, di uno stimolo per richiamare alla memoria la gioia o la delusione provata.
Quando presso il Palace fu presentato il primo volume, di quella serie infinite di gemme che G.A. ci ha regalato, dal titolo 'BARI SI BARI NO' nel lontano 1977 accompagnai all’evento il direttore Aurelio Papandrea e conobbi Gianniantonucci. I miei ricordi, posso sbagliare e mi scuso anticipatamente, visivi includono nel gruppo con cui intavolammo una discussione l’editore del libro Giuseppe Laterza, Andrea Castellaneta, Gino Roca, Roberto e Michele Consiglio, Beppe Lopez e un elegantissimo Paolo Catalano.
Senza nulla togliere agli odierni splendidi volumi curati dal genio editoriale di Mario prima e Giacomo Adda poi, il mio affetto va a testi come il ‘Bari dei Matarrese’, ‘Bari in serie A’ fino a ‘Bari, l’anno del gambero’, libri che mettevano a disposizione di tutti notizie circolate solo fra gli addetti ai lavori. Rileggere oggi quello che scrisse come presentazione a fine 1991 Elio Preite ci rende uomini migliori e cittadini più sobri. La sua attenta disamina del fenomeno Platt e dell'anno del gambero potrebbe essere di enorme aiuto alla famiglia Paparesta. Preite così concludeva il suo intervento: ‘E invece continua, come tutto il resto...’.
Quel volume porta in copertina una splendida intuizione dell’artista Michele Damiani che riesce, da poco frequentatore di cose calcistiche, ad interpretare lo stato d'animo di una città che ancora una volta aveva dovuto dire addio ai sogni di gloria.
Sfogliare ‘IL PALLONE QUADRATO’, il cui progetto grafico si deve al talento e alla professionalità di Vincenzo Valerio, procura piacere visivo e rimpianto misto ad amarezza per un crack che, a mio avviso, poteva essere evitato e ci sarebbe stato ugualmente spazio per le ragioni di tutti. Le storie dei direttori sportivi Perinetti e Angelozzi, del duo Alberti-Zavettieri, di Ghezzal e Sciaudone, di Borghese e Dos Santos, di Stoian e Cani ecc. ecc. meriterebbero un libro a parte: forse verrebbe fuori una verità che i pochi esperti baresi di calcio sanno, ma che, per un gioco del destino che si chiama pallone quadrato, risulta (in)quadrato sotto una luce in cui la verità lascia spazio al verosimile.
Nel calcio non vi sono certezze valide per tutte le stagioni : ma un rigore deve essere gol. Pochi secondi fa ho letto con grande partecipazione, sul nuovo libro targato G.A, la ministoria del ‘maledetto’ pareggio per 2 - 2 con il Latina e mi permetto di dire che stavo cercando di far capire ai tifosi in tribuna ovest di non andare via nei minuti di recupero perché la squadra aveva ancora bisogno di tutto il tifo possibile. In quegli ultimi istanti in cui Delvecchio parlava invece di giocare e Ristovski impattava il pallone che come un siluro procedeva sotto la traversa ci voleva tutto il fiato dei 60.000 per far subire alla sfera la deviazione fatale... ma tutti erano impegnati a guadagnare l’uscita e non è stato possibile realizzare il miracolo. Per inciso un tifoso di Japigia che era alle mie spalle mi ha mollato un gancio perché mi rimproverava di aver chiamato il gol, il ‘meschino’ non capiva che gli ‘eletti’ intuiscono prima degli altri... che si limitano a fare gli elettori. Gli ho offerto volentieri l’altra guancia, perché per i nostri colori simili sacrifici si devono fare. Un Alberti, peraltro uomo di indubbie qualità tecniche e morali, più partecipe avrebbe effettuato il cambio che avrebbe consentito al Bari di vincere la partita e conquistare quella serie A che era già nostra. Se il presidente Paparesta, invece di fare comunella con Emiliano, si fosse spostato da est a ovest ed avesse invocato un vento di levante... la sua avventura sarebbe partita dalla A. Gianniantonucci avrebbe intitolato questo libro ‘PAPARESTA RE di BARI’. Tutto questo inciso per farvi capire quanto sia coinvolgente per un tifoso avere fra le mani un testo targato dalle due G.A. più famose di Bari: Giacomo Adda e Gianni Antonucci (in ordine alfabetico).
