Reportage: Isis, oltre la minaccia
di Piero Chimenti - L'Isis (Stato Islamico dell'Iraq e Siria), rappresentata dalla bandiera nera con la scritta in islamico dal significato religioso "Non c'è nessun dio ma Dio, Maometto è il messaggero di Dio", è un califfato autoproclamatosi tra i territori iracheni e siriani guidato da Abu Bakr Al Baghdadi allo scopo di imporre la Sharia (legge divina, a cui l'uomo deve attenersi in cui ci si deve attenere sia nella sfera personale che sociale che prevede la pena di morte in caso di omicidio ingiusto di un musulmano, adulterio, bestemmia nei confronti di Allah, apostasia e in caso di omosessualità).
L'organizzazione nasce nel 2004 col nome di Organizzazione del Tawhid e del Jihad, per poi affiliarsi ad Al Qaida, fino al 29 giugno 2014, quando il califfo dichiara la nascita dello Stato islamico. Il califfato riesce a finanziarsi grazie ai giacimenti d petrolio conquistati in Siria e Iraq oltre alle bache saccheggiate durante il loro percorso di conquista del territorio islamico, oltre alla compravendita di ostaggi, anche se c'è il sospetto che il denaro possa provenire dai sunniti dell' Arabia Saudita e Kuwait. E' accaduto però che alcuni Stati non siano stati disposti a cedere a ricatti e siano stati costretti a vedere i propri connazionali cadere in maniera brutale per mano di questi terroristi come gli ultimi casi del pilota giordano (arso vivo) e dei due giapponesi (a cui è stata tagliata la gola), e prima di loro tanti altri uomini rei di appartenere a Paesi uniti nella coalizione contro il lo Stato islamico. I Paesi Nato coalizzati contro questa forza terroristica sono molteplici e comprendono non solo potenze occidentali ma anche asiatiche. Gli aiuti si dividono in fornitura di aerei e supporto militare in cui l'Italia è impegnata fornendo circa 2,5 mln di dollari in armamenti ed 1 mln di munizioni oltre ad aiuti umanitari che vedono coinvolti in prima linea Stati Uniti, Francia; fornitura di soli aiuti umanitari e di appoggio alla coalizione senza specifiche funzioni. Oltre agli Stati sono in forza organizzazioni come la Lega Araba (Egitto, Iraq, Giordania, Libano, Arabia Saudita e Siria) e l'Unione Europea.
"Alleato" che si sta rivelando sempre più decisivo per i terroristi è il web, con cui riescono a comunicare ed affiliare migliaia di musulmani che non sono riusciti ad integrarsi completamente nella realtà occidentale. Infatti in pochi anni il numero di combattenti si aggira ad 80 mila provenienti da molti Paesi europei. La guerra però non si svolge soltanto nei territori del califfato, infatti non si può dimenticare i giorni di terrori vissuti a Parigi per l'attentato della sede di Charlie Habdo, colpevole di realizzare vignette che irridono il profeta Maometto e le continue minacce che i Paesi del vecchio continente simbolo del Cristianesimo subiscono, facendo innalzare la soglia di guardia. In Italia infatti oltre ad aumentare i controlli sui territori e monumenti considerati "sensibili", ha avviato una serie di espulsioni a chi è sospettato di avere delle simpatie anche tramite i social delle idee jihadiste.
Molti esperti interpellati per definire un'eventuale strategia vincente contro l'Isis nelle loro diverse politiche, trovano punto comune la necessità di trovare un'alternativa ai bombardamenti nei territori coinvolti in quanto potrebbe essere controproducente, rischiando di alterare la realtà dei civili che si trovano nei territori vicini al califfato, col il rischio di nuovi reclutamenti. E allora quali potrebbero essere le altre soluzioni? Le opzioni potrebbero essere quelle di impoverire l'organizzazione terroristica distruggendo i giacimenti di petrolio che sono fondi primaria di sostentamento per la milizia; la seconda prevede invece la diplomazia, confidando che i Paesi confinanti possano risolvere la situazione all'interno dei confini medio-orientali.
L'organizzazione nasce nel 2004 col nome di Organizzazione del Tawhid e del Jihad, per poi affiliarsi ad Al Qaida, fino al 29 giugno 2014, quando il califfo dichiara la nascita dello Stato islamico. Il califfato riesce a finanziarsi grazie ai giacimenti d petrolio conquistati in Siria e Iraq oltre alle bache saccheggiate durante il loro percorso di conquista del territorio islamico, oltre alla compravendita di ostaggi, anche se c'è il sospetto che il denaro possa provenire dai sunniti dell' Arabia Saudita e Kuwait. E' accaduto però che alcuni Stati non siano stati disposti a cedere a ricatti e siano stati costretti a vedere i propri connazionali cadere in maniera brutale per mano di questi terroristi come gli ultimi casi del pilota giordano (arso vivo) e dei due giapponesi (a cui è stata tagliata la gola), e prima di loro tanti altri uomini rei di appartenere a Paesi uniti nella coalizione contro il lo Stato islamico. I Paesi Nato coalizzati contro questa forza terroristica sono molteplici e comprendono non solo potenze occidentali ma anche asiatiche. Gli aiuti si dividono in fornitura di aerei e supporto militare in cui l'Italia è impegnata fornendo circa 2,5 mln di dollari in armamenti ed 1 mln di munizioni oltre ad aiuti umanitari che vedono coinvolti in prima linea Stati Uniti, Francia; fornitura di soli aiuti umanitari e di appoggio alla coalizione senza specifiche funzioni. Oltre agli Stati sono in forza organizzazioni come la Lega Araba (Egitto, Iraq, Giordania, Libano, Arabia Saudita e Siria) e l'Unione Europea.
I due ostaggi giapponesi brutalmente uccisi dal Movimento |
Molti esperti interpellati per definire un'eventuale strategia vincente contro l'Isis nelle loro diverse politiche, trovano punto comune la necessità di trovare un'alternativa ai bombardamenti nei territori coinvolti in quanto potrebbe essere controproducente, rischiando di alterare la realtà dei civili che si trovano nei territori vicini al califfato, col il rischio di nuovi reclutamenti. E allora quali potrebbero essere le altre soluzioni? Le opzioni potrebbero essere quelle di impoverire l'organizzazione terroristica distruggendo i giacimenti di petrolio che sono fondi primaria di sostentamento per la milizia; la seconda prevede invece la diplomazia, confidando che i Paesi confinanti possano risolvere la situazione all'interno dei confini medio-orientali.