Laudato Sì: “Umanità e natura alleate”. Parla Mons. Angiuli

di Francesco Greco - Nel solco delle encicliche “sociali” del Novecento. Dalla “Rerum Novarum” (Leone XIII, 1891) alla “Populorum Progressio” (Paolo VI, 1967). “Laudato Sì” è stata diffusa da poche ore ma ha già suscitato un dibattito serrato e profondo. Pone domande radicali cui non si può sfuggire, essere evasivi, politically correct. A credenti e non. A tutti gli uomini di buona volontà se solo vogliono vivere in dialettica col loro tempo, responsabilizzarsi sui destini del mondo e i loro, ridare linfa alla propria vita, influire sulle scelte di domani, prossimi quasi al default, al tunnel viscido del non ritorno.
 
Ora nessuno può girarsi dall'altra parte: “frate vento” sfiora tutti. 192 pagine in cui i toni di Papa Francesco sono vibranti, in certi snodi le accuse si trasfigurano quasi in “scomunica”. Nessuno sfugge: finanza predatrice che oscura “frate sole”, multinazionali dedite solo al profitto, banche risanate, dal 2008, sulla pelle dei popoli, “sor'acqua” negata a un miliardo di persone in aree della terra sempre più desertificate, diritto alla felicità (e qui brilla l'eco della Costituzione Usa) calpestato, uomo umiliato e offeso. Il pianeta sfruttato, depredato senza limiti, globalizzazione rapace e senza etica, popoli scacciati dalla loro terra, raminghi per il mondo, affidati a “sora luna e le stelle”.    
 
Un Papa “verde”, s'è scritto. Ma ambientalista (oltre che teologo illuminato e raffinato filosofo) è anche Vito Angiuli, Vescovo della Diocesi Ugento - S. Maria di Leuca (nella foto col Sommo Pontefice), a maggio eletto dalla Cei Presidente della Commissione per il Laicato in Italia: un barese “adottato” nel 2010 dal Salento, terra che sente sua, tanto da intervenire a sit-in, marce, flash-mob (No-Triv off-shore, xylella, ecc.). Background che lo sintonizza col Pontefice, dandogli autorevolezza in materia.

Eccellenza, “Laudato Sì” pone al centro la natura, tema su cui Bergoglio era intervenuto anche in passato: se l'aspettava?
Certo che me l’aspettavo! Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco aveva trattato temi di carattere ambientale. In questi ultimi mesi, egli stesso aveva preannunziato la pubblicazione dell’enciclica in tempi relativamente brevi. D’altra parte, i primi numeri dell’enciclica (cfr. nn. 3-6) riportano gli insegnamenti dei precedenti Pontefici, a partire da san Giovanni XXIII, a dimostrazione che la questione ecologica era già stata presa in considerazione. Bisogna inoltre sottolineare che l’enciclica non mette al centro solo la natura, ma presenta un orizzonte più ampio includendo anche la dimensione sociale, culturale e umana.

Trova assonanze, sovrapposizioni semantiche col messaggio di san Francesco, di otto secoli fa?
Il riferimento al pensiero di san Francesco è esplicitato dal Pontefice ai nn. 10-12. L’intenzione di ricollegarsi alla visione francescana non è sottintesa o semplicemente allusiva, ma chiaramente espressa. Queste le parole dell’enciclica: «Non voglio procedere in questa Enciclica senza ricorrere a un esempio bello e motivante». Si noti l’utilizzo del verbo “voglio” a indicare la volontà esplicita di papa Francesco di ricollegarsi all’insegnamento e soprattutto all’esempio di san Francesco; un esempio definito “bello e motivante”.

Il Papa dice che siamo alle prese con infinite emergenze ambientali, incalzati da “frate focu” sia in Italia che sull'intero pianeta: politici indifferenti, spesso collusi, coscienza civica fragile: che futuro ci aspetta?
L’analisi della situazione economica, l’enucleazione delle emergenze sociali, i riferimenti ai disastri ambientali occupano gran parte dell’enciclica. Come sottolinea lo stesso Pontefice, lo scopo dell’enciclica non consiste solo nel richiamare i princìpi che devono regolare l’agire dell’uomo, ma nel prendere in esame le questioni più urgenti e nel ripresentarle sinteticamente e con chiarezza perché spingano al cambiamento delle politiche economiche e sociali. L’enciclica è un appello alla responsabilità di tutti. Queste le parole di Papa Francesco: «Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti» (n. 14).

Lei interviene spesso sui media e nelle manifestazioni in difesa di “sora nostra madre terra”, per uno sviluppo sostenibile e rispettoso: cosa può fare di concreto la Chiesa ogni giorno?
L’enciclica è indirizzata alla Chiesa e ad ogni uomo. L’ultima parte (la sesta), intitolata “educazione e spiritualità ecologica” offre alcuni orientamenti utili per il credente e per il non credente. Il primo appello è di «puntare su un altro stile di vita» (cfr. nn. 203-208).  Il secondo richiamo è di «educare all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente» (cfr. nn. 209-215). A tutti è rivolto l’invito alla «conversione ecologica» (cfr. nn. 216-221). Quasi a mo’ di inclusione, l’enciclica parte da san Francesco e alla fine ritorna al Poverello d’Assisi.  «Ricordiamo il modello di san Francesco d’Assisi, - scrive il Pontefice - per proporre una sana relazione col creato come una dimensione della conversione integrale della persona. Questo esige anche di riconoscere i propri errori, peccati, vizi o negligenze, e pentirsi di cuore, cambiare dal di dentro» (n. 218).

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