di Francesco Greco - Il populismo è uno stereotipo sempre in agguato in politica. Dal centro alla periferia dell'impero, è una risorsa inesauribile e furbesca, nel dna italico. Alle ultime elezioni regionali in Puglia ci sono stati casi in cui si è affettata col coltello.
Qualche candidato, invece di parlare di turismo, agricoltura, energia, new economy, Ilva, Tap, xylella fastidiosa, SS 275 a quattro corsie, ecc. e dire cosa intendeva fare, quali le coordinate interne del suo programma, s'è aggrappato, incartato all'inossidabile input etico (copiandolo forse dall'Arena di Giletti), atout caratteristico degli uomini intellettualmente modesti, che di questi tempi porta voti ma lascia le cose come le trova, e ha ripetuto fino alla noia, per tutta la campagna elettorale, che avrebbe rinunciato al vitalizio.
Un eroe? Robin Hood? Da standing ovation? No, master in demagogia. La legge regionale pugliese del 27 giugno 2003, n. 8, ha disciplinato il trattamento economico e previdenziale del Consiglio Regionale. Al comma 1, articolo 8, riconosce ai consiglieri cessati dal mandato il diritto di percepire, con decorrenza dal 60mo anno di età (o dal 55mo ma con penalizzazione) l'assegno vitalizio, purché in regola con i versamenti contributivi per almeno 5 anni.
Il baccano mediatico e il giusto scandalismo attorno alla delicata tematica, ha portato alla legge regionale pugliese del 30 novembre 2012, n. 34. Il comma 1 dell'articolo 3 ha abolito l'istituto del vitalizio a partire dal primo gennaio 2013. Il comma 2 dello stesso articolo, sempre della n. 34, prevede che per i consiglieri in carica nella IX legislatura (quella appena trascorsa), si applicano le disposizioni vigenti in materia alla data d'entrata in vigore della stessa. Il comma 6 poi ribadisce che essi hanno la facoltà di rinunciare all'assegno vitalizio e che il consigliere ha diritto alla restituzione dei contributi versati.
Alcuni consiglieri ci hanno rinunciato senza clamore (“Che la tua mano destra non sappia quello che fa la sinistra” dice il Vangelo), anche perché pensa che prima o poi arriverà una legge costituzionale che cancellerà i vitalizi. Altri, non avendo risorse programmatiche serie, con una spaventosa povertà di idee, hanno incardinato la campagna elettorale sulla rinuncia di quattro soldi, sapendo di rimestare nel populismo di grana grossa. Forse all'oscuro di questi retroscena normativi, i cittadini pugliesi hanno abboccato. Da qui il consenso bulgaro. E la faccia tosta.
Qualche candidato, invece di parlare di turismo, agricoltura, energia, new economy, Ilva, Tap, xylella fastidiosa, SS 275 a quattro corsie, ecc. e dire cosa intendeva fare, quali le coordinate interne del suo programma, s'è aggrappato, incartato all'inossidabile input etico (copiandolo forse dall'Arena di Giletti), atout caratteristico degli uomini intellettualmente modesti, che di questi tempi porta voti ma lascia le cose come le trova, e ha ripetuto fino alla noia, per tutta la campagna elettorale, che avrebbe rinunciato al vitalizio.
Un eroe? Robin Hood? Da standing ovation? No, master in demagogia. La legge regionale pugliese del 27 giugno 2003, n. 8, ha disciplinato il trattamento economico e previdenziale del Consiglio Regionale. Al comma 1, articolo 8, riconosce ai consiglieri cessati dal mandato il diritto di percepire, con decorrenza dal 60mo anno di età (o dal 55mo ma con penalizzazione) l'assegno vitalizio, purché in regola con i versamenti contributivi per almeno 5 anni.
Il baccano mediatico e il giusto scandalismo attorno alla delicata tematica, ha portato alla legge regionale pugliese del 30 novembre 2012, n. 34. Il comma 1 dell'articolo 3 ha abolito l'istituto del vitalizio a partire dal primo gennaio 2013. Il comma 2 dello stesso articolo, sempre della n. 34, prevede che per i consiglieri in carica nella IX legislatura (quella appena trascorsa), si applicano le disposizioni vigenti in materia alla data d'entrata in vigore della stessa. Il comma 6 poi ribadisce che essi hanno la facoltà di rinunciare all'assegno vitalizio e che il consigliere ha diritto alla restituzione dei contributi versati.
Alcuni consiglieri ci hanno rinunciato senza clamore (“Che la tua mano destra non sappia quello che fa la sinistra” dice il Vangelo), anche perché pensa che prima o poi arriverà una legge costituzionale che cancellerà i vitalizi. Altri, non avendo risorse programmatiche serie, con una spaventosa povertà di idee, hanno incardinato la campagna elettorale sulla rinuncia di quattro soldi, sapendo di rimestare nel populismo di grana grossa. Forse all'oscuro di questi retroscena normativi, i cittadini pugliesi hanno abboccato. Da qui il consenso bulgaro. E la faccia tosta.