Antonucci, nel suo libro affidato all’eternità, non dimentica tutti i giornalisti che negli ultimi anni hanno abbandonato la squadra per volere divino e fa suo quel motto che recita: ‘Ancor più dell’amore, l’amicizia scatta a prima vista’.
Nel libro vi è un medaglione dedicato all’uscita di scena di Saverio De Bellis, capo ufficio stampa del Bari per oltre venti anni, che ha fatto di tutto per essere un uomo squadra al servizio della società, ma da cui mi aspetto un libro verità su una storia che prima o dopo qualcuno dovrà raccontare per rispetto verso i tanti che in buona fede sono cittadini e sportivi baresi fedeli alle Istituzioni.
Antonucci ormai si è lanciato sui libri di grosso formato, che sono ‘ingombranti’ perché difficili da conservare e da dimenticare: ritengo sia un preciso segnale al nuovo corso della società. Il Nostro vuol celebrare qualcosa di importante e allora io mi permetto di ripubblicare qui di seguito quello che scrisse il direttore Giuseppe Giacovazzo nel settembre 1985 come presentazione ad un libro di G.A.
«Dire giornalista come dire avvocato, medico, ingegnere… Non si contano più le specializzazioni, in ogni campo. E tuttavia soltanto nel giornalismo esiste la distinzione tra professionisti e non professionisti. Gianni Antonucci è un tipico esempio di non professionista che in realtà è più specialista di tanti addetti ai lavori, destinati a rimanere generici. La sua è una lunga esperienza di giornalismo che non ha niente del dilettante.
Se vi è una componente che fa di Gianni una figura a sé di giornalista è la passione. Non solo per il calcio ma soprattutto per la squadra del cuore: il Bari. Una passione che non riusciva a mascherare neppure quando seguiva il Bari da inviato di un grande giornale sportivo. E non gli riesce ancora adesso che scrive libri (questo è il terzo) sulla sua amatissima squadra. E non vi riuscirà mai. Lui è condannato a vedere le partite con gli occhiali bianco-rossi, anche se ora ha preso gusto a sfogarsi su una pagina dove riesce meglio a mimetizzare il suo animo di “passionario”. Raccogliere storie e documenti della grande avventura calcistica del Bari è un modo di coltivare lo stesso antico amore, anzi di risalire alle radici, prima che vadano disperse le tracce del passato.
Un passato che quasi s’illumina di luce eroica in questa puntuale rievocazione in cui è racchiuso un valore educante: farci risentire l’umiltà e la povertà delle origini, quando non c’era più alta ricompensa per gli idoli della pedata che la pura passione degli amici. Ed erano una folla festosa, a Bari, già mezzo secolo fa.»
(Bari, settembre 1985 – Giuseppe Giacovazzo).
Queste parole del compianto senatore Giacovazzo vogliono essere un augurio e una speranza per i tanti pubblicisti che in questi giorni si vedono cancellati da un ordine che nel fare ‘pulizia’ dimentica che i buoni propositi non possono essere imposti senza valutare i singoli casi alla presenza di parte e controparte; per dieci che, forse, non meritano non si possono colpire mille che comunque, quasi tutti giovani, sentivano di svolgere un ruolo che ap’pagava’ la loro voglia di esistere... nella carta stampata.
Se venisse applicata tale legge alle presenze dei nostri deputati e senatori quanti andrebbero a casa? Giacovazzo nel lontano 1985 si era posto il problema, dopo sei lustri qualcuno ha trovato la panacea che potrebbe dar vita ad un ‘caos’ di difficile gestione. Gianniantonucci sei un pubblicista di serie A: quante lirette hai messo da parte con la rivista cui hai dato vita per molti anni? Non ai posteri, ma agli ORDINI l’ardua sentenza.
