Ilva: via libera Cdm a decreto stop blocco afo2. Peacelink, “chiederemo intervento Ue”
ROMA - C'è il via libera da parte del Consiglio dei ministri ad un unico decreto che, a quanto si apprende da fonti ministeriali, contiene le misure per impedire il blocco dell'altoforno 2 dell'Ilva e per sbloccare la aree dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone, sequestrate dal tribunale di Gorizia.
WWF: "NUOVO DECRETO E' BRUTTO SEGNALE" - Per il WWF Italia, parte civile nel processo Ilva, il nuovo provvedimento, ben l'ottavo in due anni, per salvare l'acciaieria ex Italsider, varato ieri dal Governo rappresenta "un gran brutto segnale: ambiente e salute sono ancora soccombenti rispetto agli interessi economici". L'associazione ambientalista sostiene che si tratta di un "brutto segnale" anche sul profilo istituzionale poiché il fatto che il governo debba intervenire con decreto "dimostra come la Magistratura di Taranto abbia applicato una norma di legge vigente: il diritto viene quindi scavalcato dalla politica e non è purtroppo la prima volta".
PEACELINK: "CHIEDEREMO INTERVENTO UE" - ''Non appena sarà disponibile il testo del nuovo decreto, che priva gravemente la magistratura dei poteri di tutela che le sono propri, PeaceLink lo invierà ai competenti organi europei perché l'Italia sia deferita alla Corte di Giustizia dell'Ue''. Lo annuncia in una nota il presidente di Peacelink Alessandro Marescotti commentando il via libera da parte del Consiglio dei ministri al decreto che contiene le misure per impedire il blocco dell'altoforno 2 dell'Ilva, sequestrato nell'ambito dell'inchiesta sulla morte dell'operaio Alessandro Morricella, e per sbloccare la aree dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone, sequestrate dal tribunale di Gorizia.
''Contemporaneamente - aggiunge Marescotti - prepareremo un dossier aggiornato per Amnesty International in cui vogliamo documentare come il governo italiano stia ripetutamente calpestando a Taranto i diritti umani''. L'ambientalista ricorda che ''nel luglio del 2004 a Genova, nel quartiere di Cornigliano, accadde un grave incidente nell'altoforno dell'Ilva di Genova. Provocò una grave fuoriuscita di ghisa, un incendio, una dozzina di feriti e una profonda impressione in fabbrica''.
In quella occasione ''i lavoratori scesero in sciopero'' e ''il sindaco di Genova chiese lo smantellamento dell'area a caldo e la contemporanea riallocazione dei lavoratori. A Taranto invece - osserva il presidente di Peacelink - il governo decreta con legislazione d'urgenza non il fermo dell'altoforno ma il fermo della magistratura. Tale legislazione d'urgenza mira non ad applicare il principio di precauzione ma a far proseguire il pericolo. Siamo di fronte ad un mondo rovesciato. Siamo di fronte ad un inquietante caso di razzismo ambientale, che prevede la prosecuzione a tutti i costi a Taranto - conclude l'ambientalista - di quelle attività pericolose che sono state rifiutate a Genova''.
WWF: "NUOVO DECRETO E' BRUTTO SEGNALE" - Per il WWF Italia, parte civile nel processo Ilva, il nuovo provvedimento, ben l'ottavo in due anni, per salvare l'acciaieria ex Italsider, varato ieri dal Governo rappresenta "un gran brutto segnale: ambiente e salute sono ancora soccombenti rispetto agli interessi economici". L'associazione ambientalista sostiene che si tratta di un "brutto segnale" anche sul profilo istituzionale poiché il fatto che il governo debba intervenire con decreto "dimostra come la Magistratura di Taranto abbia applicato una norma di legge vigente: il diritto viene quindi scavalcato dalla politica e non è purtroppo la prima volta".
Il Wwf Italia non sottovaluta affatto il gravissimo problema occupazionale del Paese, ma evidenzia che l'espressione "La priorità è salvare i posti di lavoro", con cui il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha commentato su Facebook l'approvazione del decreto che consentirà il funzionamento dell'alto forno 2 dell'Ilva di Taranto chiuso dalla Magistratura dopo un incidente mortale, "è la stessa usata da molti suoi predecessori tra gli anni '70 e '90 quando si trattò di Marghera o di Bagnoli, di Gela o dell'Acna di Cengio, di Genova Coroglio o di Piombino, di Porto Torres e della stessa Ilva ormai giunta appunto all'ottavo decreto".
"Voltare pagina rispetto al passato - sottolinea il Wwf - significa anche un'evoluzione culturale che permetta di non ricadere nel ricatto occupazionale che ha caratterizzato tutto il dibattito italiano delle industrie a rischio e delle aree di bonifica. Significa dunque avere il coraggio di attribuire le responsabilità a chi le ha facendo pagare, come previsto dalle normative europee ed italiane, anche per i danni ambientali causati".
"Voltare pagina rispetto al passato - sottolinea il Wwf - significa anche un'evoluzione culturale che permetta di non ricadere nel ricatto occupazionale che ha caratterizzato tutto il dibattito italiano delle industrie a rischio e delle aree di bonifica. Significa dunque avere il coraggio di attribuire le responsabilità a chi le ha facendo pagare, come previsto dalle normative europee ed italiane, anche per i danni ambientali causati".
''Contemporaneamente - aggiunge Marescotti - prepareremo un dossier aggiornato per Amnesty International in cui vogliamo documentare come il governo italiano stia ripetutamente calpestando a Taranto i diritti umani''. L'ambientalista ricorda che ''nel luglio del 2004 a Genova, nel quartiere di Cornigliano, accadde un grave incidente nell'altoforno dell'Ilva di Genova. Provocò una grave fuoriuscita di ghisa, un incendio, una dozzina di feriti e una profonda impressione in fabbrica''.
In quella occasione ''i lavoratori scesero in sciopero'' e ''il sindaco di Genova chiese lo smantellamento dell'area a caldo e la contemporanea riallocazione dei lavoratori. A Taranto invece - osserva il presidente di Peacelink - il governo decreta con legislazione d'urgenza non il fermo dell'altoforno ma il fermo della magistratura. Tale legislazione d'urgenza mira non ad applicare il principio di precauzione ma a far proseguire il pericolo. Siamo di fronte ad un mondo rovesciato. Siamo di fronte ad un inquietante caso di razzismo ambientale, che prevede la prosecuzione a tutti i costi a Taranto - conclude l'ambientalista - di quelle attività pericolose che sono state rifiutate a Genova''.