BARI - Il sostituto pg della Corte di Appello di Bari Donato Ceglie ha chiesto la condanna a 4 anni e 10 mesi per l'ex ministro Raffaele Fitto nel "processo Fiorita", per fatti relativi a quando era governatore della Puglia. La richiesta riguarda un episodio di peculato da cui in primo grado Fitto era stato assolto.
Le richieste avanzate oggi dalla Procura generale nel processo di secondo grado costituiscono precisazioni rispetto alle richieste già fatte nella requisitoria del marzo scorso. In quella occasione il pg aveva chiesto il non luogo a procedere per tutti i reati contestati all'ex ministro per intervenuta prescrizione, ritenendo che dovesse essere derubricato in abuso d'ufficio l'unico reato non ancora prescritto, appunto il peculato. Nella precisazione di oggi il sostituto procuratore generale ha spiegato di non voler comunque rinunciare ai motivi di appello della procura (che ha chiesto che sia riconosciuto il peculato), ed ha formulato la richiesta di pena nel caso in cui anche i giudici ritenessero sussistente il reato di peculato e non quello di abuso di ufficio (per il quale scatterebbe la prescrizione).
In primo grado, nel febbraio 2013, il Tribunale di Bari aveva condannato Fitto a 4 anni di reclusione, riconoscendolo colpevole dei reati di corruzione, illecito finanziamento ai partiti e un episodio di abuso d'ufficio e lo aveva assolto dai reati di peculato e da un altro abuso d'ufficio. La Procura di Bari aveva poi impugnato la sentenza chiedendo che Fitto fosse condannato anche per il reato di peculato. Il difensore di Fitto, l'avv. Francesco Paolo Sisto, si è opposto alla precisazione fatta dalla Procura generale perché "inammissibile e tardiva".
Le richieste avanzate oggi dalla Procura generale nel processo di secondo grado costituiscono precisazioni rispetto alle richieste già fatte nella requisitoria del marzo scorso. In quella occasione il pg aveva chiesto il non luogo a procedere per tutti i reati contestati all'ex ministro per intervenuta prescrizione, ritenendo che dovesse essere derubricato in abuso d'ufficio l'unico reato non ancora prescritto, appunto il peculato. Nella precisazione di oggi il sostituto procuratore generale ha spiegato di non voler comunque rinunciare ai motivi di appello della procura (che ha chiesto che sia riconosciuto il peculato), ed ha formulato la richiesta di pena nel caso in cui anche i giudici ritenessero sussistente il reato di peculato e non quello di abuso di ufficio (per il quale scatterebbe la prescrizione).
In primo grado, nel febbraio 2013, il Tribunale di Bari aveva condannato Fitto a 4 anni di reclusione, riconoscendolo colpevole dei reati di corruzione, illecito finanziamento ai partiti e un episodio di abuso d'ufficio e lo aveva assolto dai reati di peculato e da un altro abuso d'ufficio. La Procura di Bari aveva poi impugnato la sentenza chiedendo che Fitto fosse condannato anche per il reato di peculato. Il difensore di Fitto, l'avv. Francesco Paolo Sisto, si è opposto alla precisazione fatta dalla Procura generale perché "inammissibile e tardiva".
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