Ho seguito Ruggiero in libreria per acquistare il libro e per ristabilire un rapporto di familiarità ho detto io lo avrei titolato ‘Il pallone ingannato’. I libri di Gianniantonucci sono belli, ricchi di notizie e foto e ci raccontano episodi e fatti che spesso il tifoso dimentica e necessita, quindi, di uno stimolo per richiamare alla memoria la gioia o la delusione provata.
Quando presso il Palace fu presentato il primo volume, di quella serie infinite di gemme che G.A. ci ha regalato, dal titolo 'BARI SI BARI NO' nel lontano 1977 accompagnai all’evento il direttore Aurelio Papandrea e conobbi Gianniantonucci. I miei ricordi, posso sbagliare e mi scuso anticipatamente, visivi includono nel gruppo con cui intavolammo una discussione l’editore del libro Giuseppe Laterza, Andrea Castellaneta, Gino Roca, Roberto e Michele Consiglio, Beppe Lopez e un elegantissimo Paolo Catalano.
Senza nulla togliere agli odierni splendidi volumi curati dal genio editoriale di Mario prima e Giacomo Adda poi, il mio affetto va a testi come il ‘Bari dei Matarrese’, ‘Bari in serie A’ fino a ‘Bari, l’anno del gambero’, libri che mettevano a disposizione di tutti notizie circolate solo fra gli addetti ai lavori. Rileggere oggi quello che scrisse come presentazione a fine 1991 Elio Preite ci rende uomini migliori e cittadini più sobri. La sua attenta disamina del fenomeno Platt e dell'anno del gambero potrebbe essere di enorme aiuto alla famiglia Paparesta. Preite così concludeva il suo intervento: ‘E invece continua, come tutto il resto...’.
Quel volume porta in copertina una splendida intuizione dell’artista Michele Damiani che riesce, da poco frequentatore di cose calcistiche, ad interpretare lo stato d'animo di una città che ancora una volta aveva dovuto dire addio ai sogni di gloria.
Sfogliare ‘IL PALLONE QUADRATO’, il cui progetto grafico si deve al talento e alla professionalità di Vincenzo Valerio, procura piacere visivo e rimpianto misto ad amarezza per un crack che, a mio avviso, poteva essere evitato e ci sarebbe stato ugualmente spazio per le ragioni di tutti. Le storie dei direttori sportivi Perinetti e Angelozzi, del duo Alberti-Zavettieri, di Ghezzal e Sciaudone, di Borghese e Dos Santos, di Stoian e Cani ecc. ecc. meriterebbero un libro a parte: forse verrebbe fuori una verità che i pochi esperti baresi di calcio sanno, ma che, per un gioco del destino che si chiama pallone quadrato, risulta (in)quadrato sotto una luce in cui la verità lascia spazio al verosimile.
Nel calcio non vi sono certezze valide per tutte le stagioni : ma un rigore deve essere gol. Pochi secondi fa ho letto con grande partecipazione, sul nuovo libro targato G.A, la ministoria del ‘maledetto’ pareggio per 2 - 2 con il Latina e mi permetto di dire che stavo cercando di far capire ai tifosi in tribuna ovest di non andare via nei minuti di recupero perché la squadra aveva ancora bisogno di tutto il tifo possibile. In quegli ultimi istanti in cui Delvecchio parlava invece di giocare e Ristovski impattava il pallone che come un siluro procedeva sotto la traversa ci voleva tutto il fiato dei 60.000 per far subire alla sfera la deviazione fatale... ma tutti erano impegnati a guadagnare l’uscita e non è stato possibile realizzare il miracolo. Per inciso un tifoso di Japigia che era alle mie spalle mi ha mollato un gancio perché mi rimproverava di aver chiamato il gol, il ‘meschino’ non capiva che gli ‘eletti’ intuiscono prima degli altri... che si limitano a fare gli elettori. Gli ho offerto volentieri l’altra guancia, perché per i nostri colori simili sacrifici si devono fare. Un Alberti, peraltro uomo di indubbie qualità tecniche e morali, più partecipe avrebbe effettuato il cambio che avrebbe consentito al Bari di vincere la partita e conquistare quella serie A che era già nostra. Se il presidente Paparesta, invece di fare comunella con Emiliano, si fosse spostato da est a ovest ed avesse invocato un vento di levante... la sua avventura sarebbe partita dalla A. Gianniantonucci avrebbe intitolato questo libro ‘PAPARESTA RE di BARI’. Tutto questo inciso per farvi capire quanto sia coinvolgente per un tifoso avere fra le mani un testo targato dalle due G.A. più famose di Bari: Giacomo Adda e Gianni Antonucci (in ordine alfabetico).
