di Vittorio Polito - Nella sede della Lega Navale Italiana, sezione di Mola di Bari, affacciata sul mare, alla presenza di un pubblico numeroso e interessato alla storia e alla cultura del proprio paese, è stato presentato l’ultimo lavoro di Vincenzo D'Acquaviva, intitolato “La marineria molese nel ’900 - Vicende storiche e protagonisti: da Ləvandə a Punéndə”. (Grafiche Vito Radio Editore).
Il presidente della Lega, Ninni Mariano, ha aperto la serata e, dopo avere tracciato un profilo dell’autore ha fatto una sintesi dei contenuti del volume: «trattasi di sette parti o meglio di sette libri nei quali si ripercorrono le storie dei nostri pescatori, della scuola marittima, dei cantieri navali, del porto, delle lotte dei marinai risalenti alla fine degli anni Sessanta, oltre di un ricco e pregevole glossario dei termini marinareschi ivi inclusi centinaia di soprannomi di famiglie molesi. Soprannomi in via di estinzione e attraverso i quali si individuavano, fino a non molto tempo addietro, le origini familiari delle persone interessate. Per non dire del coraggio e della speranza coltivata da questi marinai che all'inizio del Novecento si avventuravano a pescare a Levante (dall’arcipelago greco all’Egitto, da Porto Said a Suez e i tanti porti del Mar Rosso con le paranze, le bilancelle e i trabaccoli a vela) senza le tecnologie moderne, di cui oggi non si può fare a meno, per dare benessere alle loro famiglie».
La professoressa Anna Consiglio, nel suo peculiare intervento ha delineato le modalità con le quali lo stesso ha intrecciato le varie testimonianze dei singoli protagonisti, ricche di aneddoti ed esperienze personali che caratterizzano il profilo storico e aneddotico del volume. A tal proposito ha fatto riferimento a una vicenda risalente al gennaio 1930, allorquando due pescherecci molesi scomparvero con i loro equipaggi nelle acque greche di Lefkada senza che nessuno degli sfortunati pescatori sia mai stato ritrovato. «È appena il caso di ricordare che, in occasione della inaugurazione della scuola marittima locale, il 16 gennaio 1939, l’allora ministro dell’educazione nazionale, Giuseppe Bottai, si soffermò davanti alla lapide, sulla quale vengono riportati i nominativi dei sedici pescatori scomparsi. Una lapide voluta dagli amici emigrati a Brooklyn, New York, e che ricorda quel tragico evento. Ciò a testimoniare la vicinanza e la solidarietà degli emigrati Molesi per i loro concittadini».
Lo storico del mare, Pasquale B. Trizio, autore di diversi volumi incentrati sul commercio e il traffico marittimo che ha interessato i porti della provincia di Bari dal Settecento in poi, ha sottolineato «l'importanza che riveste la pubblicazione di questo volume che va a riempire un vuoto che necessitava di essere colmato. Va da sé che altre realtà quali Barletta, Molfetta, Trani, Monopoli, ecc., sono prive di una pubblicazione in cui si raccontano le vicende storiche e marinare della città. Mola rappresenta una pregevole e notevole eccezione che può competere con altre pubblicazioni similari edite in realtà nell’alta Italia, tipo Liguria e Veneto. Per non parlare dei riferimenti che Vincenzo fa alla tragedia dell’Empire Dace (una nave inglese affondata durante il Secondo conflitto mondiale in cui perirono, tra gli altri, alcuni soldati Molesi e Molfettesi che combattevano, paradossalmente, contro l'Italia) e, subito dopo il 1945, l’'esodo degli ebrei avvenuto dalla spiaggia di Cozze, contrada di Mola, verso Israele ”.
L’autore, dopo i ringraziamenti rivolti al pubblico presente e alla Lega Navale per l’ospitalità e per la straordinaria organizzazione della serata, ha passato in rassegna le modalità con le quali ha portato avanti la ricerca, intervistando i protagonisti presenti nel volume, soffermandosi a delineare le vicende storiche della scuola marittima locale, nata il 15 agosto 1931, con la denominazione di Scuola Professionale della Maestranza Marittima, conosciuta dagli anziani Molesi come la “Scuola dei nodi” del mitico maestro Domenico Brandonisio. Una istituzione che ha forgiato molti capitani e motoristi navali attraverso i decenni grazie anche al ruolo significativo del direttore Nicola Trivelli, subentrato a Brandonisio nel 1936.
