di Francesco Greco - L'8 agosto 2015, alle 8 e un quarto am, 272 rintocchi hanno incupito il cielo di Marcinelle. Hanno ricordato al mondo distratto il sacrificio dei minatori di tutta Europa (molti gli italiani, pugliesi, baresi, foggiani, leccesi) in quell'8 torrido agosto 1956.
Per non dimenticare “La Catastrofe” (Paolo Di Stefano del “Corriere” ne ha fatto un libro) dal Belgio sono giunti a Casarano, la città salentina che molto ha dato all'emigrazione e dove il compianto Lucio Parrotto, minatore, fondò un museo sulle miniere di carbone che prima fu itinerante e poi stanziale.
Quest'anno, per ricordare il sacrificio del lavoro italiano nel mondo e i martiri di Marcinelle di 59 anni fa, prima è stata celebrata una messa nella cappella dell'ospedale “Francesco Ferrari” e poi, nei giardinetti adiacenti, dove c'è il monumento al minatore - per cui tanto si batterono Parrotto e la moglie Angela - sono state deposte – nella commozione generale - quattro corone d'alloro.
Michele Russo è un siciliano (Enna) figlio di minatori: il padre lo portò in Belgio a 6 anni. La moglie è di Cisternino (dove hanno un trullo), entrambi in pensione, hanno 2 figli e 4 nipoti. “Siamo qui per ricordare questo tragico evento e il sacrificio dei nostri genitori, affinché le nuove generazioni non dimentichino... ”, ha detto il vice-presidente dell'Asbl-Upem (Unione Pugliesi Emigrati Mons). A Marcinelle ha fondato un museo nel 2012 dichiarato patrimonio Unesco e dove arrivano visitatori da tutto il mondo, persino dal Giappone e l'India.
Il giornalista Sebastiano Scanderebeg nel 1956 era un giovane cronista free-lance. Era in Brasile quando il suo giornale, “Le Rapel”, lo mandò a “coprire” la tragedia di Marcinelle: visse un mese e mezzo accampato nei dintorni del pozzo dove si era consumata la tragedia e mandò servizi in tutto il mondo.
Il ricordo incrina la voce: “Seguii la tragedia ora per ora, molti potevano essere salvati...”. Di un giovanissimo minatore, Pompeo Bruno, di Racale, non si trovò nulla: il fuoco lo divorò e al suo paese si fece un funerale surreale: si inumò una bara vuota. Oggi, anche lui da pensionato, sta lavorando a un grande sogno: un museo del minatore a Felline, il paese che gli diede i natali. “Ho molto materiale...”, sorride e invita il cronista curioso a dare un'occhiata.
Ha poi preso la parola il sindaco, Gianni Stefano, figlio di un minatore: “Dobbiamo far capire ai giovani il sacrificio dei nostri padri, che lasciarono il paese per un lavoro che desse loro da vivere...”. A riprova di questo concept, si annuncia intenso l'interscambio culturale fra Belgio e Salento: a fine settembre arriverà a Casarano un gruppo di studenti, per conoscere la terra dove nacquero i loro nonni e dal Salento andranno a Marcinelle a vedere dove e come vivevano e lavoravano.
“Spero che tragedie come queste non si ripetano mai più”, si commuove Antonella Carrossino, figlia di un minatore, genovese di nascita e salentina di adozione. Dopo aver vissuto in Belgio tutta la vita, da tre anni si è messa in aspettativa e vive a Casarano per accudire la madre malata. E aggiunge: “Vedo molti giovani partire, il lavoro è precario e sono pessimista... Lontani dalla loro terra, i loro cari... Soffro quando sento che un giovane lascia l'Italia...” (in foto un pannello della mostra itinerante sull'emigrazione dell'artista Franco Gelli).
Intanto già si lavora al 60° anniversario del rogo di Marcinelle. Quando informiamo il gruppo di belgi che alcuni Comuni pugliesi celebreranno il 9 agosto la giornata del lavoro italiano nel mondo, pensano a un difetto di comunicazione: “Come? Come?”, sorride incredulo Claudio Guerriero, presidente Asbl-Upm.
E se poi aggiungiamo che lo ha sancito la Regione Puglia, non ci credono. Eppure è la verità. Se errare e umano, c'è chi, invece di rimediare modificando la delibera, diabolicamente persevera nell'errore. E della serie: la mamma del cretino è sempre incinta, alla commemorazione di Nardò addirittura ci sarà una parlamentare eletta in Germania a “benedire” un falso storico che sta facendo ridere il pianeta.