Xylella: intervento Pino Romano su Piano commissario Silletti
BARI - Un intervento del capogruppo Pd alla Regione Puglia, Pino Romano, sul Piano del commissario Silletti. "Sono molti i punti - spiega Romano - nel piano del commissario Silletti che per gli agricoltori pugliesi rischiano di essere più fastidiosi della Xylella. In particolare, non sembrano chiari i temi per la realizzazione delle sue diverse fasi, tra cui l’aratura e la potatura; così come quali siano le spese a carico degli agricoltori, e quali gli incentivi e i risarcimenti per loro. Nel piano, infatti, non sembra esserci alcun rimborso per chi espianta.
Per fare un esempio dei necessari chiarimenti sulla tempistica, - prosegue - si pensi che il Piano operativo propone di effettuare la aratura, che precede la potatura, entro il mese di aprile: speriamo non si stia parlando dell’anno prossimo. Ma, soprattutto, non è chiaro da dove debba cominciare l’eradicazione. L’Europa chiede di provvedere a una fascia ampia 15 Km, con una eradicazione che vada dal mare Adriatico allo Ionio. Bene: da dove si inizia? La zona non è ben definita e, se si considera che c’è stato un altro caso di Xylella a Cellino San Marco, si comprende quanto sia più ampia del previsto la portata del fenomeno.
Inoltre, il Piano prevede 13 milioni di euro solo per gli interventi negli spazi pubblici e per le azioni di monitoraggio, ma non c’è neanche un centesimo per i proprietari degli ulivi, anche quelli secolari, il cui costo medio di abbattimento è stimato in 120 euro. Questa somma, del resto, andrà all’impresa che abbatte e non a chi subisce l’abbattimento. Oggi, considerata la crisi in cui versa il settore, anche il costo di eradicazione, di aratura, di potatura radicale e di ipotetico reimpianto, rappresentano un costo insostenibile per l’azienda e soprattutto per le migliaia di singoli piccoli proprietari. Occorre dunque trovare forme di sostegno pubblico a queste azioni, altrimenti fra qualche anno potremmo parlare di altro, con un’area vasta desertificata.
Quanto al monitoraggio, è senza dubbio una azione condivisibile e strategica. Ma, visto i tempi di propagazione della malattia, diviene importante la sua tempistica. Inoltre, non si comprende se il personale chiamato (Consorzi agrari) abbia ricevuto un piano di formazione professionalizzante, e neppure se il monitoraggio sia in grado di individuare le piante infette che, però, non presentano sintomi. Si sa che la malattia, oltre all’ulivo, può aggredire anche il mandorlo, il ciliegio, la ginestra, le piante ornamentali e, vista la sua propagazione, occorre chiarire quale tempo intercorre tra la conclusione del monitoraggio e la messa in azione delle azioni previste.
Con l’estate alle porte, e visto quanto accaduto nel Leccese, - si chiede Romano - ci si è chiesti cosa accadrà se il piano di messa in sicurezza non parte?
Probabilmente, sarebbe opportuno se il monitoraggio previsto, data l’urgenza degli interventi, non sia utile centralizzarlo presso lo Iam (l’Istituto Agronomico del Mediterraneo con sede a Valenzano). Oppure, in alternativa, riconoscendo allo stesso Iam una sorta di supervisione, se non sia utile utile coinvolgere tutti i centri di riferimento sul territorio regionale?
Quanto agli allarmismi, sono d’accordo che non bisogna cedervi mai, ma non serve neppure sottovalutare il fenomeno. Sono consapevole che l’America combatte con la xylella da molti anni, ma da noi il genoma appare modificato geneticamente. Da qui l’importanza della ricerca che dev’essere al centro di ogni decisione.
Il fatto concreto è che la Puglia, con gli ulivi secolari azzoppati, è un’altra Regione, con un altro paesaggio e una differente attrattività turistica. Quindi è davvero urgente procedere con un monitoraggio rapido; un’azione efficace attraverso agenti fitosanitari compatibili; con la costruzione di una azione di sostegno (finanziario, fiscale o di reimpianto) ai piani operativi decisi, e che giunga nelle tasche degli operatori del settore; e con la definizione di poteri sanzionatori che rendano concretamente applicabile il piano operativo.
