Bari, 28 luglio 1943: fu strage badogliana in Via Dell’Arca
di Nicola Zuccaro - Bari, mercoledì 28 luglio 1943. In una mattinata di piena estate, si diffonde in città la notizia dell'imminente scarcerazione dei detenuti
politici appartenenti all'ampia coalizione antifascista. Un gruppo di giovani, composto, in prevalenza, da lavoratori e studenti si muove per andare loro incontro.
Si forma, inaspettatamente, un corteo di circa 200 persone diretto dal centro cittadino verso il locale carcere giudiziario, ubicato in quella che all'epoca era toponomasticamente denominata Corso Sicilia. All'arrivo in Via Niccolò Dell'Arca, dove aveva sede la Federazione barese del fascio, i manifestanti chiedono la rimozione dei simboli di quel Fascismo, decaduto 3 giorni prima con la riunione fiume del Gran Consiglio.
Dalle finestre della Federazione, rigidamente sorvegliata dai soldati dell'Esercito, da poche ore agli ordini del Generale Pietro Badoglio, parte il fuoco. Secondo una testimonianza rilasciata da Franco Sorrentino, i colpi furono provocati da un sergente del Battaglione San Marco in licenza che, con la sua pistola di ordinanza, sparò de colpi in aria, al punto da provocare la reazione col fuoco dei militari. In quella sparatoria rimasero ferite 38 persone e ne morirono 20, fra cui il 16enne Graziano Fiore; fratello di Vittore e figlio del più noto meridionalista Tommaso, quest'ultimo anch'egli detenuto a Bari.
A distanza di 72 anni, gran parte della storiografia italiana continua a sostenere la matrice fascista di quella "carneficina", ma l'evoluzione del quadro politico-istituzionale consequenziale alla caduta del Fascismo nei giorni successivi al 25 luglio 1943 induce a sostenere che a Bari fu commessa la prima strage dopo il " Ventennio" di matrice esclusivamente badogliana.
Si forma, inaspettatamente, un corteo di circa 200 persone diretto dal centro cittadino verso il locale carcere giudiziario, ubicato in quella che all'epoca era toponomasticamente denominata Corso Sicilia. All'arrivo in Via Niccolò Dell'Arca, dove aveva sede la Federazione barese del fascio, i manifestanti chiedono la rimozione dei simboli di quel Fascismo, decaduto 3 giorni prima con la riunione fiume del Gran Consiglio.
Dalle finestre della Federazione, rigidamente sorvegliata dai soldati dell'Esercito, da poche ore agli ordini del Generale Pietro Badoglio, parte il fuoco. Secondo una testimonianza rilasciata da Franco Sorrentino, i colpi furono provocati da un sergente del Battaglione San Marco in licenza che, con la sua pistola di ordinanza, sparò de colpi in aria, al punto da provocare la reazione col fuoco dei militari. In quella sparatoria rimasero ferite 38 persone e ne morirono 20, fra cui il 16enne Graziano Fiore; fratello di Vittore e figlio del più noto meridionalista Tommaso, quest'ultimo anch'egli detenuto a Bari.
A distanza di 72 anni, gran parte della storiografia italiana continua a sostenere la matrice fascista di quella "carneficina", ma l'evoluzione del quadro politico-istituzionale consequenziale alla caduta del Fascismo nei giorni successivi al 25 luglio 1943 induce a sostenere che a Bari fu commessa la prima strage dopo il " Ventennio" di matrice esclusivamente badogliana.