Sound mediterraneo scagliato nel Cosmo: “Vitaltrove”
di Francesco Greco. LECCE - Suoni mediterranei colmi di energia e di luce, sperduti nel Cosmo. Potrebbe essere racchiuso in questa affermazione il concept della band leccese “Vitaltrove” (foto), nome scelto non per caso. Potrebbe. Poiché in realtà esso è molto più ricco, semanticamente innervato, densa di contaminazioni e di colori, di citazioni e di richiami.
Sei brani nel loro primo lavoro che porta il nome del gruppo (prodotto da Moreno Da Ros per l'etichetta indipendente “Nuovi Eroi”, 7 euro, anche in digitale, info: www.vitaltrove.com), lo prova senza remore.
Alla ricerca di un'originalità non facile, i ragazzi leccesi pescano in un contenitore vasto qual è il sound mediterraneo. Sembrano di quelle ricerche che tanti anni fa, diciamo nei Settanta, condussero con successo il Banco del Mutuo Soccorso, il Balletto di Bronzo e qualche altro gruppo storico.
Notevoli chitarra, tastiera e la voce di Alessandra Flacco. I cori fanno pensare d'istinto ai New Trolls. Ma anche i testi sono rivelatori di una condizione di straniamento, di “altrove”, comune a tutti i meridionali: “Brancoli nel buio / delle galassie più lontane... / E credi di essere solo nell'Universo” (“Lontano da qui”).
E' la notte infinita di un Sud ricco di creatività e di eccellenze che però per esprimersi (“via da me il silenzio”, “Oltre il silenzio”) debbono sradicarsi, riempire un trolley e partire. Un Sud dove i politici dicono sempre le stesse parole, le stesse promesse, “morfina” la chiama Grillo e in cui si pensa di devastarlo con nuove strade, per partire meglio (“Il viaggio comincia qui”, “Vitaltrove”).
In ogni ragazzo del Sud c'è ben presente un sentimento di sradicamento (“La costante attesa / di un punto che non c'è”, “Vitaltrove”), di estraneità, che quando se ne va diventa nostalgia. E la ricerca di un Eden possibile, lontano, “altrove”. Perché la loro terra è stata saccheggiata, derubata, colonizzata, umiliata dall'unità a oggi. La globalizzazione ha fatto il resto.
Nel panorama di una musica “embedded”, banale e ripetitiva, che oscilla fra l'ossessione della tradizione (pizzica) e il business di presunte novità spacciate dalla potenza dei talent (area De Filippi), “Vitaltrove” dicono una parola nuova, all'insegna della freschezza e dell'originalità. Una ricerca, la loro, frutto di lavoro e passione (“in cerca di una nota per cambiare la realtà”, “Oltre il silenzio”).
La strada è ancora lunga e difficile, specie al Sud, ma l'esordio è promettere e di loro sentiremo certamente parlare in futuro.
Da notare la tecnica di registrazione che, dice la band, richiama quelle in uso nei 60/70, per esempio il mitico Abbey Road dei Beatles, che consente di ascoltare il suono come se si assistesse a un concerto live. “Vitaltrove” sono: Alessandra Flacco (nome d'arte “Mamafrica”, e appena ascolti la sua voce capisci perché), Samuele De Carlo (chitarra e testi), Paola Elia (tastiera), Francesco De Giorgi (batteria), Giulio Madaro (basso), Carlo Potenza (basso). Come dicono al cinema: buona la prima!
Sei brani nel loro primo lavoro che porta il nome del gruppo (prodotto da Moreno Da Ros per l'etichetta indipendente “Nuovi Eroi”, 7 euro, anche in digitale, info: www.vitaltrove.com), lo prova senza remore.
Alla ricerca di un'originalità non facile, i ragazzi leccesi pescano in un contenitore vasto qual è il sound mediterraneo. Sembrano di quelle ricerche che tanti anni fa, diciamo nei Settanta, condussero con successo il Banco del Mutuo Soccorso, il Balletto di Bronzo e qualche altro gruppo storico.
Notevoli chitarra, tastiera e la voce di Alessandra Flacco. I cori fanno pensare d'istinto ai New Trolls. Ma anche i testi sono rivelatori di una condizione di straniamento, di “altrove”, comune a tutti i meridionali: “Brancoli nel buio / delle galassie più lontane... / E credi di essere solo nell'Universo” (“Lontano da qui”).
E' la notte infinita di un Sud ricco di creatività e di eccellenze che però per esprimersi (“via da me il silenzio”, “Oltre il silenzio”) debbono sradicarsi, riempire un trolley e partire. Un Sud dove i politici dicono sempre le stesse parole, le stesse promesse, “morfina” la chiama Grillo e in cui si pensa di devastarlo con nuove strade, per partire meglio (“Il viaggio comincia qui”, “Vitaltrove”).
In ogni ragazzo del Sud c'è ben presente un sentimento di sradicamento (“La costante attesa / di un punto che non c'è”, “Vitaltrove”), di estraneità, che quando se ne va diventa nostalgia. E la ricerca di un Eden possibile, lontano, “altrove”. Perché la loro terra è stata saccheggiata, derubata, colonizzata, umiliata dall'unità a oggi. La globalizzazione ha fatto il resto.
Nel panorama di una musica “embedded”, banale e ripetitiva, che oscilla fra l'ossessione della tradizione (pizzica) e il business di presunte novità spacciate dalla potenza dei talent (area De Filippi), “Vitaltrove” dicono una parola nuova, all'insegna della freschezza e dell'originalità. Una ricerca, la loro, frutto di lavoro e passione (“in cerca di una nota per cambiare la realtà”, “Oltre il silenzio”).
La strada è ancora lunga e difficile, specie al Sud, ma l'esordio è promettere e di loro sentiremo certamente parlare in futuro.
Da notare la tecnica di registrazione che, dice la band, richiama quelle in uso nei 60/70, per esempio il mitico Abbey Road dei Beatles, che consente di ascoltare il suono come se si assistesse a un concerto live. “Vitaltrove” sono: Alessandra Flacco (nome d'arte “Mamafrica”, e appena ascolti la sua voce capisci perché), Samuele De Carlo (chitarra e testi), Paola Elia (tastiera), Francesco De Giorgi (batteria), Giulio Madaro (basso), Carlo Potenza (basso). Come dicono al cinema: buona la prima!