“Dove eravamo rimasti?”: la recensione

di Frédéric Pascali - C’è sempre la possibilità di riconciliarsi con il passato, di riprendere le fila di un discorso interrotto bruscamente ma perennemente attuale. È la forza della trafila dei sentimenti, in grado di aprire anche le porte più serrate.
È una storia di celluloide a ricordarcelo.

“Dove eravamo rimasti?”, “Ricki and the Flash”, diretta dallo statunitense Jonathan Demme, “Il silenzio degli innocenti“, “Philadelphia”, ha il sapore biografico del racconto della vita della sua sceneggiatrice, Diablo Cody, stella del rock mancata e suocera dello stesso Demme.

Riki Rendazzo è il nome d’arte di Linda Brummel, un’attempata e combattiva rocker che trascina la sua passione per la musica suonando con la sua band, i “The Flash”, in un piccolo locale californiano. Un giorno riceve una telefonata da Indianapolis.
È Pete, il suo ex marito, che le chiede di fargli visita per risolvere la crisi della figlia Julie, entrata in una grave depressione dopo essere stata lasciata dal coniuge.
Linda accetta e torna nella casa che tanti anni prima aveva abbandonato in cerca di un successo poi mai arrivato. L’accoglienza iniziale della figlia è piuttosto ostile, così come si dimostra complicato anche il ricucire il rapporto con gli altri due figli maschi, ognuno portatore di storie che lei ignora completamente.
Il ritorno della moglie di Pete, Maureen, e la dichiarazione d’amore di Greg, il chitarrista della band, complicano ulteriormente la vicenda.

“Dove eravamo rimasti?” ci consegna, ancora una volta una Meryl Streep, “Riki Rendazzo”, unica nella sua capacità di calarsi nei panni dei personaggi più disparati e brava a sostenere il peso di dialoghi non sempre all’altezza.

Di rilievo anche la prova di Mamie Gummer , “Julie”, figlia della Streep, e dello scultore Don Gummer, e autentica rivelazione della pellicola. La presenza di Kevine Kline, “Pete”, certifica il cast di alto livello di una commedia più dolce cha amara che costeggia i brani del grande rock, Bruce Springsteen e i Rolling Stones tra i tanti, montando abilmente musiche e movimenti della macchina da presa.