di Francesco Greco - “Sempre più disperata dentro l'anima...”. E' l'incipit della celebre poesia di Alfonso Gatto “Notte di Natale”. Il poeta, nato a Salerno il 17 luglio 1909, era di casa in Salento: faceva parte infatti dell'Accademia dell'Albero fondata dal poeta simbolista Girolamo Comi negli Anni Cinquanta a Lucugnano, nel Capo di Leuca.
Insieme alla filologa e scrittrice milanese Maria Corti (“L'ora di tutti”, long-seller Bompiani), lo scrittore Cosimo Corvaglia (“Finisterrae”), il poeta Vittorio Bodini (“La luna dei Borboni”), l'altro poeta leccese Vittorio Pagano e qualcun altro che di tanto in tanto s'aggiungeva al convivio letterario.
Si vedevano periodicamente a Palazzo Comi e discutevano il menabò della rivista omonima. Il prossimo anno, 2016, cadrà l'anniversario della morte improvvisa del poeta (antologizzato da un bellissimo Meridiano Mondadori) salernitano.
Una svista di Wikipedia, che lo porta morto a Orbetello (Toscana) il 6 marzo 1976, è l'occasione per riparlare del grande poeta sempre in attesa di essere ripubblicato, affinché anche le nuove generazioni entrino in confidenza con la delicatezza delle sue liriche.
E lo facciamo con lo scultore pugliese Vito Russo, che in quei giorni dell'inverno 1976 (febbraio) esponeva le sue opere a Roma, galleria Condotti, via Margutta, 52. Gatto vi si affacciò con una giovanissima amica (era sposato e aveva quattro figli), che presentò al maestro Russo. Ammirò le sue opere e si rammaricò: “Ah se ti avessi conosciuto prima... Queste opere in legno sono bellissime!”. Probabilmente gli ispiravano qualche buon verso. Il poeta tornò più volte in galleria e i due artisti diventarono amici.
Forse aveva un presentimento, poiché una ventina di giorni dopo ci fu, di sera tardi e sotto una pioggia battente, l'incidente che gli costò la vita. Ma non a Orbetello, bensì sul Grande raccordo Anulare di Roma. Il poeta aveva 67 anni.
Alla guida dell'auto c'era la bellissima amica, che però si salvò. Cosa ricorda Russo (che aveva appena 28 anni) del poeta? “Aveva la pelle bruna, bellissimi occhi celesti, indossava sempre un cappotto invernale, di colore grigio... Di cosa parlavamo, oltre che di scultura e di poesia? Del Salento, che conosceva bene, di Lucugnano, della rivista l'Albero... Un grande poeta e un grande uomo. Tre settimane dopo che ero tornato in Salento, appresi la brutta notizia dell'incidente...”.
“Sempre più disperata dentro l'anima / di memoria in memoria a dire pioggia...”.
Insieme alla filologa e scrittrice milanese Maria Corti (“L'ora di tutti”, long-seller Bompiani), lo scrittore Cosimo Corvaglia (“Finisterrae”), il poeta Vittorio Bodini (“La luna dei Borboni”), l'altro poeta leccese Vittorio Pagano e qualcun altro che di tanto in tanto s'aggiungeva al convivio letterario.
Si vedevano periodicamente a Palazzo Comi e discutevano il menabò della rivista omonima. Il prossimo anno, 2016, cadrà l'anniversario della morte improvvisa del poeta (antologizzato da un bellissimo Meridiano Mondadori) salernitano.
Una svista di Wikipedia, che lo porta morto a Orbetello (Toscana) il 6 marzo 1976, è l'occasione per riparlare del grande poeta sempre in attesa di essere ripubblicato, affinché anche le nuove generazioni entrino in confidenza con la delicatezza delle sue liriche.
E lo facciamo con lo scultore pugliese Vito Russo, che in quei giorni dell'inverno 1976 (febbraio) esponeva le sue opere a Roma, galleria Condotti, via Margutta, 52. Gatto vi si affacciò con una giovanissima amica (era sposato e aveva quattro figli), che presentò al maestro Russo. Ammirò le sue opere e si rammaricò: “Ah se ti avessi conosciuto prima... Queste opere in legno sono bellissime!”. Probabilmente gli ispiravano qualche buon verso. Il poeta tornò più volte in galleria e i due artisti diventarono amici.
Forse aveva un presentimento, poiché una ventina di giorni dopo ci fu, di sera tardi e sotto una pioggia battente, l'incidente che gli costò la vita. Ma non a Orbetello, bensì sul Grande raccordo Anulare di Roma. Il poeta aveva 67 anni.
Alla guida dell'auto c'era la bellissima amica, che però si salvò. Cosa ricorda Russo (che aveva appena 28 anni) del poeta? “Aveva la pelle bruna, bellissimi occhi celesti, indossava sempre un cappotto invernale, di colore grigio... Di cosa parlavamo, oltre che di scultura e di poesia? Del Salento, che conosceva bene, di Lucugnano, della rivista l'Albero... Un grande poeta e un grande uomo. Tre settimane dopo che ero tornato in Salento, appresi la brutta notizia dell'incidente...”.
“Sempre più disperata dentro l'anima / di memoria in memoria a dire pioggia...”.
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Cultura e Spettacoli