Foto: Licci con Almirante durante una manifestazione |
Insegnò lingua e letteratura inglese al “De Viti-De Marco” di Casarano, col Msi-Dn fu vicesindaco nonostante i 12 seggi nell’83 e i 13 nell’84. Per 10 anni (1980-1990) consigliere provinciale (di opposizione, ma “sapeva chiedere e ottenere”, Giacinto Urso, Dc). Stimato da Almirante (in foto, giunto due volte in città , nell’80 e nell’84, sull’onda di risultati elettorali clamorosi), dialoga con Fini (nel ’91 lo accusò di leghismo all’incontrario, di pensare a un Salento “formato bonsai”), altri capi della destra storica ( Rauti, Mennitti, ecc.). Ma, nemo propheta in patria, fu combattuto dai mediocri nel suo partito.
Parabola breve ma intensa. Un background famigliare illustre (un nonno liberale, Giuseppe Cortese, imprenditore d’avanguardia che nel 1926 portò la luce elettrica a Tricase e col fascismo patì 2 anni di confino in Calabria (Girifalco), parentela col poeta simbolista Girolamo Comi e il compositore Niccolò Piccinni, nell’album anche il fratello pittore Sergio, un altro pittore Silvio Zanchi, la cugina del padre, Giulia, poetessa, classe 1925, un nipote, Vittorio, percussionista, ottavo anno al Conservatorio di Parma, lavora con Riccardo Muti (anche una tournèe in Spagna) e ha suonato con Luis Bacalov e Uto Ughi al “Regio”).
“Fascista di culto e democratico di adozione” per lo storico Gigi Montonato (nella biografia “Ennio Licci l’eredità possibile”, EdiPan 2012), figlio di don Vittorio e Giulia, morta a marzo 2014, a 104 anni (ha cantato sino all’ultimo la sua romanza preferita, “Rimpianto”), fine oratore, radicato nella sua città per cui si spese senza requie (nel 1992, dopo molti rinvii, sposò la maestra Paola Saracino). Nel 1996 – ormai nell’orbita del Movimento Neoborbonico e de “Il Sud” del barone Roberto Maria Selvaggi - si candidò al Senato con “Mani Pulite”.
In un tempo in cui la politica – destra vs sinistra - è ridotta a volgare maneggio, sconcio strumento d’arricchimento, spoglia di valenza ideale, dall’oblio emerge la figura di un uomo onesto, che la visse con passione e in certi squarci generosa irruenza, tenendo presente il valore della coerenza, del bene comune, l’interesse della sua comunità (Ruffano e Torrepaduli) e il Salento. Emerge un’onestà intellettuale riconosciuta anche dagli avversari politici di prima repubblica: comunisti, socialisti, dc.
“Vogliono cancellare il nome di Licci, ma non ce la faranno”. Nadia Licci è una donna energica: lotta da anni contro la damnatio memoriae (il “Manifesto per il Salento” in certi snodi è attuale) del fratello: ha fondato il comitato “Amici di Ennio Licci”, aperto un sito dove propone le carte d’archivio. Il busto in bronzo, opera del grande artista Vito Russo, sarà scoperto dall’on. Giacinto Urso il 17 gennaio durante una manifestazione.
Domanda: Dottoressa Licci, politicamente chi fu suo fratello?
Risposta: Un uomo che si è sempre battuto per dare centralità al popolo e dignità al prossimo e, tenace nelle difficoltà e nelle incomprensioni, disposto ad affrontare qualsiasi impresa nonostante avvesse subìto persino aggressioni cruente. La vocazione dello stare insieme lo caratterizza sin da piccolo. Ha cercato sempre la fisicità nei rapporti. Diventa politico sul proprio territorio piantando il seme della giustizia, del coraggio, della coerenza. Rautiano di destra e di sinistra, un politico credente che ha operato con fede e coraggio attingendo all’ Umanesimo mazziniano del padre Vittorio.
