di Francesco Greco - Gli uomini, che mascalzoni! Non si innamorano di Penelope Stregatti, nome sospetto di per sé (sarà l'anagramma di qualche personaggio da serie tv?) . “Molto timida”, autostima debole, gran culo, gambe a prosciutto, seno scarso, “donna-anfora”, riccioli neri ribelli. Si vorrebbe “più alta, più magra, più bionda”, ma “scrive da Dio” (aspetta il Pulitzer) e non si può avere tutto dalla vita.
“Streghetta” sà le lingue, cinque, e ha una memoria prodigiosa: ricorda l'Odissea sin da quando aveva 15 anni, ha una nonna, Berta, cartomante devota di san Nicola, il santo delle zitelle, a cui chiede di continuo la lettura delle carte o del pendolo per decodificare i segni dell'apparizione dell'uomo della sua vita, che però sono due, desiderio poi derubricato in un uomo punto e basta.
Barese di nascita, milanese d'adozione (“case di ringhiera”), è stata svezzata a sgagliozze e popizze mentre nascosta nell'armadio ascoltava i racconti dei clienti di nonna: meglio di un master. Dopo i sogni (a 16 anni stilò la list: matrimonio, figli e la pace nel mondo: fallimento totale), la realtà: lavora in un'azienda di assorbenti, in crisi, ovvio, bisognosa di ristrutturazione. “Vede” il conte Ristori ovunque, anche nel tagliatore di teste arrivato sotto mentite spoglie a risanare la Pimpax per poi ammollarla ai soliti cinesi pigliatutto: uno di loro, Bo, durante un incontro a Parigi, arrapato, vuole sbatterla sul letto senza indugio e poi le regala una pianta e la invita dalle sue parti.
Ragazza svezzata dall'effimero e l'edonismo reganiano anni '80, Penelope ha molti amici, forse troppi: tanto da far freudianamente pensare che usa il gruppo per nascondersi meglio. Ogni tanto mamma e nonna gli mandano i calzoni con la cipolla, giusto per tener desta l'identità mediterranea.
Chi la vuole una così? Gli uomini sono mica matti, girano al largo. Donne-disastro in cerca del punto g come fosse una divinità. Lei ne scrive su “Girl Power”, rivista per donne esigenti e toste, con lo pseudonimo di Theresa Page, ma pensa che forse non esiste. Parla di orgasmo, la differenza fra vaginale e clitorideo.
Dire che è esaurita è un eufemismo: è proprio fuori di testa, paranoica, con modelli cultural-esistenziali scopiazzati da tv, blockbuster, sit-com e altro ciarpame offerto dalla modernità alle anime candide come lei, archetipo diffuso, anche per confonderle e soggiogarle col consumismo.
Una specie di Cenerentola (“gatta morta”) dei nostri tempi. Tipologia diffusa nel XXI secolo: di qua quelle in carriera, virago in tailleur disposte a tutto (“la vita ce la costruiamo con le nostre mani”). Di là le romantiche, vaghe e pericolose come Penelope, che cercano l'uomo della vita a 40 anni - quando già si vedono zitelle per sempre e non sanno che dire alle mamme in pena - affollandolo semanticamente del peggior rubbish.
Dopo “Volevo essere una gatta morta” e “La vita non è un film ma a volte ci somiglia” (entrambi Einaudi), “Quando meno te lo aspetti” è il terzo romanzo di Chiara Moscardelli, Giunti Editore, Firenze 2015, pp. 270, euro 14,00, in tour in tutta Italia. Bella la modulazione intimista e ironica (a Milano “c'erano più scrittori che lettori”: na traggedia!), la grazie e la leggerezza del tocco, il non prendere niente sul serio, che poi si traduce nel prendere tutto maledettamente sul serio, specie i sentimenti, ché eros ce n'è poco. Che in tempi di pesantezza e volgarità è tanto, fra ottimismi posticci donati come frutti velenosi dalla politica-spam ormai degradata, retta dall'annuncio facile a uso e consumo di masse lobotomizzate dalla tv-spazzatura (pacchi & fagioli, D'Urso vs Giletti) e crisi vera che ci ruba il futuro, incupisce le nostre vite, rende grige le previsioni.
Di come la droga si infili negli assorbenti fino alla news del Tg1 lo taciamo. Piace lo slang barivecchiano, una vera e propria lingua, e anche il cinese spruzzato qua e là, 'acutezza sociologica: a Milano nelle cucine dei ristoranti chic ci sono “analisti finanziari”: il cibo etnico meglio dello spread. Il fatalismo bizantino: “La vita può cambiare in un attimo”. E la complicità fra donne (“Noi siamo una squadra”). Tutto modulato su un un canovaccio un po' psicologico, un pò psicanalitico. In appendice i ringraziamenti: una falange macedone. Manca il barista sotto casa a cui Penelope vuole chiedere “il solito”. E l'analista, la dietologa, il pusher del rione, poi ci sono tutti. Oggi è trend. Del doman non v'è certezza...
