ROMA - Dopo i brillanti successi ottenuti con due short movie precedenti, il regista tarantino Danilo Caputo, classe '84, si ripresenta al pubblico questa volta cimentandosi nel suo primo lungometraggio dal titolo emblematico: “ La mezza stagione”. Il film, che fa centro vincendo per l’Italia alla XIV edizione del RIFF (Rome Indipendent Film Festival 7-15 maggio 2015) è un piccolo grande gioiello d’arte cinematografica. Audace nella suanon ovvietà, rileva un leggero connotato di non facile lettura in prima istanza, tant’è la complessità dei quadri narrativi trattati i quali, in modo apparentemente banale, ritraggono invece in maniera assolutamente realistica il quotidiano della provincia italiana. Indipendente come produzione, in questi 90 minuti di film Caputo mette mano a un suo soggetto, già selezionato al Campus della Berlinale e poi sviluppato con Valentina Strada.
Per far ciò viene utilizzato un cast di quasi tutti non professionisti, Giovanni (precario, esaurito), Cesare (aspirante musicista, temporaneamente portiere d'albergo e collega di Giovanni), Sissi (tormentata nei sogni dal padre appena defunto, che le chiede con insistenza una sua camicia). Ma l'attore principale di questi veri e propri quadri realistico-esistenziali di una vita senza tempo, incerta e ambigua, che già nel titolo del filmha le sue radici, è senza dubbio lo spettatore. Il regista Caputo, facendo quasi a meno della sceneggiatura “classica”, in questo feature si affida invece buone volteall'uso della camera fissa e di una fotografia asciutta, molto concreta che “parla” quasi da sola, esaltando in questo modo il momento della scena.
Padrone indiscusso di queste immagini edei suoni, tratti nudi e crudi da un piccolo centro non definito del Sud Italia, rimane pertanto sempre lo stesso spettatore cui, tra l'altro, il regista lascia a disposizione tutto l’istante,affinchè quanto visto e udito sia opportunamente interiorizzarlo. Suoni e rumori appunto, a loro voltaprimo segmento di “La mezza stagione”, sono imbastiti senza soluzione di continuità, sino a rappresentare l'audio-core del film, grazie anche alla loro incisiva presa diretta e editing elaborati da Francesco Albertelli, Gianluigi Gallo e Marco Saitta. Siamo qui alla sospensione del tempo che, per il regista Danilo Caputo, fissa le esistenze degli stessi personaggi e dei luoghi, bloccandoli alla scena proposta (che poi è la vita), in una sorta di attimo senza spazio e senza tempo, i quali esaltano la debolezza e a volte la sconfitta. Un film da vedere e, soprattutto, rivedere.
(Floriano Cartanì)
Per far ciò viene utilizzato un cast di quasi tutti non professionisti, Giovanni (precario, esaurito), Cesare (aspirante musicista, temporaneamente portiere d'albergo e collega di Giovanni), Sissi (tormentata nei sogni dal padre appena defunto, che le chiede con insistenza una sua camicia). Ma l'attore principale di questi veri e propri quadri realistico-esistenziali di una vita senza tempo, incerta e ambigua, che già nel titolo del filmha le sue radici, è senza dubbio lo spettatore. Il regista Caputo, facendo quasi a meno della sceneggiatura “classica”, in questo feature si affida invece buone volteall'uso della camera fissa e di una fotografia asciutta, molto concreta che “parla” quasi da sola, esaltando in questo modo il momento della scena.
Padrone indiscusso di queste immagini edei suoni, tratti nudi e crudi da un piccolo centro non definito del Sud Italia, rimane pertanto sempre lo stesso spettatore cui, tra l'altro, il regista lascia a disposizione tutto l’istante,affinchè quanto visto e udito sia opportunamente interiorizzarlo. Suoni e rumori appunto, a loro voltaprimo segmento di “La mezza stagione”, sono imbastiti senza soluzione di continuità, sino a rappresentare l'audio-core del film, grazie anche alla loro incisiva presa diretta e editing elaborati da Francesco Albertelli, Gianluigi Gallo e Marco Saitta. Siamo qui alla sospensione del tempo che, per il regista Danilo Caputo, fissa le esistenze degli stessi personaggi e dei luoghi, bloccandoli alla scena proposta (che poi è la vita), in una sorta di attimo senza spazio e senza tempo, i quali esaltano la debolezza e a volte la sconfitta. Un film da vedere e, soprattutto, rivedere.
(Floriano Cartanì)