di Vittorio Polito – Il vento, com’è noto, è un fenomeno naturale determinante per la meteorologia che consiste nel movimento ordinato, quasi orizzontale, di masse d’aria dovuto alla differenza di pressione tra due punti dell’atmosfera. In presenza di due punti con differente pressione si origina una forza detta ‘forza del gradiente di pressione o forza di gradiente’ che agisce premendo sulla massa d’aria per tentare di ristabilire l’equilibrio.
L’iconografia dei venti ha una lunga storia, basti ricordare la celebre Torre di Andronico o Torre dei Venti nell’Agorà di Atene, tuttora esistente.
Nella terminologia corrente i principali venti sono: Bora, Scirocco, Greco, Levante, Libeccio, Maestro, Marino, Mezzogiorno, Ponente, Tramontana. Il problema che interessa oggi non è quello tecnico o meteorologico, ma il fatto che un ingegnere barese, Augusto Carbonara, con il pallino del vernacolo, ha tradotto nel nostro dialetto tutti i nomi dei venti, riscrivendo così i nuovi nomi della “rosa dei venti” e che per maggiore chiarezza si riporta qui di seguito insieme all’originale disegno eseguito da Carbonara. Un regalo per i cultori del dialetto che annoverano una novità nel dizionario dialettale barese.
LA ROSA DEI VENTI
L’iconografia dei venti ha una lunga storia, basti ricordare la celebre Torre di Andronico o Torre dei Venti nell’Agorà di Atene, tuttora esistente.
Nella terminologia corrente i principali venti sono: Bora, Scirocco, Greco, Levante, Libeccio, Maestro, Marino, Mezzogiorno, Ponente, Tramontana. Il problema che interessa oggi non è quello tecnico o meteorologico, ma il fatto che un ingegnere barese, Augusto Carbonara, con il pallino del vernacolo, ha tradotto nel nostro dialetto tutti i nomi dei venti, riscrivendo così i nuovi nomi della “rosa dei venti” e che per maggiore chiarezza si riporta qui di seguito insieme all’originale disegno eseguito da Carbonara. Un regalo per i cultori del dialetto che annoverano una novità nel dizionario dialettale barese.
vave de vìende
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soffio di vento
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vìende de berrine o grecale
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vento da NE grecale
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vìende de garbine o ghelfane
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vento da SW libeccio (del golfo della Sirte)
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vìende de levande
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vento da E levante
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vìende de maìestre o maistrale
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vento da NW maestrale
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vìende de ostralate
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vento da S ostro
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vìende de ponende
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vento da W ponente
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vìende de scerocche
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vento da SE scirocco
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vìende de tramendane
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vento da N tramontana
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vìende de uere
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vento da N borea
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vìende favugne o de ponende
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vento da W favonio o ponente
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vìende ghelfane o garbine
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vento da SW della Sirte
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vìende grecale o berrine
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vento da NE greco
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vìende scorciacrape, iè nu vìende de maistràle fridde
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vento da NW maestrale, quando è freddo
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È il caso di ricordare che nella
scienza dei simboli, i venti, non sono soltanto semplici movimenti dell’aria,
ma manifestazioni soprannaturali che rivelano le intenzioni degli dei. Da una
parte il vento viene considerato inaffidabile, dall’altra se ne constata
l’effetto sensibile, in contrasto con la sua invisibilità.
E dal momento che anche Eolo ha i suoi capricci
meteorologici, anche i proverbi raccontano dei venti ed a corredo dell’argomento ne riporto
qualcuno.
“Il vento non va a letto con la sete” (Perché prima
che il vento cada viene l’acqua);
“Giorno di vento porta maltempo” (È regola generale
della meteorologia popolare che una
tempesta di vento, o una o più giornate ventose, si portino dietro la pioggia o
una serie di piovaschi);
“Vento e bufera lasciano il tempo com’era” (Quando
dopo una tempesta di vento si scatena la pioggia, la situazione
meteorologica riprende la condizione
nella quale si trovava prima dell’arrivo del vento);
“Ogni vento si calma e ogni acqua passa” (Qualunque
pena, fatica, affanno ha una fine certa. Anche il vento più violento non dura e
così ogni temporale);
“Quando piove e tira vento il pescatore perde tempo”
(Col tempo turbato di solito il pesce scende a fondo e si nasconde nelle
grotte, aspettando il sereno per uscire e pascolare: la pesca in questo caso è
vana).
Anche i poeti dialettali si sono interessati ai
venti e riporto una breve poesia di Peppino Santoro
TRAMENDANE
Da “Buongiorne, Bare!”, di Peppino Santoro, Grafiche
Artigiane, Bari 1966.
Jacque e viende, stasére,
U ciele è gnore.
Com’hava jesse amare la nettate!
Addò pìgghie repare
ci no téne ’na case?
La tramendane tàgghie, spézze, schiande.
Quanda fuéche stetate!
Penziere vive, ’nzieme a l’àcque, sbàttene
mbacce a le vidre, e càdene tercènnese.
«Ci chiange dda ffore?
Jonne
tezzuate?»
Jé u viende ca vramésce;
e jind’a l’écchie mj, penziere e larme
tremuéscene
de fridde.
Io
vi auguro di “Andare col vento in poppa” (Procedere felicemente senza
problemi).