L’amore bugiardo: la recensione

di Frédéric Pascali - La sinistra vicenda della perversa relazione tra un uomo e una donna viene riassunta nella raffigurazione cinematografica di un noir dalle tinte forti, tipiche dell’estro di David Fincher, il demiurgo di cult movie come “Seven” e “The social network”. La pellicola, tratta dall’omonimo bestseller letterario di Gillian Flynn, si contorce in una serie di efferati colpi di scena modulati da una chiave di lettura imperniata su di un psicanalitico richiamo alle tendenze sadomasochistiche dei due protagonisti.

Rientrando a casa, nel giorno del suo quinto anniversario di matrimonio,Nick si trova davanti a una brutta sorpresa. La cucina e il salotto sono a soqquadro e sua moglie, Amy, sembra scomparsa. Le uniche tracce rimaste sono delle macchie di sangue. Lentamente Nick scivola dal ruolo del marito inconsolabile al sospettato numero uno. Con il passare dei giorni emergono i particolari degli ultimi anni di matrimonio tra l’ex giornalista e la bambina prodigio ancora idolatrata dai genitori e dai suoi vecchi fans.
La posizione dell’uomo vacilla. Si scopre che la sua unione con Amy è in crisi da tempo e che ha una relazione con un’altra donna. Quando poi spunta il diario della moglie solo la sorella gemella Margot rimane al suo fianco. Ma non tutto è come appare e il colpo di scena più grande è dietro l’angolo.

“L’amore bugiardo”, “Gone Girl”, si avvale della grande interpretazione della protagonista femminile, Rosamund Pike,  candidata all’Oscar per questo, e della Fotografia, dalla pigmentazione algida e contrastata, di Jeff Cronenweth. Due atout che cementano perfettamente il lavoro di Fincher, sublimandone la personalità e la drammaticità. Felici anche le performance degli altri attori, a cominciare da Ben Affleck, il protagonista maschile.
Negli Stati Uniti gli incassi sono stati decisamente soddisfacenti, mentre in italia il film di Fincher, nonostante la grande concorrenza del periodo, si è affermato come una delle pellicole più interessanti del nuovo anno.

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