“Streghetta” sà le lingue, cinque, e ha una memoria prodigiosa: ricorda l'Odissea sin da quando aveva 15 anni, ha una nonna, Berta, cartomante devota di san Nicola, il santo delle zitelle, a cui chiede di continuo la lettura delle carte o del pendolo per decodificare i segni dell'apparizione dell'uomo della sua vita, che però sono due, desiderio poi derubricato in un uomo punto e basta.
Barese di nascita, milanese d'adozione (“case di ringhiera”), è stata svezzata a sgagliozze e popizze mentre nascosta nell'armadio ascoltava i racconti dei clienti di nonna: meglio di un master. Dopo i sogni (a 16 anni stilò la list: matrimonio, figli e la pace nel mondo: fallimento totale), la realtà: lavora in un'azienda di assorbenti, in crisi, ovvio, bisognosa di ristrutturazione. “Vede” il conte Ristori ovunque, anche nel tagliatore di teste arrivato sotto mentite spoglie a risanare la Pimpax per poi ammollarla ai soliti cinesi pigliatutto: uno di loro, Bo, durante un incontro a Parigi, arrapato, vuole sbatterla sul letto senza indugio e poi le regala una pianta e la invita dalle sue parti.
Ragazza svezzata dall'effimero e l'edonismo reganiano anni '80, Penelope ha molti amici, forse troppi: tanto da far freudianamente pensare che usa il gruppo per nascondersi meglio. Ogni tanto mamma e nonna gli mandano i calzoni con la cipolla, giusto per tener desta l'identità mediterranea.
Chi la vuole una così? Gli uomini sono mica matti, girano al largo. Donne-disastro in cerca del punto g come fosse una divinità. Lei ne scrive su “Girl Power”, rivista per donne esigenti e toste, con lo pseudonimo di Theresa Page, ma pensa che forse non esiste. Parla di orgasmo, la differenza fra vaginale e clitorideo.
Dire che è esaurita è un eufemismo: è proprio fuori di testa, paranoica, con modelli cultural-esistenziali scopiazzati da tv, blockbuster, sit-com e altro ciarpame offerto dalla modernità alle anime candide come lei, archetipo diffuso, anche per confonderle e soggiogarle col consumismo.
Una specie di Cenerentola (“gatta morta”) dei nostri tempi. Tipologia diffusa nel XXI secolo: di qua quelle in carriera, virago in tailleur disposte a tutto (“la vita ce la costruiamo con le nostre mani”). Di là le romantiche, vaghe e pericolose come Penelope, che cercano l'uomo della vita a 40 anni - quando già si vedono zitelle per sempre e non sanno che dire alle mamme in pena - affollandolo semanticamente del peggior rubbish.
Dopo “Volevo essere una gatta morta” e “La vita non è un film ma a volte ci somiglia” (entrambi Einaudi), “Quando meno te lo aspetti” è il terzo romanzo di Chiara Moscardelli, Giunti Editore, Firenze 2015, pp. 270, euro 14,00, in tour in tutta Italia. Bella la modulazione intimista e ironica (a Milano “c'erano più scrittori che lettori”: na traggedia!), la grazie e la leggerezza del tocco, il non prendere niente sul serio, che poi si traduce nel prendere tutto maledettamente sul serio, specie i sentimenti, ché eros ce n'è poco. Che in tempi di pesantezza e volgarità è tanto, fra ottimismi posticci donati come frutti velenosi dalla politica-spam ormai degradata, retta dall'annuncio facile a uso e consumo di masse lobotomizzate dalla tv-spazzatura (pacchi & fagioli, D'Urso vs Giletti) e crisi vera che ci ruba il futuro, incupisce le nostre vite, rende grige le previsioni.
Di come la droga si infili negli assorbenti fino alla news del Tg1 lo taciamo. Piace lo slang barivecchiano, una vera e propria lingua, e anche il cinese spruzzato qua e là, 'acutezza sociologica: a Milano nelle cucine dei ristoranti chic ci sono “analisti finanziari”: il cibo etnico meglio dello spread. Il fatalismo bizantino: “La vita può cambiare in un attimo”. E la complicità fra donne (“Noi siamo una squadra”). Tutto modulato su un un canovaccio un po' psicologico, un pò psicanalitico. In appendice i ringraziamenti: una falange macedone. Manca il barista sotto casa a cui Penelope vuole chiedere “il solito”. E l'analista, la dietologa, il pusher del rione, poi ci sono tutti. Oggi è trend. Del doman non v'è certezza...