di Vittorio Polito - “Voglio togliere l’acqua del mare” è il nuovo romanzo di Piero Fabris, noto scrittore, pluripremiato, edito dalla FaLvision, con foto di Daniela Ciriello. Le immagini di copertina e quelle presenti all’interno del volume sono tratte dal progetto fotografico ”Simpaticamente autistico”, la cui mostra è avvenuta lo scorso febbraio. Inoltre, il testo si è classificato al secondo posto, nella narrativa edita, per il Premio Letterario Osservatorio 2015.
Attraverso una scrittura dallo stile semplice e asciutto si racconta la vita quotidiana di un ragazzo autistico, Dario, il suo mondo e i piccoli passi per raggiungere un po’ di autonomia. Sua madre, Rachele, è un’eroina moderna descritta con infinita sensibilità e che si districa in un vero e proprio dedalo, tra un marito che non accetta la patologia del proprio figlio né le responsabilità, incapace di reagire agli eventi, una famiglia in gran parte ostile, e una società distante e indifferente.
Ma cos’è l’autismo? L’autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo pervasivo dello sviluppo e si manifesta con gravi deficit delle aree della comunicazione, (turbe del linguaggio), dell’interazione sociale (disturbi delle capacità relazionali, con tendenza all’isolamento), dell’immaginazione (uso inappropriato di oggetti), ecc.
Il testo di Fabris, anche se è un romanzo, intende sollevare, sensibilizzare e informare sulle capacità, le modalità di comunicazione e le reali potenzialità delle persone con disturbi autistici, perché si abbattano tutte le barriere, i luoghi comuni, e le istituzioni si impegnino in maniera più massiccia.
Affascinante è l’analogia tra l’autismo e la fiaba ‘La regina delle nevi’ di Andersen, ispirata da un saggio di Maristella Buonsante, nota psichiatra, che vede proprio tale fiaba come metafora dell’autismo. A rappresentarla è il personaggio di Donna Olimpia, anziana signora desiderosa di trasmettere ai suoi nipoti dei sani valori insieme a una buona cultura (rappresentata in particolare dalle fiabe di Hans Christian Andersen, Jacob e Wilhelm Grimm e Charles Dickens) e amore per il proprio prossimo.
Tutte le fiabe citate, da ’La regina delle nevi’ a ‘Cigni selvatici’ e ‘Il compagno di viaggio’, fino alle più conosciute come ‘Pollicino’ o ’La Bella addormentata nel bosco’, impreziosiscono il testo di Fabris (appassionato di fiabe, leggende e miti, oltre che studioso di simboli) come piccole pietre preziose.
Di grande importanza è anche il personaggio di Tiziana, giovane medico che non si piega alle regole sociali e non si lascia sedurre dal dio denaro, non ama camici né titoli o carriere ma, quasi volendo sovvertire un intero sistema, applica il proprio sapere senza chiedere nulla in cambio. Infatti, Tiziana racconta d’aver rinunciato a una «splendida carriera» perché, non riuscendo a «respirare in quegli studi eleganti», spinta da un forte senso di insoddisfazione, è «scesa in piazza con gli ultimi» per battersi in favore dei bisogni della gente e da loro pari!
Gli aspetti su cui il testo vuol far riflettere sono molteplici. Come descritto nelle vicende narrate, spesso la nascita di un figlio disabile altera completamente l’equilibrio familiare, sconvolge perfino la normale (o la più comune) vita giornaliera e dal quel momento nulla è più come prima, inoltre richiede, per chiunque, un grande spirito di adattamento. Psicologicamente, l’arrivo di un disabile in una famiglia provoca gravi crisi, si ha l’impressione che il proprio mondo stia per crollare, che la vita sia finita; ma dall’istante in cui la disabilità diventa sinonimo di una quotidiana normalità allora tutto sembra cambiare, e niente può apparire realmente insormontabile con un corretto aiuto da parte delle istituzioni, e con una rete di cooperazione tra genitori, educatori, insegnanti, assistenti sociali e medici. Quest’ultimo aspetto viene sottolineato più volte da Fabris attraverso la viva voce di Rachele.
Tra i tanti ostacoli che i genitori di un figlio disabile si trovano ad affrontare si fa avanti il comportamento di una società che troppo spesso, quasi in maniera inconsapevole, si chiude in un proprio perbenismo utopistico e ostentando pietà prende le distanze per paura, ignoranza o pregiudizio.
