di Francesco Greco - Terrificante e profetico. Da gelare il sangue nelle vene. Corre filologicamente parallelo all'immortale opera di George Orwell, “1984”, che disarticolò ontologicamente i totalitarismi che insanguinarono il Novecento, “secolo breve”, partendo da un input illuminista e positivista che aveva infiammato i sogni e le utopie dei popoli e poi li aveva portati alla follia.
“2084” (La fin du monde), di Bouamel Sansal, Gallimard, Parigi 2015, pp. 288, euro 19.50, è un romanzo che prefigura il mondo di domani, posto che la settima glaciazione non arrivi ad azzerarlo prima. Scambiata per Cassandra, Oriana Fallaci aveva capito tutto per prima.
E se Orwell dimostrava che le dittature sono la fine della civiltà e l'eutanasia dell'uomo e che hanno bisogno di popoli flaccidi, lo scrittore algerino (1949) vede reale la minaccia del fondamentalismo islamico, ancora più devastante, se fosse possibile.
E la cronaca gli dà ragione. Mentre esce il libro, in Siria (Qaryatayan) un monastero. luogo di culto dal V secolo, è raso al suolo e un vecchio archeologo, Khaled al-Asaad, ammazzato come un cane solo perché voleva lasciare all'umanità di domani le bellezze di Palmira (Siria) che aveva amato e custodito per 82 anni. E altri monumenti sono nel mirino degli iconoclasti.
Lo scrittore, che usa il francese, ha addosso una fatwa: nel 2012 andò al Festival degli Scrittori di Gerusalemme. E ne teme un'altra per questo romanzo colmo di allegorie sin troppo trasparenti. Il mondo che immagina fra non molto, è quello dove il fanatismo dell'Islam radicale ha prevalso, grazie anche alla codardia di intellettuali, politici, giornalisti, fermi all'adorazione del proprio ombelico, dagli orizzonti angusti e la sottovalutazione del fenomeno da parte dei popoli, quelli arabi moderati in primis.
Nell'Abistan (vi si intravede il territorio ormai sconfinato dell'autoproclamato califfato), c'è un solo dio, Yolah (Allah) e si parla la lingua sopravvissuta: l'abilang (l'arabo), le altre sono perseguitate. Le preghiere sono pubbliche, avvengono ben nove volte al dì. Le donne vanno d'attorno bardate di velo e controvelo, Il giovedì al tramonto negli stadi avvengono le esecuzioni di eretici, agnostici, blasfemi.
Il mondo (detto il “Regno della Fede”, che è solo una) lo mandano avanti una quarantina di iniziati, fanatici senza scrupoli, una specie di loggia massonica detta “Giusta Fraternità”. E' attiva la polizia religiosa che giustizia senza remore spargendo terrore e controllando la società. Che bella prospettiva!
Non c'è bisogno di eccessive letture per vedere in trasparenza il sogno di Al Baghdadi, sharie e sure coraniche alla mano, le madrasse dell'indottrinamento, il dominio del Califfato sull'Europa dopo sei secoli. Lo scontro fra sciiti e sunniti, Islam moderato e oltranzista. E ora l'umanità fa i conti col terrore religioso e monoteista (possibile chiave di lettura per capire tutti i fanatismi e le tragedie: crociate, inquisizioni, colonizzazioni). La paura disfa un mondo costruito in secoli di civiltà.
Non un romanzo contro l'Islam ma contro l'islamismo. Affinché i musulmani democratici si interroghino per emanciparsi da un delirio che tanti studiosi sovrappongono al nazismo.
“2084” (La fin du monde), di Bouamel Sansal, Gallimard, Parigi 2015, pp. 288, euro 19.50, è un romanzo che prefigura il mondo di domani, posto che la settima glaciazione non arrivi ad azzerarlo prima. Scambiata per Cassandra, Oriana Fallaci aveva capito tutto per prima.
E se Orwell dimostrava che le dittature sono la fine della civiltà e l'eutanasia dell'uomo e che hanno bisogno di popoli flaccidi, lo scrittore algerino (1949) vede reale la minaccia del fondamentalismo islamico, ancora più devastante, se fosse possibile.
E la cronaca gli dà ragione. Mentre esce il libro, in Siria (Qaryatayan) un monastero. luogo di culto dal V secolo, è raso al suolo e un vecchio archeologo, Khaled al-Asaad, ammazzato come un cane solo perché voleva lasciare all'umanità di domani le bellezze di Palmira (Siria) che aveva amato e custodito per 82 anni. E altri monumenti sono nel mirino degli iconoclasti.
Lo scrittore, che usa il francese, ha addosso una fatwa: nel 2012 andò al Festival degli Scrittori di Gerusalemme. E ne teme un'altra per questo romanzo colmo di allegorie sin troppo trasparenti. Il mondo che immagina fra non molto, è quello dove il fanatismo dell'Islam radicale ha prevalso, grazie anche alla codardia di intellettuali, politici, giornalisti, fermi all'adorazione del proprio ombelico, dagli orizzonti angusti e la sottovalutazione del fenomeno da parte dei popoli, quelli arabi moderati in primis.
Nell'Abistan (vi si intravede il territorio ormai sconfinato dell'autoproclamato califfato), c'è un solo dio, Yolah (Allah) e si parla la lingua sopravvissuta: l'abilang (l'arabo), le altre sono perseguitate. Le preghiere sono pubbliche, avvengono ben nove volte al dì. Le donne vanno d'attorno bardate di velo e controvelo, Il giovedì al tramonto negli stadi avvengono le esecuzioni di eretici, agnostici, blasfemi.
Il mondo (detto il “Regno della Fede”, che è solo una) lo mandano avanti una quarantina di iniziati, fanatici senza scrupoli, una specie di loggia massonica detta “Giusta Fraternità”. E' attiva la polizia religiosa che giustizia senza remore spargendo terrore e controllando la società. Che bella prospettiva!
Non c'è bisogno di eccessive letture per vedere in trasparenza il sogno di Al Baghdadi, sharie e sure coraniche alla mano, le madrasse dell'indottrinamento, il dominio del Califfato sull'Europa dopo sei secoli. Lo scontro fra sciiti e sunniti, Islam moderato e oltranzista. E ora l'umanità fa i conti col terrore religioso e monoteista (possibile chiave di lettura per capire tutti i fanatismi e le tragedie: crociate, inquisizioni, colonizzazioni). La paura disfa un mondo costruito in secoli di civiltà.
Non un romanzo contro l'Islam ma contro l'islamismo. Affinché i musulmani democratici si interroghino per emanciparsi da un delirio che tanti studiosi sovrappongono al nazismo.