Felice Alloggio: la Letteratura italiana in dialètte barèse

di Vittorio Polito - La letteratura è l’insieme delle opere di valore artistico affidata alla scrittura (e talvolta alla parola orale), in prosa e in versi e si divide in antica, classica e moderna.

Felice Alloggio, scrittore e commediografo, autore di prose, poesie e commedie in italiano e dialetto barese, si è cimentato, questa volta, in uno straordinario e meticoloso lavoro, quello di tradurre in dialetto barese, molti brani, o parti di essi, con lo scopo di divulgare, letteratura e dialetto ad un sempre più vasto numero di persone con il testo “la Letteratura italiana in dialètte barèse” (Wip Edizioni).

Ovviamente i più interessati sono i baresi, ma la curiosità investe anche qualche cultore della nostra Baresità e, perché no, anche gli “addetti ai lavori” nel campo letteratura italiana o della linguistica.

Nel lavoro di Alloggio troviamo molti autori, da Dante a Leopardi, da Boccaccio a Pirandello, da Leonardo Da Vinci a Giuseppe Ungaretti, da Francesco d’Assisi a Edmondo De Amicis, ma si leggono anche traduzioni di poeti moderni e contemporanei come Gabriele D’Annunzio, Pier Paolo Pasolini, Alda Merini, Salvatore Quasimodo e tanti altri. Se ne contano oltre cento con una o più opere che si leggono piacevolmente nella nostra prima lingua con tutti i commenti dell’autore.

È noto che molti scrittori e poeti dialettali si sono cimentati a tradurre nella nostra prima lingua importanti e conosciute opere letterarie di scrittori sia italiani che stranieri. Tra le tante opere, quella più nota è “La Divina Commedia” di Dante Alighieri, tradotta da Gaetano Savelli in tre volumi, alla quale seguono altre opere non meno importanti come “La uerre di Troia” (Unione Tipografica), tradotta da Giovanni Panza; “La Fèmmena qualùngue” (Scèche-Spirre Guglièlme veldàte a la barèse e ’mbregghiàte da Vite Carofìglie, di Vito Carofiglio (Edizioni dal Sud); “U Vangele alla manere de Marche veldate alla barese” di Augusto Carbonara (Wip Edizioni); “Pregàme alla barèse”, del sottoscritto in collaborazione con Rosa Lettini Triggiani (Levante Editori) e, ultimo in ordine di tempo, “U Vangèle chendate da le quatte vangeliste Matté, Marche, Luche, Giuanne” di Luigi Canonico (Stampa Pressup - Roma), tutte chicche da non perdere.

Alloggio, che è anche responsabile e regista del Laboratorio Teatrale della Libera Università della Terza Età “Eurolevante” di Bari (LUTE), ha allestito dall’anno 2006 ad oggi ben 16 spettacoli sia suoi che di altri autori, ottenendo sempre un lusinghiero successo. Per quanto riguarda la scrittura dialettale, l’autore precisa nell’introduzione che «nella consapevolezza dell’assenza a tutt’oggi di una grammatica dialettale barese ufficialmente codificata […] ho cercato, attraverso l’ascolto del dialetto da parte dei baresi, e attraverso lo studio dei cosiddetti Padri del dialetto barese, di proporre una scrittura semplice ed il più possibile comprensibile».

Elena De Tullio, presidente dell’Università Terza Età Eurolevante, che firma la presentazione, scrive, tra l’altro, che il dialetto barese è “Un idioma capace di interpretare anche i sentimenti più nobili, i drammi e anche le tragedie, oltre che essere un vettore importante per non far dimenticare gli usi, i costumi e le tradizioni popolari…”.

Copertina del maestro Federico Cardanobile.

Non si può che complimentarsi ancora una volta con Felice Alloggio per le sue iniziative a favore della cultura, ma soprattutto del dialetto barese, che meriterebbe da parte degli autori molta più attenzione oltre che la rinuncia all’ardente desiderio di primogenitura di certe regole. Solo così facendo si riuscirebbe una volta per tutte a predisporre e realizzare una grammatica accettabile e condivisibile da tutti.

Ed ora gustatevi la poesia di Vincenzo Cardarelli (1887-1950) sul senso della vita.

Gaggiàne

No nzacce addò le gaggiàne nedèscene
addò iàcchiene la pasce.
Jì so com’a lore
sembe in vole.
La vite sfiòreche
come fàscene lore che l’acque
p’auandà u pèssce.
E com’a lore me piasce la quiète
u selènzie du mare calme,
ma u destìne mì iè cudde de vive
barcollànde jìnde a na tembèste.