Vi sono stati, poi, una serie di interventi da parte del pubblico presente. Significativo e interessante quello del Direttore della Biblioteca Nazionale di Bari, Vitangelo Caputo, omonimo e nipote di uno dei pescatori scomparsi nella tragedia del gennaio 1930. Caputo ha sottolineato l'importanza storica di questa opera e l'esigenza che la stessa venga conosciuta da un pubblico più vasto inserendo la stessa nel circuito web delle biblioteche a livello nazionale.
Ernesto Maggi, già sindaco di Mola di Bari e parlamentare per due legislature, ha evidenziato la capacità dell’autore nell’avere reso la lettura del dialetto molese di facile comprensione e leggibilità attraverso l’introduzione di pochi vocaboli debitamente accentati. Nel suo intervento l’ex senatore e deputato ha voluto ricordare «il ruolo del direttore Trivelli svolto a favore della scuola marinara per almeno un trentennio per poi terminare in maniera ingloriosa, quale docente di nuoto e voga, per la mancanza dei titoli previsti dalla riforma del 1964».
È stata poi la volta di Gregorio Lepore, decano e docente di esercitazioni marinaresche, che ha posto l’accento sul fatto che la scuola marittima, all’epoca, veniva considerata come la cenerentola delle scuole presenti sul territorio. «Eppure quella istituzione ha avuto il merito di “licenziare” molti ragazzi distintisi per professionalità specifica nel settore». Di più. «La Scuola marittima garantiva ai giovani un lavoro sicuro e in breve tempo al termine degli studi. Vincenzo D'Acquaviva è la dimostrazione concreta di come la passata frequenza di quella scuola si è trasformata nella passione che gli ha consentito di ripercorrere le vicende storiche e politiche di quella importante istituzione locale, ampliando la ricerca a quelle di Bari, Barletta, Brindisi. Molfetta e Monopoli».
Altri interventi hanno posto l’accento sull’importanza delle testimonianze rese dai protagonisti di questa ricerca: i pescatori che hanno vissuto sul mare la propria esistenza nei primi decenni del Novecento, con aneddoti ed esperienza di vita e di lavoro a Levante e in altri porti della nostra penisola e in Sicilia.
D’Acquaviva, replicando, ha sottolineato come la passione per questo lavoro sia stato il motivo conduttore per portare avanti un qualcosa difficilmente ripetibile. Una ricerca iniziata nel novembre del 2011 con l’intervista al pescatore più anziano (Ottavio Dattolo, all’epoca novantaquattrenne, e recentemente scomparso). Ci sono voluti oltre tre anni di lavoro per raccogliere tutte le informazioni, le fotografie e i documenti contenuti nel volume. Una ricerca che ha visto l’autore indagare presso varie istituzioni: l’archivio del Comune di Mola di Bari (un’autentica miniera da salvaguardare); le Biblioteche Nazionale e De Gemmis di Bari; l’Archivio di Stato di Bari; i Comuni di Barletta, Brindisi, Molfetta e Monopoli, eccetera. Un pezzo di storia che altrimenti sarebbe caduto nell’oblio e avrebbe continuato a vivere solo nell’antica memoria di chi ancora sopravvive.
Discorso a parte merita il Lessico del dialetto molese, ivi compresi centinaia di soprannomi, che ricordano le origini storiche dei marinai Molesi e non solo. Un glossario che ha avuto il supporto scientifico della Professoressa Annaluisa Rubano del dipartimento di dialettologia dell'Università Aldo Moro di Bari.
Il volume è arricchito da oltre 500 illustrazioni che ripercorrono le sette parti: foto storiche; immagini originali di pescatori e pescherecci; della scuola marittima di Mola e di Barletta; dei cantieri navali; del porto; di tanti attrezzi di bordo e di tanti souvenir che i pescatori Molesi portavano da Levante tra cui le immancabili foglie di Suez.
