Siria: chi ha fatto salire l’asino sul minareto, sa anche come farlo scendere
di Vittorio Polito - Il conflitto in Siria è cominciato come un gioco, ma si sta evolvendo come una terribile guerra civile. Un massacro di civili, di famiglie, di cristiani, ma anche di musulmani. A fornirci spiegazioni, quale testimone oculare è stato monsignor Giuseppe Nazzaro, francescano, Vicario Apostolico di Aleppo in Siria e già Vescovo di Aleppo, che ha tenuto una magistrale conferenza presso il Convento “Santa Fara” di Bari, trattando il tema “La Primavera Siriana, dai Prodromi al Califfato”.
Fra’ Lorenzo Invidia, guardiano del Convento di Santa Fara, ha salutato e presentato l’illustre ospite ricordando alcuni episodi della vita del Vescovo di Aleppo, esperto di fatti siriani.
Tutto è nato, secondo monsignor Nazzaro, come un gioco: su un muro di una scuola era scritto “Abbasso il regime”, da qui è nata una inchiesta per accertare chi era stato. Iniziavano così i movimenti di protesta da parte di coloro che chiedevano riforme, cominciava a vedersi qualche movimento di protesta, certamente di origine non siriano. Successivamente sono intervenuti altri dall’esterno con le armi, insieme a terroristi di professione, e così è iniziata la guerra. E così tutti sparano, tutti ammazzano, tutti bombardano. E chi ne va di mezzo sono i poveri innocenti.
Dice Monsignor Nazzaro: «Non penso di dire un’eresia se affermo che il giovane dottore Bachar El-Assad, dopo alcuni mesi dalla sua elezione alla Presidenza della Repubblica Araba Siriana, ha iniziato immediatamente una serie di riforme per il benessere del paese e dei suoi compatrioti: commercio con l’estero, turismo interno ed estero, soprattutto libertà di movimento, di istruzione per uomini e donne. Le donne libere professioniste in continuo aumento, l’Università aperta a tutti senza distinzione di sesso. Un paese dove vivevano diverse etnie e 23 gruppi religiosi e tutti si rispettavano e si accettavano in quanto facenti parte, come in realtà si ritenevano, di un’unica realtà e figli di un unico paese che era la Siria, casa e Patria comune a tutti. Dal punto di vista religioso tutti erano liberi di esercitare e vivere il loro credo rispettati ed accettati da tutti.
I cristiani siriani, dopo l’Egitto, costituivano la comunità più numerosa del Medio Oriente. Erano circa il 10-11% su una popolazione totale di circa 23.500.000, godevano di una legislazione propria per quanto riguarda i tribunali ecclesiastici, l’eredità, l’adozione dei bambini (cosa non ammessa dalla Legge islamica), ecc. Le relazioni con tutti erano improntate sul reciproco rispetto. Dobbiamo dire, ad onore del vero che, dopo il viaggio del Pontefice oggi San Giovanni Paolo II, effettuato nel Maggio del 2001, il popolo siriano e gli intellettuali hanno preso una maggiore coscienza riconoscendo ai cristiani siriani un ruolo non irrilevante nel paese ed hanno contribuito in modo determinante al benessere della Siria. Tutto questo si concretizza in maniera pubblica ed ufficiale quando in diverse circostanze il Grand Moufti di Siria, Dott. Badr Ed-Dine Hassoun, dichiara pubblicamente che “i cristiani sono cittadini siriani a tutti gli effetti, la Siria è la loro casa, fanno male ad abbandonarla, dovunque andranno, saranno sempre degli estranei, mentre in Siria no, perché sono a casa propria”, e questo fu il messaggio che lo stesso Mufti inviò al Sommo Pontefice al momento in cui rientrava in Italia l’allora Nunzio Apostolico, S.E. Monsignor Giovanni Battista Morandini».
Monsignor Nazzaro si mostra molto addolorato dell’attuale situazione in Siria, poiché rappresenta una delle zone più calde del mondo arabo, mentre prima del conflitto era definita la Svizzera orientale, per il perfetto equilibrio che regnava tra tutte le forze religiose e le etnie che convivevano ad Aleppo, una delle città più popolose del nord del Paese. Oggi la situazione è veramente grave. Infatti Aleppo è abitata da varie etnie: arabi, turchi, armeni e, inoltre, si mescolano diverse religioni rendendola quindi “colorata” per la diversità di usi e costumi che si trovano in questa grande città. La guerra in Siria è iniziata circa quattro anni fa, mentre il mondo guardava con speranza l’onda della Primavera araba ma così non è stato. La situazione è peggiorata al punto che il territorio siriano è diventato la base per la nascita e la crescita dell’Isis.
Il 23 giugno 2013, sempre i guerriglieri della Jabhat al-Nusra uccisero, nel convento francescano di Ghassanieh, il P. François Mourad. Avevo visitato questo villaggio il venerdì 22 marzo 2013 e vi trovai, dopo l’esodo obbligato da parte dei terroristi, meno di 20 persone tra cui due sacerdoti e tre Suore. Tutti, in seguito all’uccisione di P. François, furono evacuati. Oggi il villaggio è totalmente in mano ai terroristi.
Come potete notare, le decapitazioni sono iniziate ben due anni prima, nessuno ne ha mai tenuto conto, eccetto il sottoscritto che l’ha denunziato al mondo intero ma non s’è dato credito alle sue parole. Tirate le conclusioni che volete!
