Ingrao e Pertini, l’essere partigiani e la politica come spirito di servizio

di Alex Nardelli - Ieri l'Italia si è riscoperta più povera, con la morte a Roma di Pietro Ingrao, che da pochi mesi aveva toccato quota 100 anni. Nato a Lenola (LT), fu dirigente del Pci e poi Presidente della Camera, in un periodo di cambiamento per la nostra Nazione. Era il 1978, il momento del passaggio dal settennato di Giovanni Leone, a quello dell'anziano partigiano socialista Sandro Pertini, colui che in maniera quasi rocambolesca e insperata, diede vita ad una rivoluzione gentile ma travolgente, con uno sconvolgimento quasi quotidiano del cerimoniale, e con una grande attenzione verso le giovani generazioni.

Tanti i valori condivisi da queste due grandi figure istituzionali, così tanto amate dagli italiani. Principalmente la loro visione nazionale e il loro tenere vivo il confronto con gli altri, come ha ricordato ieri il Presidente Sergio Mattarella parlando di Ingrao. Condividevano infine il loro essere partigiani, che probabilmente più di ogni altra cosa, ha segnato il loro modo di vivere la politica con grande spirito di servizio. Entrambi si potevano considerare impiegati dello Stato prima che istituzioni.

Molto interessante il rapporto che tutti e due avevano con la religione e la spiritualità. Ingrao, da sempre dichiaratosi ateo, amava molto interessarsi alle domande spirituali e provava profondo rispetto per chi viveva esperienze religiose toccanti, ma sempre coerenti con i loro valori e le idee.

"Il laico, l'ateo Pertini è un uomo di fede che infonde fede", come definito invece dall'autore Giancarlo De Cataldo nel libro "Il combattente, Come si diventa Pertini". Una frase che riassume chi era davvero Sandro Pertini, un laico grande amico di Papa Paolo VI e di Papa Giovanni Paolo II, profondamente rispettoso della spiritualità, che lui viveva sempre in maniera laica.

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