Altamura. Via alla cementificazione del “Parco degli Ulivi”. L’assessore Loizzo: “non ne sapevamo nulla”. Colonna: “in passato la questione non risolta per interessi di persone presenti anche questa volta in maggioranza”

di Roberto Berloco - Altamura. Sul “Parco degli Ulivi” ormai è fatta. Sarebbe giunta ad epilogo una delle vicende più annose che si ricordino nella memoria amministrativa della città.

La storia inizia nei primi anni del decennio scorso, quando vengono iniziate le canoniche procedure per l’approvazione di due progetti edificatori all’interno di una zona compresa tra via La Carrera, via Baracca e via IV Novembre, più nota come “Parco degli Ulivi” o “suolo Rossi” - dal nome dei proprietari originari della parte più ampia dell’area interessata. Nelle intenzioni la creazione di una struttura polifunzionale con la missione di centro sociale ed un’altra per una scuola di danza e attività terapeutiche.

Le istanze di concessione edilizia vengono presentate secondo i crismi di legge, rispettando anche, cioè, la destinazione urbanistica dell’area, che il piano regolatore indirizza a servizi (Zona F1 - attrezzature e impianti di interesse generale). Senonchè il luogo, almeno per la sua porzione più estesa, è occupato da alberi di ulivo secolare e si presta naturalmente alla vocazione di parco urbano.

La prima Amministrazione comunale ad occuparsi della questione è quella con a capo Rachele Popolizio. Sono della sua giunta due atti propedeutici, le delibere 336 dell’Agosto del 2003 e 397 del Luglio 2004. Ad accendersi allora, però, invece di un verde fu piuttosto un semplice arancione.

Poiché di fatto, con quei due documenti, più che preparare il terreno per un’autorizzazione a costruire, il Governo di centro-sinistra imbastiva un’indagine di settore con lo scopo di verificare se certe ambizioni ad edificare fossero compatibili con le linee di sviluppo socio-economico che, in quel momento, s’intendevano garantire al territorio urbano, “in un quadro armonico con le reali esigenze espresse dalla Comunità altamurana tutta …”.

L’atteggiamento del Governo municipale di allora non piacque ai fratelli Rossi, allora proprietari del suolo maggiore, e non piacque alla “Se.ge.co. s.r.l.”, l’impresa titolare dei diritti edificatori su quello: insieme entrarono in causa con il Comune, reclamando la prosecuzione del procedimento iniziato. Una causa che si consumò davanti al Tribunale Amministrativo Regionale e che, va detto, il Comune perse.

Il progresso decisionale, però, si perfeziona solo a distanza di circa dieci anni, nel Giugno del 2013, con la mossa di due distinte delibere, che sanciscono l’approvazione conclusiva dei progetti da parte della giunta presieduta da Mario Stacca. La prima dà il via libera alla realizzazione di un centro polifunzionale da adibire a servizi socio-culturali in quello che viene soprannominato “suolo Rossi”. La seconda concede di costruire un edificio destinato a scuola di danza e ad attività terapeutiche. sul cosiddetto “suolo Stasolla” - o, meglio, una minima porzione rimasta non edificata di quello che veniva chiamato così - attiguo all’altro ma assai meno esteso e privo di alberazione. Il totale della volumetria sviluppata sfiora i 24.000 metri cubi.

Fino a questo momento, inoltre, da parte del dentista altamurano, non risultano segnali ufficiali verso un’ipotesi di delocalizzazione dei volumi in punti alternativi dell’abitato, ossia la soluzione invocata con ostinazione da organismi civici e diverse forze dell’Opposizione consiliare dell’epoca.

Dall’ufficio del sindaco quei segnali giungeranno ed anche decisi, ma solo dopo quel paio di atti, quando cioè il caso finisce per esplodere in tutta la sua sociale drammaticità, considerando la posta in gioco: uno degli ultimi polmoni verdi del paese, per giunta composto di ulivi di pregio storico.

Si muovono forze politiche, anime ambientaliste, semplici cittadini: tutti uniti per impedire la perdita del prezioso spazio naturale, uno dei pochi rimasti dentro un paese violentato da un cemento non di rado spietato verso le esigenze dell’armonia civile.

Sono pure le scosse di un terremoto d’indignazione popolare di fatto a condurre l’Amministrazione comunale a ricordare pubblicamente una scadenza già concordata, quello del 7 Dicembre scorso. Entro e non oltre questa data il Governo municipale s’impegnava, delegando il compito agli uffici tecnici, ad individuare aree alternative dove si sarebbero potuti trasferire i diritti edificatori vantati sui suoli contestati. E si ipotizzavano finanche meccanismi di premialità per incoraggiare verso questo finale.

