Gastronomia e personaggi celebri

di Vittorio Polito - La gastronomia altro non è che il complesso delle regole e delle usanze relative alla preparazione dei cibi. Secondo Guy de Maupassant (1850-1893), la gastronomia «Ãˆ l’unica passione seria», confermata da Pellegrino Artusi ( 1820-1911), famoso scrittore e gastronomo, autore de «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene», pubblicato nel 1891, tuttora validissimo, ricorda nella presentazione dell’opera che le due principali funzioni della vita sono: la nutrizione e la riproduzione della specie. Queste poche righe rappresentano il riassunto di una lettera a lui indirizzata dallo scrittore Lorenzo Stecchetti – pseudonimo di Olindo Guerrini (1845-1916) – il quale sosteneva, tra l’altro, che «Se l’uomo non appetisse il cibo e non provasse stimoli sessuali, il genere umano finirebbe presto».

Queste probabilmente le ragioni per le quali  le nostre donne si sono dedicate, per secoli e con tanto impegno, alla preparazione di gustose e appettibili ghiottonerie per soddisfare le esigenze alimentari della famiglia e, soprattutto, per tenersi buoni i mariti.

Lucio Licinio Lucullo (117 a.C.- 56 a.C.), François-René de Chateaubriand (1768-1848), Giacomo Casanova (1725-1798), Vittore Carpaccio (1425-1526), Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) e il marchese Louis  Béchamel (1630-1703), hanno dato il loro contributo, pur non essendo cuochi, a suggerire ricette e condimenti, o a creare aforismi come « Gli animali si nutrono, l’uomo mangia e solo l’uomo intelligente sa mangiare».

Da Casanova, ad esempio, viene la ricetta “Piccioni alla Casanova”, una sorta di piatto a base di carne di volatili, carciofi, funghi e tartufo nero, mentre da Chateaubriand deriva una particolare tecnica di preparazione e cottura di una fetta di filetto. All’artista Vittore Carpaccio è legata, invece, la tecnica di cottura a freddo o di marinatura della carne, più o meno quello che oggi ci preparano i ristoranti. Si racconta che in occasione di una mostra del pittore a Venezia,, una nobildonna, non potendo mangiare cibi cotti, chiese al ristoratore di prepararle un piatto appetitoso. Il cuoco preparò delle sottilissime fettine di carne cruda condite con sale, pepe, limone e varie spezie, che la nobildonna gradì moltissimo, pietanza che incontrò anche il gradimento di altri avventori reduci dalla mostra. Il “piatto” prese così il nome di “Carpaccio”.

A Brillat-Savarin – magistrato e autore del trattato “La fisiologia del gusto” - si deve lo studio di esplorare, mangiare e stare a tavola negli aspetti filosofici, psicologici ed economici. In sostanza considerava i piaceri della tavola funzioni così essenziali da influire su salute, felicità ed anche sugli affari.

Il marchese Béchamel diede il nome ad una salsa, béchamel appunto, che incontrò il gradimento di Luigi XIV, il Re Sole, il quale dispose che la candida salsa guarnisse tutti i piatti. Nell’Italia dell’Ottocento venne chiamata “balsamella”, ma Artusi sostiene che pur equivalente, quella francese è un po’ diversa.

Licinio Lucullo, invece, lega doppiamente il suo nome alla gastronomia. Il primo alla famosa pietanza “Aragosta alla Lucullo”, mentre il secondo è collegato all’aggettivo “luculliano”, che identifica un pasto bilanciato sia quantitativamente che qualitativamente. Oggi, invece, il termine “luculliano” viene attribuito a qualsiasi pranzo ritenuto eccellente.

Lorenzo Stecchetti, sopra ricordato, ritiene che «Non si vive di solo pane, è vero; ci vuole anche il companatico; e l’arte di renderlo più economico, più sapido, più sano, lo dico e lo sostengo, è vera arte. Riabilitiamo il senso del gusto e non vergogniamoci di soddisfarlo onestamente».

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