“Voglio togliere l’acqua del mare” merita d’essere letto non solo da chi è interessato all’argomento, perché coinvolto in prima persona, ma anche dagli operatori che ogni giorno si impegnano nel sociale per integrare le persone con disturbi autistici per migliorare la qualità di vita di questi soggetti.
Attraverso una scrittura dallo stile semplice e asciutto si racconta la vita quotidiana di un ragazzo autistico, Dario, il suo mondo e i piccoli passi per raggiungere un po’ di autonomia. Sua madre, Rachele, è un’eroina moderna descritta con infinita sensibilità e che si districa in un vero e proprio dedalo, tra un marito che non accetta la patologia del proprio figlio né le responsabilità, incapace di reagire agli eventi, una famiglia in gran parte ostile, e una società distante e indifferente.
Ma cos’è l’autismo? L’autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo pervasivo dello sviluppo e si manifesta con gravi deficit delle aree della comunicazione, (turbe del linguaggio), dell’interazione sociale (disturbi delle capacità relazionali, con tendenza all’isolamento), dell’immaginazione (uso inappropriato di oggetti), ecc.
Il testo di Fabris, anche se è un romanzo, intende sollevare, sensibilizzare e informare sulle capacità, le modalità di comunicazione e le reali potenzialità delle persone con disturbi autistici, perché si abbattano tutte le barriere, i luoghi comuni, e le istituzioni si impegnino in maniera più massiccia.
Affascinante è l’analogia tra l’autismo e la fiaba ‘La regina delle nevi’ di Andersen, ispirata da un saggio di Maristella Buonsante, nota psichiatra, che vede proprio tale fiaba come metafora dell’autismo. A rappresentarla è il personaggio di Donna Olimpia, anziana signora desiderosa di trasmettere ai suoi nipoti dei sani valori insieme a una buona cultura (rappresentata in particolare dalle fiabe di Hans Christian Andersen, Jacob e Wilhelm Grimm e Charles Dickens) e amore per il proprio prossimo.
Tutte le fiabe citate, da ’La regina delle nevi’ a ‘Cigni selvatici’ e ‘Il compagno di viaggio’, fino alle più conosciute come ‘Pollicino’ o ’La Bella addormentata nel bosco’, impreziosiscono il testo di Fabris (appassionato di fiabe, leggende e miti, oltre che studioso di simboli) come piccole pietre preziose.
Di grande importanza è anche il personaggio di Tiziana, giovane medico che non si piega alle regole sociali e non si lascia sedurre dal dio denaro, non ama camici né titoli o carriere ma, quasi volendo sovvertire un intero sistema, applica il proprio sapere senza chiedere nulla in cambio. Infatti, Tiziana racconta d’aver rinunciato a una «splendida carriera» perché, non riuscendo a «respirare in quegli studi eleganti», spinta da un forte senso di insoddisfazione, è «scesa in piazza con gli ultimi» per battersi in favore dei bisogni della gente e da loro pari!
Gli aspetti su cui il testo vuol far riflettere sono molteplici. Come descritto nelle vicende narrate, spesso la nascita di un figlio disabile altera completamente l’equilibrio familiare, sconvolge perfino la normale (o la più comune) vita giornaliera e dal quel momento nulla è più come prima, inoltre richiede, per chiunque, un grande spirito di adattamento. Psicologicamente, l’arrivo di un disabile in una famiglia provoca gravi crisi, si ha l’impressione che il proprio mondo stia per crollare, che la vita sia finita; ma dall’istante in cui la disabilità diventa sinonimo di una quotidiana normalità allora tutto sembra cambiare, e niente può apparire realmente insormontabile con un corretto aiuto da parte delle istituzioni, e con una rete di cooperazione tra genitori, educatori, insegnanti, assistenti sociali e medici. Quest’ultimo aspetto viene sottolineato più volte da Fabris attraverso la viva voce di Rachele.
Tra i tanti ostacoli che i genitori di un figlio disabile si trovano ad affrontare si fa avanti il comportamento di una società che troppo spesso, quasi in maniera inconsapevole, si chiude in un proprio perbenismo utopistico e ostentando pietà prende le distanze per paura, ignoranza o pregiudizio.
“Voglio togliere l’acqua del mare” merita d’essere letto non solo da chi è interessato all’argomento, perché coinvolto in prima persona, ma anche dagli operatori che ogni giorno si impegnano nel sociale per integrare le persone con disturbi autistici per migliorare la qualità di vita di questi soggetti.