Consentitemi infine di spendere poche parole sull’amico Vincenzo. È un amico da un lustro, ma non per questo meno caro. A fine 2010 Gianni Cavalli, l’editore senza nemici benvoluto in terra mare e cielo, mi chiese di recensire il volume di D’Acquaviva ‘Il Mondo Nuovo’. Così conobbi Vincenzo, anzi una sera a Mola l’editore di cui sopra offrì una cena a degli amici - con me e Vincenzo ricordo Aquaro, De Martino e altri – e fu un modo per conoscersi meglio.
La cena fu presso il locale del cugino Nino, che mi pare si chiamasse il ‘Ministero della brace’e così conobbi un’altra persona che dalla vita avrebbe meritato di più. Non siamo più tornati, nonostante le premesse fossero state esaltanti, perché l’editore Levante per problemi di salute segue una dieta spartana che mal si concilia con la buona tavola: senza un leader di presenza, azione e disponibilità è difficile ripetere l’impresa. Comunque tornerò da questo oste-attore la cui vita vorrei ripercorrere in un articolo dal titolo: ‘Per la polvere del palcoscenico non è mai tardi’.
Gianni Cavalli, in una singolare e pirotecnica introduzione dal titolo ‘Viva la libertà’ nel volume ‘Il Mondo Nuovo’, così parlava di Vincenzo: “…qualche giorno dopo si è messo in contatto con me e dalla voce pacata e pur autorevole ho dedotto che si trattava di un uomo solido, sicuro del fatto suo e quindi una vera testa… in sintonia con il paese natio’. Per chi conosce Gianni sono parole che confermano che già stimava la coerenza dell’uomo che per dare a Vincenzo quello che è di Cesare:
veni, vidi, vici.
Vincenzo carissimo tu sai che noi sappiamo, ma sai anche che noi lottiamo con te, con l’uomo che ha attraversato grandi mari per tornare a quell’acqua limpida che, pur non avendolo visto felicissimo e spensierato da ragazzo, ha accompagnato la sua-tua voglia di ‘acqua azzurra e chiara che si possa bere con le mani’. Con quelle tue mani, unite alle nostre, berremo insieme in una fontana di Mola e poi ci faremo condurre da Gianni presso la ‘locanda’ dell’artista di famiglia di nome Nino per farci offrire una cena a base di riso patate e cozze… Ricordi?
Vincenzo mi prenoto per la prefazione al tuo quarto libro, in modo che tu raggiunga il mio ‘record’, in cui ci parlerai dell’Alfieri di turno e del ‘volli e sempre volli, fortissimamente volli’.
Il presidente della Lega, Ninni Mariano, ha aperto la serata e, dopo avere tracciato un profilo dell’autore ha fatto una sintesi dei contenuti del volume: «trattasi di sette parti o meglio di sette libri nei quali si ripercorrono le storie dei nostri pescatori, della scuola marittima, dei cantieri navali, del porto, delle lotte dei marinai risalenti alla fine degli anni Sessanta, oltre di un ricco e pregevole glossario dei termini marinareschi ivi inclusi centinaia di soprannomi di famiglie molesi. Soprannomi in via di estinzione e attraverso i quali si individuavano, fino a non molto tempo addietro, le origini familiari delle persone interessate. Per non dire del coraggio e della speranza coltivata da questi marinai che all'inizio del Novecento si avventuravano a pescare a Levante (dall’arcipelago greco all’Egitto, da Porto Said a Suez e i tanti porti del Mar Rosso con le paranze, le bilancelle e i trabaccoli a vela) senza le tecnologie moderne, di cui oggi non si può fare a meno, per dare benessere alle loro famiglie».
La professoressa Anna Consiglio, nel suo peculiare intervento ha delineato le modalità con le quali lo stesso ha intrecciato le varie testimonianze dei singoli protagonisti, ricche di aneddoti ed esperienze personali che caratterizzano il profilo storico e aneddotico del volume. A tal proposito ha fatto riferimento a una vicenda risalente al gennaio 1930, allorquando due pescherecci molesi scomparvero con i loro equipaggi nelle acque greche di Lefkada senza che nessuno degli sfortunati pescatori sia mai stato ritrovato. «È appena il caso di ricordare che, in occasione della inaugurazione della scuola marittima locale, il 16 gennaio 1939, l’allora ministro dell’educazione nazionale, Giuseppe Bottai, si soffermò davanti alla lapide, sulla quale vengono riportati i nominativi dei sedici pescatori scomparsi. Una lapide voluta dagli amici emigrati a Brooklyn, New York, e che ricorda quel tragico evento. Ciò a testimoniare la vicinanza e la solidarietà degli emigrati Molesi per i loro concittadini».