Infine, non posso non esprimere la preoccupazione che l’indirizzo tranciante di eradicazione da parte dell’Europa, sottintenda a un processo di riduzione della base terriera utilizzata per la coltivazione degli ulivi. Un po’ come quello che accadde qualche decennio fa con le politiche di espianto per il settore viticolo. Del resto, l’eradicazione di circa 3 milioni di piante, rispetto ai milioni di ettari coltivati ad ulivo (Spagna, Sud della Francia, Portogallo, Grecia, ecc.) sono solo un granello di sabbia", conclude Romano.
Per fare un esempio dei necessari chiarimenti sulla tempistica, - prosegue - si pensi che il Piano operativo propone di effettuare la aratura, che precede la potatura, entro il mese di aprile: speriamo non si stia parlando dell’anno prossimo. Ma, soprattutto, non è chiaro da dove debba cominciare l’eradicazione. L’Europa chiede di provvedere a una fascia ampia 15 Km, con una eradicazione che vada dal mare Adriatico allo Ionio. Bene: da dove si inizia? La zona non è ben definita e, se si considera che c’è stato un altro caso di Xylella a Cellino San Marco, si comprende quanto sia più ampia del previsto la portata del fenomeno.
Inoltre, il Piano prevede 13 milioni di euro solo per gli interventi negli spazi pubblici e per le azioni di monitoraggio, ma non c’è neanche un centesimo per i proprietari degli ulivi, anche quelli secolari, il cui costo medio di abbattimento è stimato in 120 euro. Questa somma, del resto, andrà all’impresa che abbatte e non a chi subisce l’abbattimento. Oggi, considerata la crisi in cui versa il settore, anche il costo di eradicazione, di aratura, di potatura radicale e di ipotetico reimpianto, rappresentano un costo insostenibile per l’azienda e soprattutto per le migliaia di singoli piccoli proprietari. Occorre dunque trovare forme di sostegno pubblico a queste azioni, altrimenti fra qualche anno potremmo parlare di altro, con un’area vasta desertificata.
Quanto al monitoraggio, è senza dubbio una azione condivisibile e strategica. Ma, visto i tempi di propagazione della malattia, diviene importante la sua tempistica. Inoltre, non si comprende se il personale chiamato (Consorzi agrari) abbia ricevuto un piano di formazione professionalizzante, e neppure se il monitoraggio sia in grado di individuare le piante infette che, però, non presentano sintomi. Si sa che la malattia, oltre all’ulivo, può aggredire anche il mandorlo, il ciliegio, la ginestra, le piante ornamentali e, vista la sua propagazione, occorre chiarire quale tempo intercorre tra la conclusione del monitoraggio e la messa in azione delle azioni previste.
Con l’estate alle porte, e visto quanto accaduto nel Leccese, - si chiede Romano - ci si è chiesti cosa accadrà se il piano di messa in sicurezza non parte?
Probabilmente, sarebbe opportuno se il monitoraggio previsto, data l’urgenza degli interventi, non sia utile centralizzarlo presso lo Iam (l’Istituto Agronomico del Mediterraneo con sede a Valenzano). Oppure, in alternativa, riconoscendo allo stesso Iam una sorta di supervisione, se non sia utile utile coinvolgere tutti i centri di riferimento sul territorio regionale?
Quanto agli allarmismi, sono d’accordo che non bisogna cedervi mai, ma non serve neppure sottovalutare il fenomeno. Sono consapevole che l’America combatte con la xylella da molti anni, ma da noi il genoma appare modificato geneticamente. Da qui l’importanza della ricerca che dev’essere al centro di ogni decisione.
Il fatto concreto è che la Puglia, con gli ulivi secolari azzoppati, è un’altra Regione, con un altro paesaggio e una differente attrattività turistica. Quindi è davvero urgente procedere con un monitoraggio rapido; un’azione efficace attraverso agenti fitosanitari compatibili; con la costruzione di una azione di sostegno (finanziario, fiscale o di reimpianto) ai piani operativi decisi, e che giunga nelle tasche degli operatori del settore; e con la definizione di poteri sanzionatori che rendano concretamente applicabile il piano operativo.
Infine, non posso non esprimere la preoccupazione che l’indirizzo tranciante di eradicazione da parte dell’Europa, sottintenda a un processo di riduzione della base terriera utilizzata per la coltivazione degli ulivi. Un po’ come quello che accadde qualche decennio fa con le politiche di espianto per il settore viticolo. Del resto, l’eradicazione di circa 3 milioni di piante, rispetto ai milioni di ettari coltivati ad ulivo (Spagna, Sud della Francia, Portogallo, Grecia, ecc.) sono solo un granello di sabbia", conclude Romano.
Tags:
Politica