“Il giornalismo non è morto, il giornalismo è cresciuto”: intervista a Philip Di Salvo

di Luca Losito - “Il giornalismo non è morto, il giornalismo è cresciuto”. Apre così, "Next Journalism", ebook realizzato da Philip Di Salvo e Valerio Bassan, che con tutta una serie di domande e risposte sull'informazione di un domani iniziato già da tempo, riesce a proporsi come un vero e proprio vademecum sul tema. Gli autori dell'interessante ebook pubblicato da Wired sono stati ospiti stamattina del L.ink Festival di Bari, dove hanno parlato di questo e molto altro. La piacevole chiacchierata con Di Salvo, ricercatore nell'Università della Svizzera italiana, editor del sito italiano dell'Osservatorio europeo di giornalismo (EJO) e giornalista di Wired, svela qualcosa in più sull’apporto alla rassegna barese.

Comunicazione e giornalismo sono in continua evoluzione. Per chiederle un parere sui tratti che assumeranno in futuro, rubo una domanda dal libro: come leggeremo le news tra cinque anni? 
Non esiste una risposta univoca e anche quelle raccolte nel nostro volume lo dimostrano. Lo faremo sicuramente, come per altro è evidente già oggi, per lo più online. Ma i canali e i formati che utilizzeremo saranno molteplici. Un trend importante, che non era ancora troppo evidente quando abbiamo pubblicato l’ebook, è quello dei servizi giornalistici offerti dalle aziende della Silicon Valley agli editori: Moments di Twitter, Instant Articles di Facebook, Discover di Snapchat, News di Apple e il nuovo formato di Google per il mobile, AMP. Per come si sono messe le cose nel mercato digitale per le news, ho idea che le grandi piattaforme web assumeranno sempre più importanza anche nell’incanalare e fornire i contenuti giornalistici. È una cosa del tutto positiva? Non sono convinto. Da un lato, questi servizi sono tecnologicamente migliori di quelli offerti oggi dagli editori, specialmente in mobilità, e hanno una user experience invidiabile. Il punto è il potere che la Silicon Valley sta assumendo nei confronti del giornalismo. Credo sia in atto un conflitto sulla gestione dei contenuti online e credo ci sia poca consapevolezza su quale potrà esserne il risultato: sempre più centralizzazione.

Ripensando al giornalismo nella sua accezione più tradizionale vengono subito in mente tv, radio e carta stampata. Secondo lei ci sarà ancora spazio per questi mezzi di comunicazione? 
La radio, grazie al digitale, vive una seconda giovinezza e credo che il suo futuro non sia minimamente in discussione. Il formato del podcast, a sua volta, avrà un peso sempre più importante anche nel giornalismo: Serial lo ha dimostrato in modo evidente e molte testate, come ProPublica, sperimentano molto con questo strumento. Si è vaticinato spesso sulla morte della tv per mano di Internet, ma questi proclami sono troppo generici e tralasciano un aspetto importante: nessun mezzo di comunicazione ne sostituisce interamente uno precedente, al contrario permangono spesso forti punti di continuità. Cambieranno certamente ancora una volta le modalità di fruizione – Netflix sta per arrivare in Italia, ad esempio – e Internet sarà sempre più importante, ma anche la storia del medium televisivo non è di certo conclusa. La carta stampata, per quanto riguarda il giornalismo, è la specie più a rischio estinzione. Scomparirà? No. Sarà centrale come è stato fin qui? Assolutamente no. Credo continueremo a stampare giornali di carta, ma saranno prodotti di nicchia, a bassa tiratura e di eccellente fattura tipografica ed editoriale. Il grosso dell’informazione viaggerà online ed è tempo di abbandonare l’idea per la quale al web spetti solo l’istantaneità, mentre alla carta va l’approfondimento. È un falso storico e un errore strategico grave.

Capitolo nuove tecnologie. Droni, smartwatch, smartglasses e così via. Quale impatto potrebbero avere sull'informazione del domani, tanto nella creazione quanto nella fruizione della stessa? 
I droni sono già ora una realtà piuttosto consolidata in diverse redazioni che li utilizzano come strumenti di newsgathering, analisi dati e, ovviamente, di ripresa cinematografica. Credo che il loro utilizzo nel giornalismo possa solamente crescere in futuro per gli evidenti vantaggi economici e le potenzialità che offrono. Quanto alla tecnologia indossabile, molte testate stanno già lavorando in questa direzione offrendo applicazioni per gli smartwatch. Molto sarà deciso dall’andamento del mercato di questi prodotti: gli indicatori sono in crescita, resta da vedere quando diventeranno di grandissima diffusione. Anche questi supporti impongono una riflessione su come offrire i contenuti e su come raggiungere i lettori in modo efficace e non invasivo. Un altro aspetto importante sarà quello della realtà virtuale. Al momento è una nicchia ristretta, ma gli early adopter stanno già mostrando cose davvero interessanti come reportage immersivi o documentari in tre dimensioni.

Volendo andare sul pratico, visto che se ne parlerà anche nel Festival, quali sono le realtà giornalistiche più all'avanguardia nel panorama mondiale e come operano concretamente sul campo? 
Esiste moltissimo giornalismo eccellente oggi, soprattutto online. Gli esempi virtuosi sono moltissimi. Al momento, la testata che seguo con maggiore interesse è The Intercept, che ha trovato un bilanciamento perfetto tra giornalismo di altissima qualità e uso sapiente della tecnologia ed è stata capace di affrontare la digital security e la protezione delle proprie fonti in modo impeccabile. La pubblicazione, negli ultimi giorni, dell’indagine “The Drone Papers” è l’esempio migliore delle potenzialità di queste tre componenti. Allo stesso tempo apprezzo molto anche il lavoro di Vox con i dati e l’explanatory journalism. ProPublica, a sua volta, grazie anche al suo modello di business unico, sta sperimentando moltissimo e, allo stesso tempo, fornendo un eccellente servizio pubblico. Anche BuzzFeed merita una citazione: troppo spesso la si fa passare per una testata dedita a contenuti leggeri e acchiappa-click. Di sicuro una componente prioritaria di quello che BuzzFeed pubblica è di questo tenore, ma dobbiamo ricordare che negli ultimi anni la testata ha attratto numerosi giornalisti di primissimo piano, compresi Premi Pulitzer, per fare sempre più hard news. Da un punto di vista tecnologico, inoltre, BuzzFeed è un modello per tutti.

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