D. E umanamente?
R. Fu sempre impegnato nel sociale. Fondò una delle prime radio libere, “Radio Ruffano International”, che trasmetteva programmi di cultura e informazione. Organizzava manifestazioni, teneva comizi. Usciva con manifesti, cartoline, documenti che facevano discutere. Fra l’89 e il ‘90 fu tra i promotori degli “Amici della Tradizione” e della “Città della Domenica”, con cui diede vita a uno dei primi presepi viventi. Promosse iniziative in campo artistico e culturale alla masseria “Maviglia”.
D. Cosa ha fatto per Ruffano?
R. La sistemazione della provinciale Surano-Torrepaduli e poi Surano-Nociglia e la Ruffano-Casarano. L’elettrificazione rurale dell’agro di Ruffano. Nell’87 propose alla Regione l’istituzione dei Comitati Urbanistici Provinciali: non ebbe mai risposta.
D. Chi vorrebbe rimuovere la sua memoria?
R. Nell’aprile del ‘91 fu nominato responsabile dell’ Associazione per la Repubblica Presidenziale per la provincia di Lecce su indicazione della Federazione, che lo invitò alla raccolta delle firme per la petizione popolare per la elezione diretta del Presidente della Repubblica. Godette della stima di Rauti e Fini. Ma alla favorevole disponibilità dei dirigenti lontani fecero da contraltare l’avversione e i boicottaggi di quelli vicini. Così denunciò il commissario della Federazione, Giorgio Bortone, che ostacolava e impediva il lavoro dell’Associazione. Questi personaggi sono tutt’ora in agguato. Su www.enniolicci.it e youtube i dettagli su Poli, Bortone, Ozza, Basurto, ecc.
D. Non una via intitolata, nemmeno la biblioteca comunale per la quale tanto si battè…
R. Fu lettore instancabile e politico totale. La sua è una delle più fornite Biblioteche private del Salento. Profondo conoscitore della Storia, e non solo politico –sociale, ma anche economica, amava i libri e da vicesindaco incrementò e valorizzò il patrimonio bibliotecario corredandolo di numerose e importanti fonti. Ogni qualvolta si citano i volumi del passato si evita volutamente, e non per ignoranza , di citarlo e di riconoscergli il merito di aver fatto restaurare (quindi salvare) le Cinquecentine, le Secentine e le Settecentine. Diversamente sarebbero marcite come sarebbe marcito tutto il contenuto del nostro Archivio Storico. Da Assessore e vicesindaco si prodigò fisicamente ed economicamente a dar vita alla Biblioteca comunale. Si rimboccò le maniche, sudò e si impolverò tra i volumi del Fondo dei Frati Cappuccini per inventariarli, mettendo da parte quelli malridotti che fece poi spedire al laboratorio dei Frati di Noci per il restauro. Comprava libri che leggeva subito e non dimenticava di rifornire (magari di una stessa copia) la Bilioteca comunale, che fu dedicata a un rappresentante della Chiesa cattolica, Don Tonino Bello. Questa scelta ha permesso di zittire i delusi. Così operando si gettano nell’oblio i Compaesani meritevoli di riconoscenza.
D. Nel 1990 uscì il suo “Manifesto per il Salento”: cosa c’era scritto?
R. Fu un numero unico, “Riscossa!”. Fra l’altro scriveva che solo col fascismo il Mezzogiorno entrò a far parte della grande famiglia italiana. Durante il ventennio, sosteneva, i governi destinarono il 50% delle disponibilità finanziarie al Sud. Teorizzò che sua la condizione di colonia era colpa dei grandi partiti: Dc, Pci e Psi. Accusò i governi democratici di aver abbandonato il Sud alla malavita organizzata. Auspicava una rivoluzione culturale e politica che puntasse a risollevare agricoltura e turismo.