Lo storico del mare, Pasquale B. Trizio, autore di diversi volumi incentrati sul commercio e il traffico marittimo che ha interessato i porti della provincia di Bari dal Settecento in poi, ha sottolineato «l'importanza che riveste la pubblicazione di questo volume che va a riempire un vuoto che necessitava di essere colmato. Va da sé che altre realtà quali Barletta, Molfetta, Trani, Monopoli, ecc., sono prive di una pubblicazione in cui si raccontano le vicende storiche e marinare della città. Mola rappresenta una pregevole e notevole eccezione che può competere con altre pubblicazioni similari edite in realtà nell’alta Italia, tipo Liguria e Veneto. Per non parlare dei riferimenti che Vincenzo fa alla tragedia dell’Empire Dace (una nave inglese affondata durante il Secondo conflitto mondiale in cui perirono, tra gli altri, alcuni soldati Molesi e Molfettesi che combattevano, paradossalmente, contro l'Italia) e, subito dopo il 1945, l’'esodo degli ebrei avvenuto dalla spiaggia di Cozze, contrada di Mola, verso Israele ”.
L’autore, dopo i ringraziamenti rivolti al pubblico presente e alla Lega Navale per l’ospitalità e per la straordinaria organizzazione della serata, ha passato in rassegna le modalità con le quali ha portato avanti la ricerca, intervistando i protagonisti presenti nel volume, soffermandosi a delineare le vicende storiche della scuola marittima locale, nata il 15 agosto 1931, con la denominazione di Scuola Professionale della Maestranza Marittima, conosciuta dagli anziani Molesi come la “Scuola dei nodi” del mitico maestro Domenico Brandonisio. Una istituzione che ha forgiato molti capitani e motoristi navali attraverso i decenni grazie anche al ruolo significativo del direttore Nicola Trivelli, subentrato a Brandonisio nel 1936.
Vi sono stati, poi, una serie di interventi da parte del pubblico presente. Significativo e interessante quello del Direttore della Biblioteca Nazionale di Bari, Vitangelo Caputo, omonimo e nipote di uno dei pescatori scomparsi nella tragedia del gennaio 1930. Caputo ha sottolineato l'importanza storica di questa opera e l'esigenza che la stessa venga conosciuta da un pubblico più vasto inserendo la stessa nel circuito web delle biblioteche a livello nazionale.
Ernesto Maggi, già sindaco di Mola di Bari e parlamentare per due legislature, ha evidenziato la capacità dell’autore nell’avere reso la lettura del dialetto molese di facile comprensione e leggibilità attraverso l’introduzione di pochi vocaboli debitamente accentati. Nel suo intervento l’ex senatore e deputato ha voluto ricordare «il ruolo del direttore Trivelli svolto a favore della scuola marinara per almeno un trentennio per poi terminare in maniera ingloriosa, quale docente di nuoto e voga, per la mancanza dei titoli previsti dalla riforma del 1964».
È stata poi la volta di Gregorio Lepore, decano e docente di esercitazioni marinaresche, che ha posto l’accento sul fatto che la scuola marittima, all’epoca, veniva considerata come la cenerentola delle scuole presenti sul territorio. «Eppure quella istituzione ha avuto il merito di “licenziare” molti ragazzi distintisi per professionalità specifica nel settore». Di più. «La Scuola marittima garantiva ai giovani un lavoro sicuro e in breve tempo al termine degli studi. Vincenzo D'Acquaviva è la dimostrazione concreta di come la passata frequenza di quella scuola si è trasformata nella passione che gli ha consentito di ripercorrere le vicende storiche e politiche di quella importante istituzione locale, ampliando la ricerca a quelle di Bari, Barletta, Brindisi. Molfetta e Monopoli».
Altri interventi hanno posto l’accento sull’importanza delle testimonianze rese dai protagonisti di questa ricerca: i pescatori che hanno vissuto sul mare la propria esistenza nei primi decenni del Novecento, con aneddoti ed esperienza di vita e di lavoro a Levante e in altri porti della nostra penisola e in Sicilia.