Come potrebbe essere risolto il conflitto? Nel mondo arabo, ricorda Nazzaro, vi è un proverbio che dice “Chi ha fatto salire l’asino sul minareto, sa anche come farlo scendere”, nel senso che chi ha provocato questo disastro sa bene anche come risolverlo. Ha moderato l’incontro Alba Nardone.
Fra’ Lorenzo Invidia, guardiano del Convento di Santa Fara, ha salutato e presentato l’illustre ospite ricordando alcuni episodi della vita del Vescovo di Aleppo, esperto di fatti siriani.
Tutto è nato, secondo monsignor Nazzaro, come un gioco: su un muro di una scuola era scritto “Abbasso il regime”, da qui è nata una inchiesta per accertare chi era stato. Iniziavano così i movimenti di protesta da parte di coloro che chiedevano riforme, cominciava a vedersi qualche movimento di protesta, certamente di origine non siriano. Successivamente sono intervenuti altri dall’esterno con le armi, insieme a terroristi di professione, e così è iniziata la guerra. E così tutti sparano, tutti ammazzano, tutti bombardano. E chi ne va di mezzo sono i poveri innocenti.
Dice Monsignor Nazzaro: «Non penso di dire un’eresia se affermo che il giovane dottore Bachar El-Assad, dopo alcuni mesi dalla sua elezione alla Presidenza della Repubblica Araba Siriana, ha iniziato immediatamente una serie di riforme per il benessere del paese e dei suoi compatrioti: commercio con l’estero, turismo interno ed estero, soprattutto libertà di movimento, di istruzione per uomini e donne. Le donne libere professioniste in continuo aumento, l’Università aperta a tutti senza distinzione di sesso. Un paese dove vivevano diverse etnie e 23 gruppi religiosi e tutti si rispettavano e si accettavano in quanto facenti parte, come in realtà si ritenevano, di un’unica realtà e figli di un unico paese che era la Siria, casa e Patria comune a tutti. Dal punto di vista religioso tutti erano liberi di esercitare e vivere il loro credo rispettati ed accettati da tutti.
I cristiani siriani, dopo l’Egitto, costituivano la comunità più numerosa del Medio Oriente. Erano circa il 10-11% su una popolazione totale di circa 23.500.000, godevano di una legislazione propria per quanto riguarda i tribunali ecclesiastici, l’eredità, l’adozione dei bambini (cosa non ammessa dalla Legge islamica), ecc. Le relazioni con tutti erano improntate sul reciproco rispetto. Dobbiamo dire, ad onore del vero che, dopo il viaggio del Pontefice oggi San Giovanni Paolo II, effettuato nel Maggio del 2001, il popolo siriano e gli intellettuali hanno preso una maggiore coscienza riconoscendo ai cristiani siriani un ruolo non irrilevante nel paese ed hanno contribuito in modo determinante al benessere della Siria. Tutto questo si concretizza in maniera pubblica ed ufficiale quando in diverse circostanze il Grand Moufti di Siria, Dott. Badr Ed-Dine Hassoun, dichiara pubblicamente che “i cristiani sono cittadini siriani a tutti gli effetti, la Siria è la loro casa, fanno male ad abbandonarla, dovunque andranno, saranno sempre degli estranei, mentre in Siria no, perché sono a casa propria”, e questo fu il messaggio che lo stesso Mufti inviò al Sommo Pontefice al momento in cui rientrava in Italia l’allora Nunzio Apostolico, S.E. Monsignor Giovanni Battista Morandini».
Monsignor Nazzaro si mostra molto addolorato dell’attuale situazione in Siria, poiché rappresenta una delle zone più calde del mondo arabo, mentre prima del conflitto era definita la Svizzera orientale, per il perfetto equilibrio che regnava tra tutte le forze religiose e le etnie che convivevano ad Aleppo, una delle città più popolose del nord del Paese. Oggi la situazione è veramente grave. Infatti Aleppo è abitata da varie etnie: arabi, turchi, armeni e, inoltre, si mescolano diverse religioni rendendola quindi “colorata” per la diversità di usi e costumi che si trovano in questa grande città. La guerra in Siria è iniziata circa quattro anni fa, mentre il mondo guardava con speranza l’onda della Primavera araba ma così non è stato. La situazione è peggiorata al punto che il territorio siriano è diventato la base per la nascita e la crescita dell’Isis.
Il 23 giugno 2013, sempre i guerriglieri della Jabhat al-Nusra uccisero, nel convento francescano di Ghassanieh, il P. François Mourad. Avevo visitato questo villaggio il venerdì 22 marzo 2013 e vi trovai, dopo l’esodo obbligato da parte dei terroristi, meno di 20 persone tra cui due sacerdoti e tre Suore. Tutti, in seguito all’uccisione di P. François, furono evacuati. Oggi il villaggio è totalmente in mano ai terroristi.
Come potete notare, le decapitazioni sono iniziate ben due anni prima, nessuno ne ha mai tenuto conto, eccetto il sottoscritto che l’ha denunziato al mondo intero ma non s’è dato credito alle sue parole. Tirate le conclusioni che volete!
Come potrebbe essere risolto il conflitto? Nel mondo arabo, ricorda Nazzaro, vi è un proverbio che dice “Chi ha fatto salire l’asino sul minareto, sa anche come farlo scendere”, nel senso che chi ha provocato questo disastro sa bene anche come risolverlo. Ha moderato l’incontro Alba Nardone.