Senonchè quel giorno trascorse senza che l’Amministrazione riuscisse nell’intento di soddisfare le esigenze dell’impresa, ma pure senza che il procedimento venisse perfezionato con la firma del permesso a costruire.

Curiosamente quest’ultimo particolare stenta ad emergere durante i primi mesi di quest’anno, dedicati all’organizzazione della campagna elettorale anche da parte del sindaco uscente Stacca, che riuscirà sconfitto nella corsa per le Regionali.

Ora la vicenda del “Parco degli Ulivi” riemerge all’attenzione collettiva. Accade durante questi ultimi giorni, solo per il particolare di quell’atto dovuto che è il permesso a costruire, concesso legittimamente all’impresa, anche se dopo un’attesa durata ben oltre il termine tecnico stabilito.

Dal canto dell’attuale Amministrazione l’assessore pro-tempore Nicola Fedele Loizzo assicura che la comunicazione dell’atto in questione è avvenuta, nel corso di una riunione di giunta presieduta dal primo cittadino, solo nella mattina del 9 di Luglio, appunto a procedimento definitivamente chiuso e che, fino a quel momento, “non ne sapevamo nulla”.


Giacinto Forte
Nessuna dichiarazione e nessun comunicato, invece, da parte dell’attuale sindaco Giacinto Forte. Un silenzio che si protrae ancora oggi e che lascia quantomeno perplessi, considerando che l’insegnante altamurano, fino all’altro ieri, era uno dei più accesi oppositori alla cementificazione dell’area.

Non a caso, esattamente due anni fa, l’allora consigliere regionale Forte accusava di “mentalità palazzinara” il suo predecessore, al quale di fatto contestava, con tono critico, di non aver espresso riserve in sede di approvazione delle concessioni e di non aver lavorato già da prima sulla soluzione di posti alternativi dove spostare i volumi.

Delle tante voci di protesta che, adesso come in passato, furoreggiano anche in siti e canali telematici, si segnala quella del consigliere comunale uscente Enzo Colonna. “Sapevano benissimo che c'era questa "cosa”” - tuona - “ne abbiamo parlato tantissime volte, anche più volte, in campagna elettorale”.

E aggiunge: “l'esito amministrativo conferma quanto a più riprese abbiamo sospettato denunciato: le false promesse e i comunicati stampa propalati ad uso propaganda sono stati tanti in questi anni. Al Potere cittadino, prima e ora, in perfetta continuità, solo parole a vuoto. Prima e ora, forti, sì, ma a chiacchiere”.

E conclude, riferendosi a Forte: “al posto suo avrei sollecitato il dirigente a riesaminare l'iter con un atto di impulso della giunta”.

“La questione” - rincalza Lillino Colonna, un altro degli storici fautori della delocalizzazione dei volumi - “si poteva risolvere proponendo ai proprietari un piano di edilizia residenziale sociale (ERS). Nel passato non si è risolta per interessi di persone presenti anche questa volta in questa maggioranza”.

Dunque la vicenda parrebbe corredarsi di nuovi aspetti, con l’emergere di una sostanziale linea di continuità tra l’Amministrazione precedente e l’attuale già in alcuni dei suoi iniziali passi nevralgici.

Intanto, dal fronte delle reazioni civiche, è solo della scorsa settimana una manifestazione d’interesse sul tema, mentre sono già in programma nuovi appuntamenti per i prossimi giorni. Uno collocato a mercoledì prossimo, alle ore 19.30, in via fratelli Cagnazzi, per volontà del “Comitato cittadino per la tutela del Parco degli Ulivi”.

Tecnicamente l’iter è concluso. All’impresa non rimane che dare inizio ai lavori di edificazione dentro il perimetro contestato. L’unica ed ultima speranza sarebbe quella di provocare solertemente un riesame delle delibere decisive, quelle che portano la firma di Mario Stacca e di quasi tutti i suoi assessori del periodo. Una speranza ciondolante dalle dita dell’attuale capo dell’Amministrazione comunale, ma in assenza di segnali da parte di questi e con l’impresa con tutte le carte in regola, compresa l’ultima del permesso a costruire, somiglia sempre più ad un miraggio che si possa impedire la perdita di uno degli ultimi tesori naturali del paese.