Antonucci, nel suo libro affidato all’eternità, non dimentica tutti i giornalisti che negli ultimi anni hanno abbandonato la squadra per volere divino e fa suo quel motto che recita: ‘Ancor più dell’amore, l’amicizia scatta a prima vista’.
Nel libro vi è un medaglione dedicato all’uscita di scena di Saverio De Bellis, capo ufficio stampa del Bari per oltre venti anni, che ha fatto di tutto per essere un uomo squadra al servizio della società, ma da cui mi aspetto un libro verità su una storia che prima o dopo qualcuno dovrà raccontare per rispetto verso i tanti che in buona fede sono cittadini e sportivi baresi fedeli alle Istituzioni.
Antonucci ormai si è lanciato sui libri di grosso formato, che sono ‘ingombranti’ perché difficili da conservare e da dimenticare: ritengo sia un preciso segnale al nuovo corso della società. Il Nostro vuol celebrare qualcosa di importante e allora io mi permetto di ripubblicare qui di seguito quello che scrisse il direttore Giuseppe Giacovazzo nel settembre 1985 come presentazione ad un libro di G.A.
«Dire giornalista come dire avvocato, medico, ingegnere… Non si contano più le specializzazioni, in ogni campo. E tuttavia soltanto nel giornalismo esiste la distinzione tra professionisti e non professionisti. Gianni Antonucci è un tipico esempio di non professionista che in realtà è più specialista di tanti addetti ai lavori, destinati a rimanere generici. La sua è una lunga esperienza di giornalismo che non ha niente del dilettante.
Se vi è una componente che fa di Gianni una figura a sé di giornalista è la passione. Non solo per il calcio ma soprattutto per la squadra del cuore: il Bari. Una passione che non riusciva a mascherare neppure quando seguiva il Bari da inviato di un grande giornale sportivo. E non gli riesce ancora adesso che scrive libri (questo è il terzo) sulla sua amatissima squadra. E non vi riuscirà mai. Lui è condannato a vedere le partite con gli occhiali bianco-rossi, anche se ora ha preso gusto a sfogarsi su una pagina dove riesce meglio a mimetizzare il suo animo di “passionario”. Raccogliere storie e documenti della grande avventura calcistica del Bari è un modo di coltivare lo stesso antico amore, anzi di risalire alle radici, prima che vadano disperse le tracce del passato.
Un passato che quasi s’illumina di luce eroica in questa puntuale rievocazione in cui è racchiuso un valore educante: farci risentire l’umiltà e la povertà delle origini, quando non c’era più alta ricompensa per gli idoli della pedata che la pura passione degli amici. Ed erano una folla festosa, a Bari, già mezzo secolo fa.»
(Bari, settembre 1985 – Giuseppe Giacovazzo).
Queste parole del compianto senatore Giacovazzo vogliono essere un augurio e una speranza per i tanti pubblicisti che in questi giorni si vedono cancellati da un ordine che nel fare ‘pulizia’ dimentica che i buoni propositi non possono essere imposti senza valutare i singoli casi alla presenza di parte e controparte; per dieci che, forse, non meritano non si possono colpire mille che comunque, quasi tutti giovani, sentivano di svolgere un ruolo che ap’pagava’ la loro voglia di esistere... nella carta stampata.
Se venisse applicata tale legge alle presenze dei nostri deputati e senatori quanti andrebbero a casa? Giacovazzo nel lontano 1985 si era posto il problema, dopo sei lustri qualcuno ha trovato la panacea che potrebbe dar vita ad un ‘caos’ di difficile gestione. Gianniantonucci sei un pubblicista di serie A: quante lirette hai messo da parte con la rivista cui hai dato vita per molti anni? Non ai posteri, ma agli ORDINI l’ardua sentenza.
2015-07-25 zhengjx
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