di Nicola Ricchitelli – Non vi è stato giorno in cui in ogni singolo silenzio si sia fatta preghiera. A Santa Maria Maggiore è giunta la meglio gioventù di questa Barletta che grazie a Lei non potrà mai dirsi abbandonata a se stessa.
Dinanzi a Lei la Barletta che non appare più nelle scene della vita quotidiana – a dispetto di quella che si fa i selfie in suo nome dinanzi al suo quadro - e che non ha più una vita, i licenziati che ancora non hanno licenziato Dio: dinanzi al quadro dello Sterpeto è giunta tutta la Barletta della porta accanto, da Borgovilla a Sette Frati, da Patalini fino ad arrivare ai quartiere nuovi della 167. Ai suoi piedi e con il suo manto anche la Barletta più insospettabile si è asciugata le lacrime di un quotidiano diventato troppo duro per essere vissuto.
A Lei hanno chiesto, implorato e chiesto di nuovo, di nuovo e un’altra volta ancora. Per più di 30 giorni non vi è stata Barletta che non le ha regalato un fiore, un sospiro, una lacrima; non vi è stata Barletta che a Lei non ha affidato una speranza, non certo sogni di gloria, al massimo quelli di normalità.
E li hanno visti quegli occhi, gli occhi inumiditi di giovani a cui hanno chiuso le porte del futuro in faccia, lì dritte sul muso in quelle messe delle 6 del mattino, mentre invano le omelie tentavano di avere un peso.
E le ha viste quelle mamme, appena un passo dietro di loro, le hanno parlato da mamma a Mamma, hanno pianto da mamma a Mamma chiedendo Lei che i loro figli non restassero più figli di un Dio minore.
Dinanzi a Lei sono stati tutti figli suoi, siamo stati tutti figli suoi, ognuno con i propri peccati e ognuno con le proprie colpe. Dinanzi a Lei si sono disintegrati orgogli e illusioni, si sono fatti veri i sogni e concrete le speranze, ha disintegrato i sensi di colpa, ha reso sopportabili umiliazioni e sfruttamenti, ha reso sopportabili mariti che oramai non hanno che da fare la spola tra case e bar, ha reso sopportabili mogli che guardano oltre l’uscio di casa.
“A Madon’n andò e sciout?”. Sarà forse questa, poi, l’immagine più curiosa di questo mese mariano. Il tutto prende forma qualche settimana fa – era l’11 maggio per la precisione – quando un gruppetto di attempate devote – in cattedrale – in una via di mezzo tra lo sbigottito e lo smarrimento si ritrovano dinanzi al trono vacante mentre Lei era sulla strada che conduceva dritta alla sofferenza assiepata nelle stanze dell’ospedale “R.Dimiccoli”.
Interessante fuori programma che ci si augura si possa ripetere negli anni a venire, magari migliorando la comunicazione, per evitare inutili scene di smarrimento.
E domani tra le strade che dalla cattedrale di Santa Maria Maggiore conducono al Santuario dello Sterpeto, vi sarà tutta quella Barletta sopra descritta impegnata in un lungo cammino. Chi con una preghiera e chi con una candela, cantando e pregando, la città di Barletta e i barlettani rinnoveranno il patto di fede secolare che tra Lei e la città vige da secoli. Arrivederci Maria, ancora 30 giorni e la tua città ti farà festa!
Dinanzi a Lei la Barletta che non appare più nelle scene della vita quotidiana – a dispetto di quella che si fa i selfie in suo nome dinanzi al suo quadro - e che non ha più una vita, i licenziati che ancora non hanno licenziato Dio: dinanzi al quadro dello Sterpeto è giunta tutta la Barletta della porta accanto, da Borgovilla a Sette Frati, da Patalini fino ad arrivare ai quartiere nuovi della 167. Ai suoi piedi e con il suo manto anche la Barletta più insospettabile si è asciugata le lacrime di un quotidiano diventato troppo duro per essere vissuto.
A Lei hanno chiesto, implorato e chiesto di nuovo, di nuovo e un’altra volta ancora. Per più di 30 giorni non vi è stata Barletta che non le ha regalato un fiore, un sospiro, una lacrima; non vi è stata Barletta che a Lei non ha affidato una speranza, non certo sogni di gloria, al massimo quelli di normalità.
E li hanno visti quegli occhi, gli occhi inumiditi di giovani a cui hanno chiuso le porte del futuro in faccia, lì dritte sul muso in quelle messe delle 6 del mattino, mentre invano le omelie tentavano di avere un peso.
E le ha viste quelle mamme, appena un passo dietro di loro, le hanno parlato da mamma a Mamma, hanno pianto da mamma a Mamma chiedendo Lei che i loro figli non restassero più figli di un Dio minore.
Dinanzi a Lei sono stati tutti figli suoi, siamo stati tutti figli suoi, ognuno con i propri peccati e ognuno con le proprie colpe. Dinanzi a Lei si sono disintegrati orgogli e illusioni, si sono fatti veri i sogni e concrete le speranze, ha disintegrato i sensi di colpa, ha reso sopportabili umiliazioni e sfruttamenti, ha reso sopportabili mariti che oramai non hanno che da fare la spola tra case e bar, ha reso sopportabili mogli che guardano oltre l’uscio di casa.
“A Madon’n andò e sciout?”. Sarà forse questa, poi, l’immagine più curiosa di questo mese mariano. Il tutto prende forma qualche settimana fa – era l’11 maggio per la precisione – quando un gruppetto di attempate devote – in cattedrale – in una via di mezzo tra lo sbigottito e lo smarrimento si ritrovano dinanzi al trono vacante mentre Lei era sulla strada che conduceva dritta alla sofferenza assiepata nelle stanze dell’ospedale “R.Dimiccoli”.
Interessante fuori programma che ci si augura si possa ripetere negli anni a venire, magari migliorando la comunicazione, per evitare inutili scene di smarrimento.
E domani tra le strade che dalla cattedrale di Santa Maria Maggiore conducono al Santuario dello Sterpeto, vi sarà tutta quella Barletta sopra descritta impegnata in un lungo cammino. Chi con una preghiera e chi con una candela, cantando e pregando, la città di Barletta e i barlettani rinnoveranno il patto di fede secolare che tra Lei e la città vige da secoli. Arrivederci Maria, ancora 30 giorni e la tua città ti farà festa!