di Redazione - Dopo mesi di rumors che lo volevano in biancorosso, Valerio Di Cesare arriva alla corte di mister Nicola a titolo definitivo e con un contratto biennale con la FC Bari 1908.
Una notizia molto attesa dalla piazza e paragonata dai tifosi biancorossi a un parto, per via di una trattativa lunga 9 mesi iniziata a gennaio scorso. «Hanno ragione - dice Di Cesare-. Sarai dovuto arrivare durante il mercato di riparazione, ma poi non se n'è fatto nulla. Però si è risolto tutto nel migliore dei modi. Ora sono qui ed è questo l'importante».
Classe '83, 32 anni, difensore centrale, Di Cesare non ha dubbi nel descrivere le sue caratteristiche tecniche: anticipo, possesso palla e gioco aereo. E senza mezze misure dice: «Mi piace giocare a pallone. Non sono uno che butta la palla». Ma non solo. Ha il fiuto del goal. Solo negli ultimi due anni a Brescia ha segnato 7 volte. Il difensore-goleador, quindi, che nella passata stagione è mancato in casa Bari. «Mi piace giocare d'anticipo e propormi anche davanti. Ho fatto spesso goal per questo motivo. E poi salgo sempre sui calci d'angolo per tentare il colpo di testa». E sul suo contributo da dare al progetto tecnico di mister Nicola dice: «Non ho preferenze. Posso giocare sia a destra, sia a sinistra. Sono qui per un obiettivo chiaro e lo tengo per me. Però questa è una piazza esigente e spero insieme ai miei nuovi compagni di dare soddisfazione a mister, tifosi e dirigenza. Poi ho la fortuna di conoscere già Tonucci e Sansone. Gli altri li ho conosciuti da avversari sul campo». E non manca una battuta sugli attaccanti in rosa più difficili da marcare: «Con Caputo, ogni volta in cui abbiamo giocato contro, sono state sempre botte. È un giocatore che mi piace molto. E poi De Luca e Sansone: stargli dietro è difficile».
Tra le caratteristiche di Valerio Di Cesare c'è anche la grinta e il temperamento che, nella stagione 2008/09 gli hanno fatto guadagnare il record di giocatore più espulso del campionato. «Quando ero più giovane prendevo tantissime ammonizioni per proteste nei confronti degli arbitri, con cui non ho un grandissimo rapporto - sorride -. Ma con il tempo mi sono calmato. Non ci ho lavorato, credo sia semplicemente fisiologico. L'anno scorso su 35 partite ho preso solo 5 ammonizioni». Stagione, la scorsa, che però era iniziata con un'ombra: durante Brescia-Entella un suo fallo aveva causato uno stop di 13 mesi a Ivano Baldanzeddu. «Ãˆ stata un'esperienza bruttissima. Non è stato un fallo intenzionale e non volevo far male, si vede anche dalle immagini. Poi i commenti dei giornalisti hanno fatto il resto. È stata senza dubbio un'esperienza negativa per me sotto diversi punti di vista. Ma so che Ivano è tornato a giocare e questo mi rende felice».
La scorsa stagione è stata la dodicesima giocata nel campionato cadetto dal neo difensore biancorosso: insomma, è quello che si definisce un giocatore di categoria che conosce bene pregi e difetti della Serie B. «Secondo me il livello si è abbassato negli ultimi anni. Oggi serve molta corsa. Dal difensore agli attaccanti devono correre tutti, come hanno dimostrato il Carpi e il Frosinone nella passata stagione. Per andare avanti nel campionato, e vincerlo, conta il gruppo, essere compatti e avere un'identità ».
Un grande conoscitore della B, quindi, ma non solo. Nel 2002, ancora tesserato con le giovanili della Lazio, Di Cesare decide di volare in Inghilterra. Due anni al Chelsea in cui ha potuto sperimentare e conoscere il calcio inglese. «Ãˆ stata senza dubbio l'esperienza più bella che io abbia fatto. Il modo di giocare è completamente diverso: c'è più ritmo. È proprio un altro modo di intendere il calcio. Il nostro è più tattico e statico. Poi, quello che solitamente in Italia chiamiamo modello inglese, non si ferma al gioco. È anche il clima che si respira negli stadi: è stupendo. Finisce la partita e tutti vanno a bere la birra insieme. Se fosse stato per me sarei rimasto lì a vita. Ma sono dovuto tornare: facendo parte di una squadra così blasonata e con grandi campioni, emergere e trovare spazio era difficile».
Una carriera lunga e ricca di esperienze per il difensore romano che oggi inizia un nuovo capitolo della sua vita professionale in una città con cui ha almeno due cose in comune. La prima, più spiacevole, è senza dubbio quella del fallimento societario a campionato in corso con una squadra e dei giocatori che, ogni sabato, erano chiamati a scendere in campo. «Non è una bella esperienza da vivere: è difficile e non la auguro a nessun collega. Però devo dire che quando entravo in campo non pensavo allo stipendio che non arrivava. Pensavo solo a far bene il mio lavoro».
La seconda è Giampiero «mister libidine» Ventura-. Con lui Di Cesare, con la maglia del Toro, ha festeggiato la promozione in Serie A e l'esordio in massima serie. «Ãˆ stata un'esperienza incredibile. Torino mi ha lasciato qualcosa dentro. E Ventura è un grandissimo allenatore. Un maestro di calcio e di vita. Due anni con lui mi hanno aperto un mondo, non solo come calciatore, ma come uomo per quello che farò quando avrò finito di giocare. Le cose che ho fatto con lui non le ho ancora fatte con nessun altro».
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