D’Acquaviva, replicando, ha sottolineato come la passione per questo lavoro sia stato il motivo conduttore per portare avanti un qualcosa difficilmente ripetibile. Una ricerca iniziata nel novembre del 2011 con l’intervista al pescatore più anziano (Ottavio Dattolo, all’epoca novantaquattrenne, e recentemente scomparso). Ci sono voluti oltre tre anni di lavoro per raccogliere tutte le informazioni, le fotografie e i documenti contenuti nel volume. Una ricerca che ha visto l’autore indagare presso varie istituzioni: l’archivio del Comune di Mola di Bari (un’autentica miniera da salvaguardare); le Biblioteche Nazionale e De Gemmis di Bari; l’Archivio di Stato di Bari; i Comuni di Barletta, Brindisi, Molfetta e Monopoli, eccetera. Un pezzo di storia che altrimenti sarebbe caduto nell’oblio e avrebbe continuato a vivere solo nell’antica memoria di chi ancora sopravvive.
Discorso a parte merita il Lessico del dialetto molese, ivi compresi centinaia di soprannomi, che ricordano le origini storiche dei marinai Molesi e non solo. Un glossario che ha avuto il supporto scientifico della Professoressa Annaluisa Rubano del dipartimento di dialettologia dell'Università Aldo Moro di Bari.
Il volume è arricchito da oltre 500 illustrazioni che ripercorrono le sette parti: foto storiche; immagini originali di pescatori e pescherecci; della scuola marittima di Mola e di Barletta; dei cantieri navali; del porto; di tanti attrezzi di bordo e di tanti souvenir che i pescatori Molesi portavano da Levante tra cui le immancabili foglie di Suez.
Consentitemi infine di spendere poche parole sull’amico Vincenzo. È un amico da un lustro, ma non per questo meno caro. A fine 2010 Gianni Cavalli, l’editore senza nemici benvoluto in terra mare e cielo, mi chiese di recensire il volume di D’Acquaviva ‘Il Mondo Nuovo’. Così conobbi Vincenzo, anzi una sera a Mola l’editore di cui sopra offrì una cena a degli amici - con me e Vincenzo ricordo Aquaro, De Martino e altri – e fu un modo per conoscersi meglio.
La cena fu presso il locale del cugino Nino, che mi pare si chiamasse il ‘Ministero della brace’e così conobbi un’altra persona che dalla vita avrebbe meritato di più. Non siamo più tornati, nonostante le premesse fossero state esaltanti, perché l’editore Levante per problemi di salute segue una dieta spartana che mal si concilia con la buona tavola: senza un leader di presenza, azione e disponibilità è difficile ripetere l’impresa. Comunque tornerò da questo oste-attore la cui vita vorrei ripercorrere in un articolo dal titolo: ‘Per la polvere del palcoscenico non è mai tardi’.
Gianni Cavalli, in una singolare e pirotecnica introduzione dal titolo ‘Viva la libertà’ nel volume ‘Il Mondo Nuovo’, così parlava di Vincenzo: “…qualche giorno dopo si è messo in contatto con me e dalla voce pacata e pur autorevole ho dedotto che si trattava di un uomo solido, sicuro del fatto suo e quindi una vera testa… in sintonia con il paese natio’. Per chi conosce Gianni sono parole che confermano che già stimava la coerenza dell’uomo che per dare a Vincenzo quello che è di Cesare:
veni, vidi, vici.
Vincenzo carissimo tu sai che noi sappiamo, ma sai anche che noi lottiamo con te, con l’uomo che ha attraversato grandi mari per tornare a quell’acqua limpida che, pur non avendolo visto felicissimo e spensierato da ragazzo, ha accompagnato la sua-tua voglia di ‘acqua azzurra e chiara che si possa bere con le mani’. Con quelle tue mani, unite alle nostre, berremo insieme in una fontana di Mola e poi ci faremo condurre da Gianni presso la ‘locanda’ dell’artista di famiglia di nome Nino per farci offrire una cena a base di riso patate e cozze… Ricordi?
Vincenzo mi prenoto per la prefazione al tuo quarto libro, in modo che tu raggiunga il mio ‘record’, in cui ci parlerai dell’Alfieri di turno e del ‘volli e sempre volli, fortissimamente volli’.