D. Richiamato da due plebisciti elettorali, Almirante giunse in città due volte: come andò?
R. Nel 1969 il Msi produceva 40 missini, dopo dieci anni con Licci alla guida 2500. Nel 1980 Ennio fu eletto alla Provincia e Almirante arrivò a Ruffano osannato da una moltitudine missina. Dopo il saluto appassionato di Ennio, ci entusiasmò, ci commosse, ci esaltò donandoci una posività generatrice. Seguì l’affaccio sul balcone per salutare la folla. Un’emozione incontenibile! Nel 1984 nuove elezioni al Comune, il Msi prese 13 consiglieri, ne parlò la stampa nazionale. Giorgio venne la seconda volta per ringraziare Licci e i ruffanesi. Maggio ’85: Licci è eletto per la seconda volta alla Provincia. Almirante gli scrive: “Sono lieto che gli ottimi risultati abbiano coinciso con la tua rielezione”.
D. Anche con Fini ebbe una corrispondenza…
R. Il 21 maggio 1989, a Ruffano, presentò il neo-segretario in Piazza San Francesco. Fini dichiarò “stima e rispetto a Ennio Licci”. Ma se rispettato da Fini, Licci era boicottato dalla Federazione di Lecce nelle persone di Adriana Poli, di Giorgio Bortone con l’aiuto di persone compiacenti e servizievoli. Tanto che alle Politiche gli preferirono Basurto e Ozza. Nel tempo, quando Ennio nel ‘90 uscì con ”Riscossa!”, ricevette una lettera di Fini il 28 settembre con post scriptum “ Il Manifesto per il Salento è inoppugnabile, anche se venato da toni che rieccheggiano un leghismo alla rovescia che dobbiamo saper respingere nel nome dell’unità e dignità nazionale”. Si comprende dunque chiaramente il complotto Tatarella-Fini con l’appoggio incondizionato di Poli e Bortone impegnati a boicottare, a ignorare il Progetto Salento. Ancor oggi, i seguaci di questi indegni rappresentanti della Fiamma Tricolore, con stile Dc, continuano con indifferenza a ignorarlo.
In una lunga lettera del 19 settembre ‘90, Ennio rimprovera la mancanza di determinazione nel partito che si limita a parlare, e citando Ezra Pound aggiunge: “ L’unica cultura che riconosco è quella delle idee che diventano azioni”. Fini si irrita e il 28 gli risponde non più “Caro Ennio” ma “Caro Licci, non capisco cosa tu intenda quando mi chiedi di dare prova concreta del fatto che la mèta del Msi-Dn è ancor oggi la realizzazione dello Stato Corporativo. Da cosa ti risulta che non lo sia più? Ti aspetto a Roma il 17 ottobre”.
D. E’ vero che scrissero una canzone sotto le elezioni?
R. Le canzoni per le Comunali del 1984 furono due: parole di Tonino Riccardo, musiche di Fernando D’Amato. Si possono ascoltare su youtube e sulla pagina facebook ennioliccidaruffanotorrepaduli.
D. Quali intenti si propone il comitato?
R. Nel 2012 , in occasione della presentazione del volume di Montonato è stato costituito il Comitato Culturale “Amici di Ennio Licci” con l’intento di preservare e diffondere il ricordo di Ennio, politico ruffanese, per dieci anni consigliere provinciale, per quasi trenta consigliere comunale di opposizione nella sua Ruffano e per qualche anno anche assessore all’urbanistica e vicesindaco. Il Comitato è impegnato a organizzare convegni e conferenze culturali non solo a Ruffano ma in tutto il Salento, al quale Licci era profondamente legato, sempre vicino ai bisogni della popolazione e impegnato a salvaguardare il patrimonio ambientale e culturale.
D. Lei parla di “tradimento”, di “eredità non raccolta”, di nome usato per cercare il consenso...
R. Sin da subito mio fratello ebbe a lottare contro avversari subdoli e inconoscibili, quelli che Montonato chiama “mascalzoni e trasformisti”, i seguaci di Tatarella e Fini, pronti a sfruttare ogni situazione, i finti pigri, sempre in agguato come gechi...