Di Pietro all’Università di Bari: "Ecco la mia versione di Mani Pulite"


di Pierpaolo De Natale – 1992: un anno cruciale per la storia politica del nostro Paese, un anno che secondo la maggioranza dei critici segnò il termine della prima Repubblica, grazie a quella che Indro Montanelli definì “una rivoluzione pacifica della società civile”. A portare alla luce un fitto sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti fu il pubblico ministero Antonio Di Pietro, il quale ottenne un mandato di arresto che, in breve tempo, esumò quell’intricato meccanismo battezzato col nome di Tangentopoli. Scrisse Enzo Biagi: “Tutto era cominciato un mattino d'inverno, il 17 febbraio 1992, quando, con un mandato d'arresto, una vettura dal lampeggiante azzurro si era fermata al Pio Albergo Trivulzio e prelevava il presidente, l'ingegner Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista Italiano con l'ambizione di diventare sindaco di Milano. Lo pescano mentre ha appena intascato una bustarella di sette milioni, la metà del pattuito, dal proprietario di una piccola azienda di pulizie che, come altri fornitori, deve versare il suo obolo, il 10 per cento dell'appalto che in quel caso ammontava a 140 milioni.”.


L’arresto di Mario Chiesa innescò una serie di inchieste giudiziarie che fecero tremare sia il mondo politico che quello imprenditoriale, coinvolgendo senatori, deputati, ministri e imprenditori di tutta Italia. Le indagini furono condotte da un pool di magistrati della Procura di Milano – guidato da Francesco Saverio Borrelli e composto da Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo, Francesco Greco, Gherardo Colombo, Tiziana Parenti e Ilda Boccassini – e l’insieme delle inchieste passò alla storia col nome di “Mani Pulite”.

Ieri, 15 ottobre, ad oltre vent’anni dalle indagini che stravolsero l’assetto politico del nostro Paese, è stato possibile ripercorrere le tappe salienti di quel percorso giudiziario grazie ad un interessante convegno organizzato dai ragazzi di Azione Universitaria del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bari in collaborazione con l’AIGA. All’evento – intitolato “1992, Mani Pulite: il processo che ha cambiato la storia d’Italia” – hanno preso parte l’ex-magistrato Antonio Di Pietro, tra i protagonisti indiscussi di questa vicenda giudiziaria, il Rettore Uricchio, il prof. Muscatiello (docente di Diritto penale), l’avv. amministrativista Gagliardi La Gala e l’avv. Barattini (AIGA, Associazione italiana giovani avvocati). L’incontro ha riscosso successo tra gli studenti, che in tanti hanno preso posto tra i banchi dell’Aula “Michele Costantino”, mostrando un meritevole interesse nei confronti di questa imperdibile occasione, utile per conoscere più a fondo un pezzo di storia e politica italiana.

Con un discorso fatto di linguaggio tecnico misto a ironico dipietrese, l’ex-magistrato ha voluto fornire la propria versione dei fatti riguardo la vicenda che l'ha reso famoso in tutta Italia. Come da lui spiegato nel corso del convegno, sono state molte le ricostruzioni fornite per descrivere il fenomeno "Mani pulite". Però Di Pietro non è riuscito a riconoscersi "in nessuno dei racconti forniti nel corso di talk-show, dibattiti pubblici serie tv e articoli di giornale". In occasione di questo evento, l'ex-ministro ha desiderato far conoscere la propria versione dei fatti. Egli stesso ha dichiarato: "avrete sentito tante parole riguardo queste inchieste e in questa sede non pretendo che crediate alle mie. Piuttosto vorrei che ascoltaste anche la mia ricostruzione, perchè come in tutte le vicende della vita è bene ascoltare entrambe le campane". Terminata questa breve, ma significativa, premessa, l'ex magistrato ha subito rapito l’attenzione dei presenti raccontando uno degli aneddoti più noti dell’inchiesta Chiesa. “Nel corso delle indagini in collaborazione con le autorità svizzere, scoprimmo due conti intestati a Mario Chiesa, Levissima e Fiuggi. Quando il suo avvocato difensore si presentò, io fui subito chiaro e gli dissi soltanto queste parole: ‘dica al suo assistito che l’acqua minerale è finita’ e lui non rispose nulla”.


Di Pietro ha quindi proseguito descrivendo la dinamica del pericoloso rapporto che lega corrotto e corruttore, utilizzando la curiosa metafora del matrimonio, poichè "in entrambi gli istituti è richiesto il concorso necessario delle parti". Ha poi illustrato i passi più rilevanti svolti durante le inchieste giudiziarie e posto l’attenzione sull’importante ruolo ricoperto dall’introduzione del "fascicolo virtuale", che consentì alle informazioni raccolte di restare a disposizione dei diversi inquirenti delle numerose indagini che venivano condotte.

Al termine degli interventi dei relatori, l’ex-magistrato ha avuto modo di confrontarsi col nutrito numero di studenti che affollavano l'aula. Le domande poste dai presenti hanno toccato diverse branche del diritto: dall’ambito penalistico, in riferimento allo storico “colpo di spugna” del decreto Conso, all’etica, con particolare riferimento ad una delle tristi conseguenze di “Mani pulite”. Secondo molti studiosi, infatti, tangentopoli diede il via ad una inarrestabile spettacolarizzazione della cronaca giudiziaria, esponendone i successivi protagonisti alla mercé dell’opinione pubblica e sottoponendoli alla gogna mediatica, la cui condanna – come riportato dal prof. Muscatiello – spesso produce conseguenze più gravi delle condanne emesse in tribunale.

Da non dimenticare, infine, gli applausi di consenso che Antonio Di Pietro ha raccolto tra il pubblico quando ha ammesso: "l'inchiesta Mani Pulite è stata una fase determinante per la nuova realtà italiana, tant'è che si è passati dalla prima alla seconda Repubblica, ma determinante in che senso? Avete presente la legge della jungla? Cade il più debole. Nelle inchieste giudiziarie che cos'è che si riesce a scoprire? Il 10%... quel che riesce ad essere più evidente! Un risultato che paradossalmente, come ha detto Francesco Saverio Borrelli in un suo amaro intervento, ha migliorato la specie! Ma, attenzione, non ha risolto il problema. Infatti, se andate a vedere ciò che sta accadendo in questi ultimi tempi, c'è stata un'evoluzione. Io l'ho chiamata ingegnerizzazione della tangente, perchè il sistema si è ingegnerizzato fino ad oggi". Come nell'inseguimento tra guardie e ladri, una volta compreso come agiscono i poliziotti, i ladri giocano d'anticipo e trovano metodi sempre nuovi per scampare alla giustizia.

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